A Tgcom24 la band umbra parla del suo nuovo album, un disco carico di rock anni 90 e votato all'introspezione nei testi
di Massimo Longoni© Andrea Venturini
I Fast Animals and Slow Kids aprono le porte del loro "Hotel esistenza". È questo il titolo del settimo album in studio della band umbra anticipato nei mesi scorsi dai singoli "Festa" e "Come no". "Questo album racchiude le nostre vite degli ultimi tre anni e le nostre molteplici anime - spiegano a Tgcom24 Aimone Romizi e compagni -. Hotel Esistenza è un luogo della nostra mente dove può entrare chiunque lo desideri. Speriamo vi possa far sentire a casa, almeno per una notte".
Sono passati tre anni dal precedente lavoro in studio del gruppo perugino, "È già domani". In mezzo tanti concerti e un album live con l'orchestra ad ampliare la propria palette sonora. Ora è il momento di tirare le somme di un periodo che comunque ha visto il quartetto scrivere a più non posso facendo i conti con il tempo che passa, con le relazioni interpersonali e con una maturità acquisita che non fa solo guardare alla vita con occhi diversi, ma anche al concetto stesso di band. L'album è stato prodotto da Giovanni Pallotti insieme alla band, con la collaborazione di Massimo Colagiovanni su “Dimmi Solo Se Verrai all’Inferno”, "Torna" e "Una Vita Normale".
Lo sentite anche voi nell'aria questo profumo di anni 90?
A noi sembra di sentirlo da quando abbiamo iniziato, intorno al 2010. Sono almeno 14 anni che sentiamo questo profumo e non arrivava mai. Adesso, guardando anche alla scena internazionale, sembra sia la volta buona...
Come è nato un lavoro così denso tematicamente e variegato come "Hotel esistenza"?
È stato un lavoro veramente complesso, siamo partiti con 42 canzoni scritte nell'arco degli ultimi tre anni. Volevamo premiare l’istintività, le cose che vivevamo nella vita. A un certo punto ci siamo fermati e abbiamo detto: "Ragazzi c'è tantissima roba, noi quali di queste anime siamo?".
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E quale è stata la risposta?
Che sono tutte anime che ci appartengono. Abbiamo iniziato a scegliere i pezzi più significativi e la scaletta è stata costruita in virtù di una ricerca di noi stessi successiva alla scrittura. Guardando quello che avevamo scritto ci è parso chiaro che la nostra esigenza era quella di comunicare una forte ricerca di introspezione e una grande ricerca emotiva su noi stessi. In un certo qual modo quindi anche una presa di coscienza di quello che siamo anche come band.
Tante anime diverse che però hanno una cornice comune molto ben definita: comunque l'album suona come un vostro disco ed è assolutamente coerente dall'inizio alla fine.
Questo per noi è molto importante, perché all'inizio un po' di dubbi li avevamo: si capirà che questi sono i FASK? Tanto che a un certo punto la risposta ci è arrivata più che altro da chi ci stava intorno. Per esempio abbiamo coinvolto Giovanni Pallotti come produttore che è arrivato e ha detto: "Guardate ragazzi che questi sono i FASK, non vi preoccupate". Quindi ora siamo davvero una band in grado di muoversi all'interno di tante anime senza risultare snaturata o senza sembrare che ci sta provando. Un traguardo professionale che ci siamo sudati.
Avete superato già da un po' i dieci anni di carriera. Visto che questo disco tratta di relazioni umane, in questo decennio come sono cambiate le dinamiche all'interno della band?
Abbiamo imparato a conoscerci e tutti abbiamo molto più chiari i difetti di ciascuno rispetto a 15 anni fa, e siamo riusciti in qualche modo a renderli nostri questi difetti. Ora sappiamo come far sì che queste differenze riescano a rendere il tutto più grande e più funzionante. Sicuramente siamo più consci dei nostri limiti e abbiamo fatto di questi una forza. Cos'è la magia della musica di cui si parla tanto? Sicuramente è il premiare quelle cose che accadono solo perché sei tu che le puoi fare in quel modo. Quindi magari c'è una voce strozzata che viene fuori leggermente più strana perché magari per me è una tonalità troppo alta? La teniamo in quel modo, perché ci caratterizza.
Nei vostri pezzi all'impatto sonoro si associa spesso una grande cura del dettaglio. Una volta avuta l'idea base, quanto tempo vi porta via l'arrangiamento di una canzone?
Un tempo direi interminabile! Anche per questo disco abbiamo ripreso dei pezzi, riarrangiati, aggiunto alcune cose in un secondo momento. Spesso sono cose che notiamo solo noi che le facciamo. È una modalità interminabile per il semplice fatto che potresti non finire mai, per questo poi dai un limite a questo percorso. Per esempio tutti i nostri dischi hanno un percorso che, nella nostra idea, una volta finiti ti invita a riascoltarli dall'inizio: in questo album la circolarità è data dal fatto che il primo pezzo dice "dentro invece ho l'inferno" mentre l'ultimo pezzo dice "dimmi solo se verrai all'inferno con me". Si ricrea questo circuito e quindi puoi fare lo stesso percorso che abbiamo fatto noi in questi tre anni.
