L'attrice lombarda, protagonista insieme a Pietro Micci della pièce in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino all'11 dicembre
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Elena Lietti torna sul palco del Teatro Franco Parenti di Milano (fino all'11 dicembre), insieme a Pietro Micci, con "Costellazioni", dramma applauditissimo in molti teatri londinesi e a Broadway del britannico Nick Payne, messo in scena dal regista Raphael Tobia Vogel. Fisica quantistica, sentimenti, caso e libero arbitrio i temi principali del testo, che si avvale della suggestiva scena di Nicolas Bovey. "A dire il vero la pièce ha a che fare soprattutto col tempo", spiega l'attrice intervistata da Tgcom24: "Con un modo di vedere il tempo... un monito a concepirlo diversamente".
Già diretti da Vogel in "Marjorie Prime", i due attori sono anche protagonisti di film e serie tv di grande successo. Micci, proprio in questi giorni, è il sacerdote Attus in "Romulus" la serie di Matteo Rovere sulla guerra per Roma, Elena Lietti, vincitrice del Premio Nazionale Franco Enriquez 2022 proprio per la sua interpretazione in "Costellazioni", è stata la first lady Sole nelle serie tv "Miracolo" nel 2018 e poi la madre dei due bambini sopravvisuti in "Anna" nel 2021, ideate dallo scrittore Niccolò Ammaniti, per poi decollare nel cinema con un grande regista del calibro di Nanni Moretti, che l'ha voluta nel suo "Tre piani", acclamato al Festival di Cannes.
Dopo Moretti il grande schermo le ha letteralmente spalancato le porte con la partecipazione ai film di Paolo Virzì, "Siccità", Paolo Genovese,"Il primo giorno della mia vita", Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, "Le otto montagne" e Giuseppe Bonito, “L’Arminuta”.
Tanti ruoli femminili ognuno diverso dall'altro, cosa lega queste donne, così apparentemente lontane le une dalle altre a Elena Lietti, c'è un fil rouge?
Io sono lo strumento e qualcosa di me contamina sempre i miei personaggi, mi appassiona però sempre cercare in ogni ruolo femminile che interpreto il lato da perdonare, entrare in connessione con le loro debolezze e il gancio più forte, scoprire il loro dolore, la loro fragilità.
E' sempre interessante per me immaginare il dietro le quinte ed è così che il personaggio acquista tridimensionalità, anche se poi agganciando sempre qualcosa di inconscio, di nascosto, finisco per navigare nel torbido.
E' successo anche con il personaggio di "Costellazioni"?
Marianne, che nella pièce italiana è diventata Elena, è stata un'opportunità meravigliosa di interpretare un personaggio con una forma mentale diversa dalla mia e da qualsiasi altro personaggio io abbia interpretato finora e mi ci sono buttata, perché mi piace esplorare ciò che non conosco. Per entrare nel personaggio ho studiato la fisica come non avevo mai fatto.
Marianne/Elena lavora all’Università e si occupa di cosmologia quantistica. Lei è una scienziata e gode dell’esplorazione e della scoperta, non tanto di quello che già sa, ma di quello che non sa. Quello che più mi ha appassionato è proprio la prospettiva con cui una mente scientifica vede le cose, quella di una persona libera, adogmatica, qualcuno che gode dello stare al confine del precipizio del non sapere, che significa avere ancora tante cose da scoprire.
Non è vero che lo scienziato è uno che sa, al contrario. Una mente scientifica è quella che da un errore cerca di trarre qualcosa di nuovo, nell'errore c'è il gancio per fare un passo avanti, scoprendo errori si imparano nuove cose.
Cosa l'attrae in Marianne?
E' una donna davvero libera che non ha bisogno di dimostrare nulla, di adeguarsi ad alcun status sociale. Ed è piena di vita, la sua voglia di vivere mi piace moltissimo.
Qual è il cuore di "Costellazioni" quindi?
Un ragionamento sul tempo, sulla perdita. La speranza di Marianne in realtà sta nel credere che per davvero abbiamo tutto il tempo che abbiamo sempre avuto. Davanti ad un evento irrimediabile, come la malattia, lei predica che non cambierà niente, che avrà ancora tutto il tempo. Perché il tempo non esiste in maniera asimmetrica e lineare, il tempo è già tutto qui come qualcosa di già totalmente a disposizione. E sono le evidenze scientifiche a portarla in questa direzione. E' un atto di grande fede e speranza.
