Nuovo album della cantautrice che si racconta tra rapporti sentimentali tossici, ambizioni e voglia di una seconda adolescenza. Ne ha parlato con Tgcom24
di Massimo Longoni© Ufficio stampa
Quarto album per Giorgieness. La cantautrice ha pubblicato "Giorgieness e i cuori infranti", un album dalle due anime che si muovono parallelamente: da una parte è un break-up album in pieno stile e dall’altra è un disco sul diventare "grandi" e iniziare a volersi un po' più bene. Esponente di un cantautorato e moderno, che parte da un'anima punk e si risolve spesso in soluzioni squisitamente pop senza scadere nel banale, Giorgieness mette nel suo album i piccoli grandi drammi della vita di ognuno mentre il disco e tutto ciò che lo circonda riprendono l'immaginario dell’adolescente degli anni 2000: collage, diari, glitter, telefonini, tv, stickers, e tanto tantissimo rosa. I “cuori infranti”, graficamente, ci sono sempre. Ogni copertina, che sia dell’album o di un singolo che gli appartiene, è una sorta di locandina di un film o la pagina di un diario. Ci sono riferimenti a "Bridget Jones", a "Grease", a "Sex And The City", ai diari segreti di ciascuna di noi.
Due anni fa hai aperto un gruppo Telegram dove poi alla fine c'è stato un grande confronto su esperienze di vita spesso dolorose. Quanto ti è servita quell'esperienza per scrivere le canzoni di "Giorgieness e i cuori infranti"?
Credo che una persona che fa musica o in generale che produce arte passi una parte della sua vita cercando di dimostrare agli altri di essere speciale, in qualche modo. Ci si dà un'immagine, si mette anche un po' di distanza con il pubblico per mantenere una credibilità. Io negli ultimi anni mi sono sentita molto sola, complice anche il fatto che mi sono trasferita da Milano, mi sono sentita un po' tagliata fuori da quello che era stato il mio di ambiente. E questo gruppo Telegram mi ha aiutato tantissimo, nel senso che, alla fine la musica la fai per le persone, non per gli addetti ai lavori o per gli altri musicisti. Questa cosa mi ha dato una forza incredibile perché ho detto, fosse anche solo per queste persone qui, sono riuscita a creare qualcosa, qualcosa che a me mancava. È una soddisfazione abbastanza inspiegabile in un momento in cui sembrano essere importanti solo i numeri e riempire palazzetti. Però è proprio quella cosa che mi fa dire: ok, sono 15 anni che faccio questa cosa e ha ancora un senso. E ovviamente nelle canzoni c'è tanto di mio però non solo mio.
Quanto lavori sui testi?
Penso di essere cresciuta e di essere maturata e di aver capito anche l'importanza di confrontarmi con gli altri quando scrivo testi. Vuoi per mille motivi, tra cui il fatto che per buona parte dei miei vent'anni mi sono sentita in dovere di dimostrare che potevo farlo da sola. Passata questa ansia e anzi, avendo capito quanto è bello collaborare con persone che ti tirano fuori le idee senza volerci mettere del loro è stato sì un lavoro forse più che in qualunque altro album. Tante in questo album sono state le canzoni su cui, proprio anche in studio abbiamo lavorato sui testi, ma anche su come dirli. La mia grande maestra sotto questo punto di vista è Björk, che mentre canta ti sembra di guardarla davvero in faccia. E poi ho tirato un po' fuori anche quella parte musical che c'è sempre stata in me e che non avevo mai esplorato.
Esteticamente hai voluto che il disco e tutto ciò che lo circonda riprendessero l'immaginario dell'adolescente degli anni 2000: collage, diari, glitter, telefonini, tv, stickers, e tanto tantissimo rosa. Tu che adolescente sie stata?
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Una brava adolescente nel senso che per quanto il punk, le sbronze e tutto il resto non credo che i miei siano mai stati chiamati da scuola per qualcosa, non sono mai tornata un minuto dopo di quando dovevo. Sono cresciuta davvero presto per una serie di vicissitudini familiari di vita. E quando cresci così presto e così precocemente, in qualche modo poi non cresci mai del tutto. E soprattutto arrivata a un momento della mia vita in cui sono finalmente economicamente indipendente, ho una casa mia e ho messo a posto tante cose anche a livello interno ho detto io voglio riprendermi un po' di spensieratezza che non ho avuto e che non ho neanche oggi in qualche modo, quindi mi fa sorridere se anche questa questione dell'estetica adolescenziale non venga capita sotto quel punto di vista.
E allora che adolescente sei oggi?
