L'ADDIO AL REGISTA

Ettore Scola, la storia nella Storia

"C'eravamo tanto amati" è forse il film che meglio rappresenta il concetto di cinema per il regista romano d'adozione. E' uno spaccato di trent'anni di vicende italiane, un racconto a tutto tondo, completo, profondo e leggero nello stesso tempo

di Domenico Catagnano
03 Giu 2018 - 15:16

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In "C'eravamo tanto amati" Ettore Scola ha la capacità di raccontare trent'anni del nostro Paese in poco meno di due ore. Dalle speranze della guerra di Liberazione alla disillusione degli anni '70, passando per l'effimero benessere del boom, i suoi personaggi rappresentano credibilmente l'italiano senza mai diventarne la caricatura.

Il barelliere impegnato nelle lotte sindacali Antonio (Nino Manfredi), l'ambizioso avvocato Gianni (Vittorio Gassman) e l'intellettuale frustrato Nicola (Stefano Satta Flores), uniti all'attrice in cerca di fortuna Luciana (Stefania Sandrelli), incarnano nelle loro sfaccettature gli aspetti della rinascita del nostro Paese, una rinascita tradita e riassunta in una delle sequenze finali del film. "Volevamo cambiare il mondo, invece il mondo ha cambiato noi", afferma Nicola-Satta Flores, "La nostra generazione ha fatto veramente schifo- rincara Gianni-Gassman quando rivede i suoi vecchi amici-, era meglio morire sui monti. Noi lottavamo per creare una società più giusta...".

L'abilità di Scola sta non solo nel raccontare ma di riuscire a cogliere e a mescolare riferimenti culturali di ogni tipo e di fonderli nella trama senza forzature, inseriti in maniera naturale nel contesto del film. In "C'eravamo tanto amati" si intrecciano temi universali come l'amore e l'amicizia, ci sono richiami storici al referendum repubblicano e a quello sul divorzio, alle elezioni e alle prime contestazioni, ma c'è anche Mike Bongiorno, che interpreta se stesso alla conduzione di "Lascia o raddoppia", lo storico telequiz al quale partecipa uno dei protagonisti.

Abbondano, inoltre, le citazioni e i riferimenti cinematografici. Nel film appaiono Vittorio De Sica (a cui la pellicola è dedicata) e viene ricostruito il set della "Dolce Vita", con la partecipazione di Federico Fellini e Marcello Mastroianni, anch'essi interpreti nel ruolo di loro stessi. L'omaggio ai due registi non è casuale, Scola si colloca in mezzo come continuatore del Neorealismo subendo però anche le influenze dalle atmosfere felliniane. Più sottile il riferimento a Michelangelo Antonioni, con il personaggio di Elide (Giovanna Ralli), figlia del palazzinaro (Aldo Fabrizi) e moglie del cinico avvocato, una donna alla ricerca di se stessa sulle orme di Monica Vitti ne "L'eclisse".

Da segnalare anche alcune trovate tecniche che rendono il lavoro di Scola interessante anche stilisticamente. Quella più evidente è che parte del film è in bianco e nero (quella in cui si racconta l'Italia fino a metà degli anni Cinquanta) mentre il resto è a colori, ma il regista va oltre la lineare narrazione della sua storia con l'inserimento di flashback ed elementi teatrali che segnano un'innovazione nel modo di raccontare, con i protagonisti che diventano spesso voci narranti fino a rivolgersi direttamente allo spettatore..

"C'eravamo tanto amati", sceneggiato con Age e Scarpelli e arricchito dalle ispirate musiche di Armando Trovajoli, è un film completo, quello che forse più rappresenta Ettore Scola, la sua maniera di intendere il cinema. E' un racconto a tutto tondo, completo, profondo e leggero nello stesso tempo. Ha i toni della commedia in quanto ad autorevolezza non ha nulla di meno rispetto a un saggio storico. Da vedere e rivedere.

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