Una vita per il teatro, con un occhio di riguardo per Shakespeare
Se n'è andato un pezzo di teatro italiano con Giorgio Albertazzi, che debuttò al Maggio Musicale Fiorentino del 1949 sotto l'ala di Luchino Visconti in "Troilo e Cressida" di Shakespeare. Albertazzi è stato uno dei maggiori interpreti del Bardo e nel 1964 calcò le assi dell'Old Vic di Londra con Amleto, diretto da Franco Zeffirelli. La sua ultima apparizioni in teatro era stata ne Il mercante di Venezia.
Pur avendo alle spalle una trentina di film e avendo lavorato parecchio anche in televisione, Albertazzi resta principalmente un grande mattatore teatrale, spesso anche regista dei propri spettacoli. Considerato uno dei maggiori interpreti di Shakespeare, la foto di Albertazzi venne inserita nella prestigiosa galleria degli interpreti shakesperiani del Royal National Theatre, unico attore non di lingua inglese.
IL DOPOGUERRA E LA REPUBBLICA DI SALO'
La sua carriera iniziò solo nel dopoguerra, superato il triste episodio che lo vide aderire alla Repubblica di Salo' nel 1943. Albertazzi non rinnegò mai l' iniziativa, vista come gesto di un ragazzo ventenne patriottico e che si illude di una rivoluzione sociale, che nel '45 gli costò l'arresto e una condanna per collaborazionismo, con due anni in prigione.
IL SODALIZIO CON ANNA PROCLOMER
Dopo una piccola parte nello storico Troilo e Cressidra di Luchino Visconti, dal 1950 fece parte della compagnia del Teatro Nazionale diretta da Guido Salvini. Il salto avvenne però quando nel 1956 cominciò a far coppia con Anna Proclemer, sua compagna anche nella vita, riuscendo per quasi un ventennio ad essere tra i protagonisti della vita teatrale. La coppia nel 1965 con La governante di Brancati, scandalizzò e fu bloccata dalla censura per i riferimenti all'omosessualità femminile.
DIVO DELLA TV ANNI SESSANTA
Da giovane ci mise qualche anno a imparare dai grandi di allora e ricordava di aver speso il resto della vita a liberarsene. Albertazzi portò una visione nuova nelle sue interpretazioni, che ne fecero un divo della tv Anni Sessanta tra teatro e sceneggiati. Da L'idiota del 1959 a uno storico Dottor Jeckyll del '68 di cui firmò anche l'innovativa regia. Sfortunata invece la carriera come regista cinematografico. Il suo primo e unico film "Gradiva" (1970), in cui apparve con Laura Antonelli, ebbe infatti grossi problemi con la produzione e la distribuzione, venendo ritirato dalle sale quasi subito.
I GRANDI PALCHI ITALIANI
La Scala gli spalancò però le porte nel 1969, con la rappresentazione di Edipo re in cui vestì i panni del protagonista. Nel 1980 fu la volta de La Fenice di Venezia, dove curò la regia e l'adattamento di Peer Gynt, tratto da Henrik Ibsen Dal 1989 ha recitato in continue riprese Memorie di Adriano, lo spettacolo tratto dal romanzo della Yourcenar e diretto da Maurizio Scaparro, che è diventato il suo lavoro-simbolo. "Facendolo parlo anche di me - confessò quando compi' 90 anni - Sento molto la fine della bellezza che si consuma che percorre questo testo, che coglie il momento in cui l'armonia tra corpo e anima si rompe ed entrano in conflitto. A certe battute mi sono sempre davvero emozionato, perché mi toccano nel profondo e penso, cercando di tenermi fuori, a tutti coloro che ho visto invecchiare, alla perdita della giovinezza che ho amato tanto".
IL LAVORO SU DANTE
Nel 2004 venne omaggiato del Premio Gassman alla carriera e contemporaneamente, insieme a Dario Fo, porta in scena una serie di spettacoli-lezioni sulla storia del teatro in Italia. Nel 2006, nel corso della Cerimonia di apertura dei XX Giochi olimpici invernali di Torino, ha interpretato il Canto di Ulisse, di Dante. Nel 2009 è tornato al sommo Vate, registrando una lettura della Divina Commedia fra le rovine dell'Aquila, dopo il terremoto del 6 aprile.
IL RITORNO A SORPRESA IN TV
Nel 2014 partecipa a sorpresa al programma tv Ballando con le stelle, diventando il concorrente più anziano di tutte le edizioni internazionali del format. L'ultimo progetto è nella stagione 2014-2015 del Teatro Ghione, dove porta in scena Il mercante di Venezia insieme a Franco Castellano.
IL RAPPORTO CON LA RELIGIONE
A chi gli chiedeva se fosse credente, replicava: "Detesto pensare che qualcuno da su ci consoli o ci punisca. Le mie consolazioni sono i miei ricordi". Ricordi legati a una vita passata a recitare sapendo che "recitare e' un atto ridicolo, è mettersi alla berlina, non sapendo fare altro, uno si mette a buffoneggiare o finge di sentirsi male, di provar dolore o di essere in preda a un fou rire. E mentre agisce vede se stesso agire e questo gli dà insieme conforto e sgomento, perché l'arte è nuda e capace solo di far domande, cui non risponde".