C'è il rischio di perdersi alla ricerca della forma perfetta?
Ci sono piccole cose a cui noi stiamo attenti, ma lo facciamo se abbiamo tempo. E questa è una cosa importante perché certe volte ti arrovelli così tanto che perdi il senso del pensiero. D'altra parte crediamo che questo faccia un po' la differenza. Un pezzo davvero pensato è anche un pezzo più sentito, e così forse questa cosa passa anche alle altre persone.
L'esperienza live con l'orchestra vi ha lasciato qualcosa che avete portato nell'arrangiamento dei nuovi brani?
C'è un pezzo nel disco, "Dimmi solo se", che a nostro parere è simile nella struttura a come suonavano le canzoni dal vivo con l'orchestra. È un pezzo che inizia solo pianoforte e voce e poi ha questo finale super caotico. È un'esperienza che ci ha un po' cambiato, da quella ci stiamo portando dietro anche una visione dello spettacolo che va al di là del semplice suono della musica. Vorremmo dare importanza anche all'aspetto più visivo e un po' teatrale anche, perché ci siamo resi conto che ovviamente un concerto-teatro non è soltanto il come riarrangi o l'orchestra, ma anche i luoghi hanno la loro rilevanza. E poi dopo aver suonato con un'orchestra siamo anche meno spaventati da quello che è il concetto dell'arrangiamento, esserci confrontati con musicisti di quel tipo ci ha permesso di capire che possiamo spingere un po' più in là i nostri limiti, tentare qualcosa di più ardito e complesso.
Fra le canzoni c'è anche "Brucia", che ha un forte significato da un punto di vista sociale. Questo è un periodo storico difficile sotto molti punti di vista. Nella vostra visione la musica che ruolo può avere in questo contesto?
Intanto noi siamo di quella generazione di mezzo che ha appena vagamente assaggiato quello che era una volta la forza sociale della musica. Sappiamo che la musica smuove le masse e crea gli insiemi, ma che possa smuovere il pensiero politico e poi sociale, quello l'abbiamo appena vagamente toccato. Partecipavamo tutti quanti a una serie di esperienze, che erano anche quelle dei centri sociali, anche delle esperienze magari un pochino più, se vogliamo anche radicali, quindi conosciamo bene quell'aspetto, ma ne abbiamo preso soltanto la parte finale.
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Quindi qual è il vostro pensiero oggi?
In questo senso "Brucia" è un esempio interessante. Il punto di partenza è stato il caso di George Floyd ucciso da un poliziotto. Una cosa scioccante ma in questo periodo storico, probabilmente anche per colpa dei social e di quel meccanismo, siamo diventati cinici, insensibili. Di fronte a quella roba lì quello che abbiamo fatto è stato semplicemente pensare "ma che schifo è la realtà". Mentre da ragazzini avremmo fatto altre azioni. Chiaro, non è che devi andare a fare il vandalo per dimostrare che la tua è una reazione reale. Però è importante non semplicemente indignarsi e far qualcosa. Quindi "Brucia" non è un pezzo politico inteso come il pezzo che deve smuovere le coscienze, deve smuovere noi. L'obiettivo è andare a riscoprire quella che era un'energia e una voglia di reazione al brutto che avevi intorno, che era energica.
Per chiudere: avete detto di aver scritto 42 canzoni per questo disco... delle 31 che avete avanzato che ne farete?
Le buttiamo nel cesso! Qualcuno dei miei compagni non è d'accordo. In passato abbiamo sempre fatto così ma in effetti non avevamo mai scritto così tante canzoni in eccesso. Qualcosa di buono è sicuramente rimasto fuori, magari qualche ballad che non abbiamo messo perché ce n'erano già altre. Vedremo. Io sono per cancellare tutto, d'altronde se abbiamo scritto un bel pezzo perché non dovremmo sapere riscriverlo?
Martedì 3 dicembre, Padova – Hall NUOVA DATA
Mercoledì 4 dicembre, Milano - Alcatraz
Venerdì 6 dicembre, Venaria Reale (TO) @ Teatro Concordia
Sabato 14 dicembre, Padova – Hall SOLD OUT
Martedì 17 dicembre, Roma - Atlantico
Mercoledì 18 dicembre, Firenze - Teatro Cartiere Carrara
Venerdì 20 dicembre, Bologna - Estragon Club SOLD OUT
Venerdì 27 dicembre, Napoli - Casa della Musica
Sabato 28 dicembre, Molfetta (BA) - Eremo Club
Lunedì 30 dicembre, Catania – LAND