Un trionfo di applausi, fiori e spettatori danzanti hanno acclamato il musicista di origine bosniaca al Teatro degli Arcimboldi
di Luisa Indelicato© tgcom
Goran Bregovic è un conquistatore che usa le armi della musica per unire. Che sovverte le regole e chiama alla carica per gioire delle differenze, appianarle. Unisce tutti i continenti musicali, tutti i linguaggi e seduce gli spettatori con la sua gioia sconfinata. Sarà il suo animo "gitano", quello nomade e dallo spiccato senso musicale, saranno i suoi studi di filosofia e sociologia, ma soprattutto saranno le sue origini a creare quel mix magico che ha letteralmente conquistato per una sera il Teatro degli Arcimboldi di Milano.
Tre ore passate leggere, leggere. Acclamato fino all'ultimo dagli spettatori, instancabili, che lo hanno omaggiato con fiori, danze e applausi scroscianti. Eppure il tema del suo ultimo lavoro "Three letters from Sarajevo" affronta un argomento per niente leggero. Quello delle differenze, differenze linguistiche ma anche e soprattutto religiose. Lui che in prima persona le ha vissute (con il padre cattolico, la madre ortodossa e la moglie musulmana), nato in Bosnia, un Paese dilaniato dalla guerra di etnie, è proprio per questo che meglio di chiunque altro può spezzare discriminazioni e paure con la sua musica, che è un inno alla vita.
E lo ha spiegato lui stesso sul palco degli Arcimboldi presentando "Three letters" con il suo modo ironico di raccontare. Partendo da un aneddoto sul Muro del pianto ha finito per parlare del suo mondo ideale: "Non è Dio il responsabile delle vicende umane, sono gli uomini". Il suo mondo ideale è la musica a suggerirglielo: "Sarebbe bello che le persone fossero come le note alte e basse di una partitura", che proprio con la peculiarità delle loro differenze donano vita al miracolo della musica.
"Three letters" inizia con la lettera cristiana, poi quella musulmana e infine ebraica. Ad accompagnare Goran Bregovic in questa conferenza di pace poliglotta una band gitana di fiati, due voci bulgare, un sestetto di voci maschili e un quartetto d'archi. Per iniziare come da prassi i fiati entrano dagli spalti per poi salire sul palco insieme al loro maestro: una coreografia ormai assodata da tempo.
Bregovic cerca di alleggerire una tematica tanto forte iniziando il concerto con le sue composizioni per film, La Regina Margot e le opere per i film di Emir Kusturica, e finendo con le più note Serbetico, Kalashikov. Senza mancare di omaggiare la nostra Italia con la sua "Bella ciao". Un modo forse per riaffermare la forza della lotta partigiana contro il fascismo e per farcelo ricordare. Goran Bregovic è un maestro che è riuscito a fare qualcosa di unico, mettendo insieme l'austerità della musica da camera all'espressività del folklore, gipsy al funky e al jazz. Col suo completo bianco, ha illuminato un'intera platea contagiandola con una inarrestabile voglia di vivere. Spente le luci, la vita torna alla normalità, ma con una consapevolezza in più dentro: la diversità è assolutamente un punto di forza.
Le prossime date del suo tour in Italia:
7 Febbraio Bologna - Auditorium Manzoni
11 Febbraio Torino - Teatro Colosseo
13 Febbraio Genova - Teatro Carlo Felice