Arriva a Milano fino al 15 aprile "The Real Illusion", dove la magia si fonde al racconto della realtà. Tgcom24 ne ha parlato con lui
di Massimo Longoni© ufficio-stampa
Dopo aver aperto il tour italiano affascinando il pubblico di Roma, arriva anche a Milano "The Real Illusion", lo spettacolo di Gaetano Triggiano, illusionista showman definito "il David Copperfield italiano". Triggiano sarà in scena al Teatro della Luna dal 10 al 15 aprile, per poi passare a Firenze (il 21) e Bologna (il 22). "Per me l'illusione è a cavallo della realtà" spiega a Tgcom24.
Quello di Triggiano è un nuovo modo di fare magia, dove le illusioni non sono più elementi a sé stanti, ma inglobate in un linguaggio teatrale. Professionista quasi maniacale, con un continuo lavoro di perfezionamento e di ricerca, di studio e progettazione, Triggiano stupisce il pubblico creando le illusioni più strabilianti, inserite però sempre in un contesto fatto dal racconto della sua vita vera. Come testimonia il titolo dello spettacolo, "l'illusione reale". "Ho scelto questo ossimoro perché nel mondo dell'illusione sono costantemente sulla linea di confine con la realtà - spiega -. Nello show mi racconto, metto le mie passioni, le mie paure, le mie curiosità per un mondo che mi ha affascinato sin da bambino, quando guardando la luna chiedevo a mio padre come facesse a volare quella palla, e lui mi rispondeva "per magia". Le persone crescendo perdono quella capacità di sognare".
Quando hai deciso che avresti fatto l'illusionista?
Questa è una vocazione, un po' come il sacerdozio. A un certo punto senti la chiamata. Già da quando avevo 4 anni avevo questo sogno. Ai primi spettacoli a cui ho avuto la fortuna di assistere, guardavo sia il mago che il pubblico, e immaginavo di far provare alla gente le stesse emozioni.
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Chi sono stati i tuoi modelli di riferimento?
Da bambino il primo punto di riferimento è stato Silvan, con la sua eleganza e il magnetismo, lui era un po' il paradigma del mago di quegli anni. Poi con David Copperfield ho scoperto la modernità. Lui era praticamente una rockstar, uno showman che comunicava a platee enormi. E poi è stato fondamentale Arturo Brachetti: lui mi ha trasferito la filosofia di quest'arte, facendomi capire che l'illusionista è un artista che deve toccare le corde dell'anima. Poi con gli anni mi sono formato una mia personalità, che è la sintesi di tutto ciò che ho appreso.
Quanto tempo impieghi in genere a preparare un numero?
In realtà il tempo è molto variabile. La prima fase è quella creativa, e lì non devi avere limiti. Questa può durare da 2 giorni a molti anni. C'è un numero che sto immaginando da almeno 4 anni ma ancora non mi convince appieno. Poi, superata la prima fase, si passa a quella della risoluzione dei problemi tecnici. Poi ci sono le luci, le musiche... Alla fine un numero nel giro di 2 o 3 mesi si compone, ma anche una volta che va in scena si cerca sempre di portare delle migliorie in quelli che sono gli inevitabili punti deboli.
Siamo abituati a guardare spettacoli di magia in televisione. Cosa cambia in uno show dal vivo?
E' tutta un'altra cosa. La magia, che è una finzione, dal vivo guadagna tanto. Poi io interagisco molto con il pubblico. Il mio spettacolo non è un'esibizione di numeri, perché alla lunga sarebbe noioso. io parlo tanto con il pubblico, lo coinvolgo. Soprattutto i bambini, che sono speciali per la naturalezza delle loro reazioni, non hanno sovrastrutture. Per me lo spettacolo è un racconto, in cui accompagni il pubblico e lui ti segue.
Questo è uno spettacolo anche per bambini dunque?
Non è uno spettacolo per bambini, ma è uno spettacolo che tira fuori il bambino che è dentro ognuno di noi.