Lei ha studiato giurisprudenza che è una facoltà logica, ma non scientifica. Cosa le ha lasciato in eredità questo percorso universitario e la precedente professione di avvocato?
Come un avvocato che prepara la sua causa, quando mi avvicino ad un personaggio lo scandaglio, vado a cercare cosa c'è dietro la sua storia...
E studiare la fisica cosa le ha insegnato?
Avvicinarmi alla fisica è stata un’esperienza che mi ha cambiata in qualche modo. E' come aprire la finestra e fare entrare l'aria in casa, ti fa vedere le cose in maniera diversa perché mette tutto in una prospettiva in cui alcune cose ti appaiono in una luce di relatività. Ma soprattutto ti dà la sensazione del fatto che quello che non sappiamo è molto di più di quello che sappiamo e questa è una grandissima opportunità. La fisica ti porta a fare un bagno di umiltà: grandi verità non ce ne sono... E' un po come la filosofia, ti apre a nuovi orizzonti. Mi piacerebbe molto che a vedere "Costellazioni" venissero tanti giovani, perchè a mio parere la fisica di cui si parla in questo spettacolo, quella del Novecento, è purtroppo poco trattata a scuola dove si insegnano formule e regole. Sarebbe un bel modo per far avvicinare i ragazzi e appassionarli ad una disciplina così affascinante.
E quindi cosa fa Marianne?
Lei dice: visto che le cose sono così conviene vivere e gioire. "Just relax", come disse ad un incontro tra fisici di cui mi è stato raccontato, una tizia, conviene volersi bene e rilassarsi, tutto il resto è molto poco importante.
Marianne se lo porta dietro questo motore di volersi godere la vita, di riconoscerne la meraviglia, pur continuando ad esplorarne l'abisso.
Qual è la sua debolezza?
Lo sforzo di una mente scientifica di combattere la mortalità per affermare la propria immortalità.
Il tentativo disperato e disperatamente tenero di voler ridurre l'universo a delle regole per sconfiggere la mortalità.
Lei da una parte guarda il mondo con meraviglia e dall'altra è la scienziata che cerca delle formule e finisce per credere nella scienza come se credesse in Dio.
Moretti l'ha scoperta e poi via verso nuovi orizzonti, quali sono il regista e l'attore con cui vorrebbe lavorare e non ha ancora lavorato
Con Sorrentino mi piacerebbe avere l'occasione per fare qualcosa e mi piacerebbe rilavorare con registi con cui ho già lavorato. In quanto agli attori non ho mai lavorato Pierfrancesco Favino. Rilavorerei tutti i giorni con Luca Marinelli e mi piacerebbe lavorare a stretto contatto con Silvio Orlando e con Toni Servillo
Mi piacerebbe moltissimo anche lavorare all'estero per il fatto che mi piace come dirigono gli attori in America, ad esempio e perché parlo inglese abbastanza bene grazie a mio marito...
Cosa porterebbe con sé in un altro universo e cosa lascerebbe assolutamente indietro?
Porterei più film possibili, tutti quelli che fai fatica a trovare sulle piattaforme e che io ho in dvd, ci sarebbero Altman, Forman, "La febbre del sabato sera", commedie americane degli anni 90...
Lascerei indietro un bel po' di gente, alcuni personaggi della nostra storia contemporanea
Cinema, tv e teatro si sono mescolati finora in maniera trasversale nella sua carriera, dove si trova più a suo agio?
Da attore il palcoscenico è una palestra di libertà, che nutre tutte le altre esperienze che uno fa davanti alla macchina da presa, la quale resta però sempre il mezzo di qualcun altro. Quindi il teatro deve tornare periodicamente nel mio training e nei miei strumenti.
Detto questo io sono da sempre una grande amante di cinema, sin da quando ero ragazzina e andavo al cinema da sola. E' stata mia madre, grande cinefila, che mi ha fatto amare il cinema fin da piccolina facendomi vedere un sacco di film. I film restano per me una cosa magica.