PRIMA UFFICIALE

Ghali si prende i palazzetti: "Sono come Disney, unisco le famiglie"

Davanti a quasi 8mila persone si è svolta Torino la prima ufficiale del tour del rapper milanese di origini tunisine. Tgcom24 lo ha incontrato

di Massimo Longoni
21 Ott 2018 - 11:40
 © alessandro-bosio

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E' partito da Torino il primo tour nei palasport di Ghali. Quasi ottomila persone hanno accolto con entusiasmo il ragazzo di periferia diventato una stella. Passaggio diretto dalle discoteche a una megaproduzione a metà tra musica, cinema e moda per uno spettacolo per famiglie: "Più che Michael Jackson io mi sento Disney - dice lui -: Ho messo d'accordo i figli e i genitori".

Ghali fa dunque il grande salto passando, come recita il titolo del tour, dai palazzi (delle periferie) ai palazzetti (dello sport). Un salto enorme contando che in mezzo ci sono state solo la strada e qualche discoteca. Ma Ghali lo fa senza timori, con uno spettacolo ambizioso dove temi importanti come l'integrazione e il riscatto fanno da linea portante di una narrazione che si snoda attraverso visual, vestiti e, ovviamente, le canzoni. Il tutto senza perdere quella che sembra una calma ascetica. "Ho imparato a prendermela con calma, soprattutto quest'anno. Sono accompagnato da persone che sanno il fatto loro. Io ho perso la smania di strafare -  dice nell'incontro con la stampa che precede lo show -. Siamo nei palazzetti con numeri ottimi con solo una canzone alle spalle quest'anno, significa che abbiamo seminato bene". 

L"apertura è affidata a un video che riassume la vicenda della madre fuggita dalla Tunisia per dare un futuro diverso a se stessa e al piccolo Ghali. Il rapper emerge dal centro del palco tenendo un ombrello aperto per proteggersi dalla pioggia che appare sui maxi schermi che lo circondano come in una gabbia. Le nuvole cedono il passo a delle candele accese mentre lui canta "Lacrime" per un avvio che punta sull’intensità è l'impatto emotivo piuttosto che su quello energico. La prima parte del concerto è quella che vuole rappresentare gli inizi. E così Ghali, capelli sciolti senza il caratteristico crocchio degli ultimi tempi, e tuta (anche se tutti gli abiti della serata sono firmati Gucci) è accompagnato solo da un dj. A dire il vero una compagnia c'è: è Jimmy, l'amico immaginario di Ghali bimbo portato sul palco in forma di voce fuori campo in virtù di una promessa fatta negli anni difficili ("Era il mio compagno di infanzia e gli avevo promesso che se un giorno avessi avuto successo lui sarebbe stato con me").

© paolo-mottadelli

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Bella e romantica l'idea, un po' zoppicante la messa in pratica. I siparietti stoppano il climax naturale dello show mentre la voce assegnata a Jimmy è troppo impostata e troppo teatrale per risultare credibile ed empatica in quel ruolo. Ma tutto sommato si tratta di peccati veniali di esperienza di un performer che comunque ha dimostrato una tenuta del palco invidiabile. Dopo "Pizza Kebab" entra la band (un percussionista, un bassista, un tastierista e due coriste, oltre all'immancabile dj). "Abbiamo campionato i suoni del disco per non snaturare tutto - spiega lui -. Ma questo è un upgrade del disco. Alla fine la mia musica è anche minimale: quattro suoni, puliti, ma di impatto").

Il pubblico si scalda con l'accoppiata "Ricchi dentro"-"Marijuana", che segue "Free style Salvini", presentato esattamente nella forma in cui venne scritto dopo i fatti di Charlie Hebdo. "Aggiornare Salvini? - dice Ghali - Preferisco aggiornare altre cose, lui non è da aggiornare". Jimmy non è l'unico ospite. Arrivano anche Capo Plaza, con un duetto molto energico in "Ne è valsa la pena" e Charlie Charles e probabilmente altri ce ne saranno nel corso del tour. Lo spettacolo prosegue con un'impostazione quasi cronologica, con i pezzi più noti dell'ultimo periodo che si susseguono: arrivano così "Happy Days", "Peace & Love", "Zingarello", "Habibi" e "Ninna Nanna". Fino al finale trionfale di "Cara Italia", che oltre a essere il pezzo più celebre a livello mainstream è anche quello che riassume la visione del mondo di Ghali, che non vuole diventare un simbolo politico ma lascia parlare le canzoni.

"'Cara Italia' non è una risposta a nessuno, ma il futuro - dice -. Certe posizioni contro l'immigrazione sono la preistoria. La gente che è venuta qui oggi è un passo avanti. Quella cosa lì sparirà". E sottolinea che quella che vuole mettere in scena non è nemmeno la storia di un riscatto strettamente legato all'immigrazione. "Sono un simbolo anche per un italiano al 100% con nonni e bisnonni italiani - afferma -. Sono solo una ragazzo che è riuscito a realizzare il suo sogno grazie all'amore delle persone che mi sono state vicino".

Un sogno che lo ha portato fin qui. A un concerto che, al netto di qualche sbavatura, lascia tutti contenti: due ore di divertimento transgenerazionale, con un pubblico di fan dall'età media bassissima alzata dalla presenza degli accompagnatori, che però, per una volta, non sembrano patire troppo questo piccolo "obbligo". "Il mio rap è sempre stato pop, dai freestyle per strada alle rime fatte in classe - sottolinea -. Mette insieme più persone. L'immagine che ho in mente è quella di una famiglia in viaggio sull’autostrada con il papà o la mamma che non vanno d'accordo con i figli per la musica da ascoltare. Secondo me questo disco li mette d'accordo. E lo show altrettanto: più che Michael Jackson mi sento Disney, un qualcosa che evoca un po’ di nostalgia nei più grandi e stupore nei piccini".

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