Diciamo che in realtà c'è tanta della mia ribellione all'essere dovuta crescere così presto e diventare... penso che se tu avessi parlato con me a 15 anni non sarei stata tanto diversa da oggi. In più ho recuperato una cosa che, tra virgolette, non mi hanno tolto, mi l'ho fatta togliere, che è l'entusiasmo. Io sono una persona molto sincera, racconto anche tanto di me, spesso persino troppo, però credo che nella vita non bisogna cercare di essere troppo diversi da quello che si è. Io vivo bene così anche se poi magari non vengo capita, vengo fraintesa, faccio un sacco di casini, sbaglio, però io sono questa cosa qui e più la reprimo e più cerco di darmi un tono che non è il mio. Per esempio io ho una grande fascinazione per Dua Lipa e Charlie XCX rappresentano proprio un tipo di persona che io non sono e non sarò mai e mi ritrovo molto più in altri tipi di personaggi. Che possono essere appunto una Lana del Rey, mi ritrovo molto di più in quel tipo di personalità lì.
Chi o cosa ti aveva tolto l'entusiasmo?
La risposta sarebbe complessa e se devo parlare anche solo di un gruppo di persone ipotetiche male preferisco non parlarne. Io credo sia proprio un po' quello che ci spinge a essere la discografia, poi noi possiamo fare mille discorsi su quanto sia bello fare musica lo è o su quanto sia figo una volta che ce la fai, però è un ambiente che purtroppo ti spinge a una cosa per cui io non sono portata ed è la competizione. C'è un po' il vedere che quando faccio le cose come piacciono a me, passo sempre per la bionda scema o la scema. Qualche giorno fa ho fatto un reel interpretando Magica Trippy, un personaggio che Paola Cortellesi faceva a "Mai dire gol". E mi sono resa conto di ciò che mi ha insegnato la Cortellesi: ovvero che si può non prendersi sul serio facendo delle cose molto serie. Il fatto di essere una cantautrice impegnata non mi toglie il fatto di essere anche questo. Io so di cosa sono competente, so quanto ho studiato, so quanto continuo a studiare e a leggere di quello che mi interessa. Non ho bisogno di postare un libro su Instagram. Siamo fatti di tante cose.
Hai citato quanto contano oggi numeri, palazzetti e certificazioni varie. Tu sei comunque al quarto album, significa che può esistere un fare musica in una via alternativa all'ansia da classifica?
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Se dicessi di essere felice e soddisfatta e che non provo mai brutti sentimenti verso quello che vedo sarei ipocrita e falsa e non riesco a esserlo, quindi diciamo che il mio piantino giornaliero me lo faccio. Un piantino che non deriva tanto da quello che hanno gli altri e che io non ho, ma dal non riuscire a capire come fare per un salto di qualità. Se il primo disco va bene fai boom, se il primo disco va male ti salutano, ma se il primo disco va così così e poi continui a rimanere lì, nel limbo, è complesso. In più non sono brava a sgomitare, non sono brava a cavalcare polemiche o magari shitstorm o cose che capitano. Quando mi è capitato di essere coinvolta in una polemica social ho chiuso il profilo... Non è questo il modo e non mi piace questa idea qui che devi per forza fare qualcosa di sensazionale, non puoi fare la musica, io voglio fare la musica.
Quale pensi possa essere la soluzione?
Cerco di prendere sempre ispirazione dall'estero perché per quanto sicuramente ci saranno le lobby anche in America, esistono delle persone figlie di nessuno che a un certo punto ce l'hanno fatta. Per esempio Chappel Roan: lei davvero è un'altra outsider che ci ha messo una vita, "Pink Pony Club" è uscito nel 2022, ci sono i video di lei che lo suona davanti a nessuno. Mentirei se dicessi che non è un momento psicologicamente pesante a livello musicale per me. Non vedo l'ora di tornare in tour, perché poi in realtà il contatto col pubblico mi fa sempre dimenticare qualunque numero e qualunque cosa. Forse la cosa di cui io sono più fiera è essere andata per una strada e non aver smesso di camminare. C'erano mille altre strade che avrei potuto prendere e non dico di non avere anche provato ogni tanto. Però se mi fosse scoppiato in mano il successo e poi l'anno dopo fossi stata superata da un'altra persona che arrivava in corsa eccetera, ecco quello per me sarebbe stata la morte.
Tra le canzoni c'è "Piano Piano" che si occupa di un tema che ti sta molto a cuore come la violenza sulle donne. Come è nata questa canzone?
