RIVOLUZIONARIO DELLA SETTIMA ARTE

I 90 anni di Jean-Luc Godard, maestro della Nouvelle vague

Il compleanno del regista, figura leggendaria, pioniere e rivoluzionario della settima arte

03 Dic 2020 - 12:38

Jean-Luc Godard vive di e per il cinema. Il 3 dicembre festeggia il suo 90esimo compleanno. Accanto a Truffaut, Chabrol, Rohmer e Rivette ha inventato, immaginato un altro modo di fare cinema: è stato chiamato Nouvelle vague e ha cambiato tutto dall'esordio del 1960 con "A bout de souffle". La sua carriera è una rivoluzione permanente, impossibile da riassumere, un talento che abbraccia oltre 60 anni in più di 140 tra cortometraggi e film, in cui ha cambiato pelle più volte, passando attraverso varie "vite cinematografiche" contraddistinte dall'innovazione linguistico apportata alla settima arte.

I 90 anni di Jean-Luc Godard

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Godard ha girato film e parlato con una libertà radicale di chi non ha mai voluto compiacere, o cercato riconoscimento. Gli avversori lo incolpano del fatto che il suo cinema sia diventato col tempo inintelligibile e che non pensi allo spettatore. Il che è paradossale dato che l'autore con tutte le sue produzioni ha sempre invitato a ragionare sulla responsabilità e il desiderio del proprio sguardo.

"È ora di smetterla di fare film che parlano di politica. È ora di fare film in modo politico". Nonostante le sue origini benestanti (nato in una famiglia dell’alta borghesia parigina d’origine svizzera), rimane un esempio di un cineasta rivoluzionario e antiborghese che ha usato la macchina da presa come strumento di indagine, lente di ingrandimento sulla società.

Si avvicina al cinema tramite la critica, scrivendo per i famosi "Cahier du cinéma" e da una collaborazione con François Truffaut nasce il suo primo folgorante lungometraggio, "A bout de souffle" primo modello di trasgressione ai modelli narrativi tradizionali che caratterizzerà la Nouvelle vague. Questo primo periodo fino al 1967 vedrà un'attività frenetica che porta addirittura all'uscita di 16 film che fanno storia, tra cui "Le petit soldat", "Une femme est une femme", "Le mépris", "Bande à part", "Une femme mariée", "Weekend", "Deux ou trois choses que je sais d'elle".

Poi rompe l'amicizia con Truffaut per questioni di ideologia politica ed estetica, prende le distanze dalle correnti in voga, ritagliandosi un ruolo di polemista: sceglie la via dell'impegno politico e dirige "La chinoise", "Vento dell'est" con Gian Maria Volonté e "Tout va bien" con Yves Montand. Negli anni 70 si propone come pioniere delle nuove tecnologie. In parallelo sviluppa anche un'estetica e una linguistica del cinema assolutamente fuori dagli schemi. Dopo un periodo di blackout torna al cinema negli anni 80 con titoli che non mancheranno di suscitare polemica e scandalo tra i benpensanti, "Passion", "Prénom Carmen", "Je vous salue", "Marie", "Detective", fino a "Nouvelle Vague".

Da qui inizia l'ultima fase della sua carriera che dura fino ad oggi: il suo ultimo "Le livre d’image", presentato al Festival di Cannes nel 2018 ha ricevuto una Palma d’oro speciale. Sulla Croisette ha anche vinto il Premio della Giuria nel 2014 per "Adieu au langage". Ha vinto anche alla Berlinale con "A bout de souffle", "Une femme est une femme" e "Masculin-Féminin". A Venezia ha conquistato il Leone d'argento per "Vivre sa vie", "La chinoise" e quello d'oro per "Prénom Carmen". Ha ricevuto il César e il Pardo onorario e gli è stato conferito l'Oscar alla carriera nel 2010.

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