INTERVISTA A TGCOM24

Il mondo sonoro degli I Hate My Village fregandosene del tempo

E' uscito "Nevermind The Tempo", secondo album del supergruppo formato Adriano Viterbini, Fabio Rondanini, Marco Fasolo e Alberto Ferrari. L'intervista a Tgcom24

di Luca Freddi
28 Mag 2024 - 12:01
 © Ufficio stampa

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"Nevermind The Tempo" è il nuovo album degli I Hate My Village, uscito per Locomotiv Records. Il supergruppo formato da Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion), Fabio Rondanini (Calibro 35, Afterhours), Marco Fasolo (Jennifer Gentle) e Alberto Ferrari (Verdena) torna con una matura e vitale seconda prova sulla lunga distanza, in cui l'interesse per l'afrobeat dell'esordio annega in un viaggio sonoro verso più direzioni per perdersi tra fuzz, atmosfere distorte, iponotici tribalismi, trance desertica. Mentre è partito il tour che li vedrà protagonisti in molti festival estivi, a Tgcom24 hanno raccontato il nuovo lavoro, arrivato a cinque anni di distanza dal primo, mentre in mezzo i componenti sono stati impegnati con i dischi dei loro gruppi Bud Spencer Blues Explosion, Calibro 35 e Verdena.

© Tgcom24

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Partiamo dalla scelta del titolo, cos'è questo tempo che non importa? Un modo di porsi nel mondo o deriva dalla vostra centrifuga sonora? E cos'è per voi il tempo?

(Adriano) Il titolo dell’album è una frase di un brano che non abbiamo inserito nell’album, eravamo in studio a fantasticare su titoli e ipotesi, a un certo punto questa frase ci è sembrata appropriata per quello che stavamo provando. L’album si è rivelato nel tempo, e probabilmente ci vorrà ancora tempo perchè questa musica si manifesti completamente.  E' anche un gioco con il disco dei Sex Pistols “Never mind the bollocks” e “Nevermind” dei Nirvana. La parola “tempo” può essere declinata nel registro musicale della musica classica, o del passare del tempo: in entrambi i casi è interessante quando il tempo si perde, passa, ci si gioca. 

A proposito di tempo quali sono le differenze di tempistiche di nascita e registrazione tra l'esordio e questo disco? Mi sembra ci sia una differenza tra i due su questo piano

(Fabio) Il primo disco è una istantanea, la foto di un momento. Quest'ultimo è più un film scritto partendo da quella foto. Abbiamo sviluppato concetti e suoni che nel primo sono appena accennati. Disco che infatti nasceva per essere strumentale e che poi si è trasformato con l'entrata di Alberto. Questo secondo album nasce invece direttamente come un disco di canzoni, alcuni brani sono nati proprio da intuizioni melodiche più che da riff come nel primo. Evidentemente un processo molto più lungo e se vuoi più consapevole. In fondo però il meccanismo è lo stesso in entrambi i dischi, io ed Adri che ci incontriamo e abbozziamo idee che poi vengono sviluppate insieme a Marco e Alberto. 

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Devo dire che mi piacciono molto "Water tanks" e "Jim" e mi sembrano due anime sonore, non distanti, ma che confluiscono l'una nell'altro, con il fade out del passato mixato al fade in del vostro presente. Che ne pensate?

(Adriano) Siamo quattro persone completamente diverse, ma di sicuro abbiamo in comune una naturale propensione al cambiamento e alla sperimentazione e alla sfida con noi stessi. Water Tanks è la somma di due intuizioni del 2019, mentre Jim è nata in un ora di jam che io e Fabio abbiamo improvvisato nel 2021. Il futuro ci arriva in faccia, non siamo noi a rincorrerlo.

Se il primo disco era basato su un interesse specifico per l'afrobeat, qui questo elemento rimane sempre ma è in mezzo, quasi sepolto a volte, a un sacco di altre cose, confini molto lontani che si fondono (che ne so butto lì a caso Battles e Animal Collective). In che modo avete ampliato le sonorità e da dove arrivano?

(Fabio) Non siamo mai stati una band di genere, l'afrobeat è ormai un ingrediente conosciuto e utilizzato da molti, per noi è un po' come dire "ehi ma state usando una progressione armonica simile ai Beatles", certo. Viviamo poi in un momento storico in cui la tecnologia è in continua evoluzione, così come il linguaggio. Ci piace pensare a questo disco come un disco di fantascienza ma non nella accezione di genere futurista ma piuttosto nel raccontare come l'uomo, qui il musicista, reagisca allo sviluppo tecnologico. Ad esempio nel disco non ci sono quasi chitarre, non nell'accezione classica. La chitarra è stata usata più come trigger di effetti e suoni nuovi, stiamo vivendo nella Golden Age degli effetti e siamo musicisti contemporanei e molto curiosi.

Come sono le sinergie tra voi quattro? Sono cambiate tra i due dischi? E se sì, anche a livello compositivo?

(Adriano) La band è davvero divertente, stiamo bene insieme, quando partiamo in tour c’è sempre un' energia speciale, unica. E’ una cosa rara provare questo tipo di sintonia con un gruppo di persone, succede poche volte nella vita. Sono molto orgoglioso, I miei compagni di band sono fonte di ispirazione!

Il tour

  E' partito il tour degli I Hate My Village che dopo la doppia data al Locomotiv Club a Bologna e a Torino a Jazz Is Dead, proseguirà il 7 luglio a Sesto Al Reghena (PN) a Sexto’Nplugged, il 12 ad Agrigento a Ellenic Festival, il 14 a Viterbo ad ATB Festival, il 24 a Milano al Castello Sforzesco, il 25 ad Assisi a Riverock, il 27 a Roma a SUPERAURORA Festival, il 9 agosto a Pineto (TE) a Pinetnie, l’11 a Locorotondo (BA) a Locus Festival, il 14 a Maida (CZ) a Color Festival, il 15 a Lecce a SEI Festival e il 6 settembre a Cagliari a KME.

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