La cosa buffa è che questo brano è nato proprio nel momento in cui io pensavo di aver trovato il mio personale salvatore e non mi ero accorta di essere nel pieno di una relazione potenzialmente tossica. Sicuramente eravamo due persone non risolte che poi avrebbero sicuramente ribaltato sulla relazione quello che non avevano risolto. Quindi in realtà l'ho cominciata esattamente come si sente, cioè felice, innamorata, ho pianto ma non per te. Innamorata, ovviamente, è un parolone, però ci tengo molto all'amore con lo concetto, quindi innamorata direi di no, molto presa. E invece poi proprio per come si è sviluppata la relazione, come è finita, e quello che io ho visto, quelle che sono state le mie paure che sono andate a toccare, ho capito che quello era il pezzo che volevo dedicare a tutte le persone che in realtà forse stanno ancora in una relazione di quel tipo.
In passato hai avuto esperienze pesanti sotto questo punto di vista?
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Tengo sempre a dire che anche la violenza psicologica è pesante, perché mi è capitato di avere una relazione molto tossica sotto quel punto di vista, tanto di uscirne con la paura di non riuscire a chiudere la porta di casa e tutt'ora ho scorie di quell'esperienza. Pensavo di non saper più cucinare, di non saper più fare musica, di non saper più fare nulla. E tutto questo è frutto di anni di "tu senza di me non sei nulla!". Diciamo che la violenza di genere e la violenza domestica sono temi che mi sono molto vicini. Oggi mi piaceva l'idea di raccontare una storia di vittoria, cioè di uscita da questo genere di relazione, e di dire adesso mi riprendo io il mio corpo e tutto il resto.
Pensi che questa canzone possa diventare una sorta di inno?
Una canzone importante per qualcuno lo spero, un inno proprio no. Non è nelle mie corde saper creare un inno o qualcosa del genere, ci sono persone molto più brave di me che invece lo hanno fatto. La mia scrittura è diversa, la canzone devi ascoltarla bene per capire che parla di violenza di genere. Io sono più portata a raccontare. A volte mi percepisco davvero molto più come una scrittrice che come una cantautrice. Anzi, a oggi mi rendo conto che forse è arrivato il momento di usare un po' più parole per esprimermi.
Ti piacerebbe cimentarti con la scrittura?
Mi piacerebbe riuscire, ma prima ancora di provare a trovare un editore o qualcosa, mi piacerebbe davvero unire un po' delle cose che ho scritto negli anni. In realtà per qualunque cosa non si tratti di musica soffro di una grande sindrome dell'impostore (chi ne è colpito è convinto di non meritare il successo ottenuto - ndr). Mi dico che vabbè tanto un libro lo scrivono tutti, sono l'ennesima... Invece adesso sento di avere proprio qualcosa da dire con le parole e in più è una delle cose che mi sento dire più spesso. Ecco mi vedo davvero più come una persona che racconta storie, infatti la mia forma preferita sono i racconti brevi.
In "Dicono di me" è il tuo modo di mettere in musica l'ansia del giudizio che spesso in passato ti ha condizionato. Come vivi il rapporto con i social che sono comunque una vetrina sulla tua vita?
Sono una persona a cui piace stare al centro dell'attenzione, ma non sono per niente capace di vendermi. Per esempio, ho anche smesso di postare selfie e cose del genere, un po' perché mi dà fastidio che poi vengono usati dalla stampa, e un po' perché non mi ci sento più in quella cosa, anche se per un periodo sono stata una grande regina di selfie, anche mezzinudi. Sono proprio un po' cambiata sotto quel punto di vista. Forse perché sono un po' più sicura di me e quindi non vado più cercando quel tipo di approvazione. Cosa dovrei mostrare se non quello che sono? Cerco davvero di usare i social come si usavano nel 2010, cioè penso che sia più importante l'idea di come viene proposta. Anche perché effettivamente io fuori dal palco sono questa.
Non c'è distacco quindi da quello che mi dici fra Giorgia e Georgieness.
No, anzi forse esiste davvero solo Georgieness, anche perché mi chiamano Giorgie da quando ho 15 anni e Georgieness da quando ne ho 17. Quindi come dire... Non ho mai costruito quella cosa e penso che al massimo il mio personaggio può essere quello appunto un po' di overacting e infatti ci sto costruendo il live su questa attitudine proprio un po' musical, un po' Broadway.
A questo proposito, che tipo di live stai preparando?
Saremo in tre e con la stessa formazione degli ultimi live ma sono io che mi sto preparando in maniera un po' diversa. Sto semplicemente cercando di portare uno spettacolo che contenga un po' di quello che secondo me è mancato prima. Se vuoi giocare nel mondo del pop non puoi portare un concerto rock. Quindi diciamo che mi sto armando di palloncini, di glitter, di cuori luminosi possibilmente, e soprattutto di un modo di muovermi ed esprimere, di interpretare le canzoni, più studiato con dei momenti che stiamo preparando... io mi diverto moltissimo e forse più di prima anche perché chiaramente la cassa dritta in questo aiuta tanto!