AL FRANCO PARENTI DI MILANO

Giorgio Pasotti a teatro tra Kafka e Gassmann

Al Franco Parenti di Milano fino al 12 marzo in scena "Racconti disumani" dittico del grande autore boemo 

di Antonella Fagà
07 Mar 2023 - 11:43
 © Ufficio stampa

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Due straordinari artisti come Giorgio Pasotti e Alessandro Gassmann affrontano Franz Kafka e i suoi labirinti oscuri della mente. “Racconti disumani” è il titolo dello spettacolo, firmato da Gassmann e interpretato da Pasotti, in scena al Franco Parenti di Milano, fino al 12 marzo. “Una relazione per un’Accademia” e “La tana”, le due storie "antropomorfe" che si snodano sul palco, dove vediamo una scimmia divenuta uomo, e un uomo metà roditore e metà architetto, che vive come un animale sotterraneo. 
 

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Due storie di animali, (in un atto unico) che mettono a nudo la superficialità di un modo di essere attraverso comportamenti stereotipati e facili, nel primo racconto e, nel secondo, narrano quell'esigenza di ripararsi dal mondo, costruendosi un rifugio, alla ricerca di una "falsa sicurezza" dai pericoli esterni, tanto attuale dalla pandemia in poi.

Lo spettacolo

  "Una relazione per un’Accademia" è stato pubblicato la prima volta nel 1917, protagonista una scimmia che racconta come, in cinque anni, si adegua al sistema umano per uscire dalla gabbia nella quale l’hanno rinchiusa dopo la cattura e guadagnare un fac-simile di libertà.
La narrazione in prima persona, divertita e distaccata, ripercorre lo studio delle abitudini degli uomini che con sorprendente facilità possono essere imitate e replicate.

"Per diventare uomo non ci vuole poi molto", spiega la scimmia di Kafka: "Bastano una buona capacità di osservazione un ceto talento mimetico... La prima cosa che ho imparato è stata la stretta di mano; una stretta di mano dimostra franchezza; ora che sono al vertice della mia carriera, possa anche una parola franca raggiungere quella prima stretta di mano...".

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Pasotti si trasforma in uno scimpanzé, che si trasforma in uomo, per farci scoprire che, alla fine, non siamo proprio così evoluti come pensiamo e forse neppure tanto a nostro agio nei nostri panni, ma soprattutto che gli stereotipi ai quali ci assoggettiamo per sembrare ciò che non siamo davvero, sono proprio ciò che separa gli esseri viventi tra loro, impedendogli una conoscenza reciproca reale.

"La tana" è uno degli ultimi racconti dell’autore boemo scritto durante la sua permanenza a Berlino nel 1923, e pubblicato postumo ed incompiuto per la prima volta nel 1931.
Narra del continuo, disperato sforzo intrapreso dal protagonista, per metà roditore e per metà architetto, di costruirsi un’abitazione perfetta, un elaborato sistema di cunicoli costruiti nel corso di un’intera vita, per potersi proteggere da nemici invisibili. E, nel tentativo di lasciare tutto fuori, costruisce passaggi e corridoi, e nuovi tunnel che portano al niente dei vicoli ciechi, una ricerca della sicurezza ossessiva che genera solo ansia e terrore.

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Lucida e impietosa è l'attualità di questi "Racconti disumani", pensati proprio nel post pandemia e oggi così aderenti alla realtà in cui viviamo. Molte delle paure raccontate da Kafka sono oggi più che mai le nostre, la solitudine della talpa è quella di chi, in una società, che mette sempre più paura, costruisce barriere verso il mondo e verso gli altri. 

La libertà persa dalla scimmia diventata umana per sopravvivere nella società degli uomini è la stessa libertà persa dagli stessi uomini, che rinunciano a se stessi e alla propria individualità.
E se per Kafka la società umana appariva spesso più disumana e alienante di quelle animali, al teatro spetta adesso il compito di mettere in luce ed esorcizzare, condividendolo col pubblico, quel che di "disumano" c'è in ognuno di noi, nel nome di un'umanità troppo imperfetta.

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