© Martina Amoruso
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E' uscito il nuovo album del cantautore reduce dal Festival di Sanremo. Tgcom24 lo ha incontrato
di Massimo Longoni© Martina Amoruso
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Una fotografia di chi cerca di attraversare il proprio cammino di vita facendo esperienza non solo degli aspetti positivi e delle vittorie ma anche di tutte le cadute e gli inciampi. E' questo "E vissero feriti e contenti", il nuovo album di Ghemon. "Dietro il titolo c'è il concetto che quello che non uccide fortifica, ma non solo - dice -. L'idea è che va bene comunque, anche se qualcosa va male. Serve leggerezza".
“E vissero feriti e contenti” segna l’inizio di una nuova fase del percorso musicale dell’artista, il quale esprime la sua voglia di vivere al meglio il presente e aprirsi alla vita, in tutte le sue sfaccettature. Nel disco è presente anche “Momento Perfetto”, brano con cui ha partecipato all'ultimo Festival di Sanremo. Per Ghemon la vita è come un gatto, quello che lo accompagna nella foto di copertina dell'album: sa graffiare ma anche regalare momenti di dolcezza. Il disco arriva a meno di un anno dal precedente "Scritto nelle stelle". "Le canzoni sono nate in questi dodici mesi - spiega -. Anzi, abbiamo iniziato a farle a giugno. Sono canzoni giovani. Erano lì e dovevo avere la voglia e un pochino di esperienza per acchiapparle".
Come è nato il disco?
L'ho scritto tutto io, l'ho prodotto con una squadra di ragazzi super. Abbiamo fatto una cosa con grande voglia e con un obiettivo comune. Nella musica si possono anche infiocchettare i dischi un pochino di corsa e con poca ispirazione o scritti da qualcun altro più ispirato di te. Questo lo abbiamo fatto noi, tutto in casa e tutti in gruppo. E' quasi un album de "I Ghemon".
Un vero e proprio lavoro di gruppo...
Io ne sono la faccia e la voce, ma la penna risente di un lavoro collettivo, spesso fatto anche a distanza grazie a Zoom e a Whatsapp. C'erano momenti in cui magari stavamo facendo una cosa in studio e non potevamo essere in tanti, e così chiamavo il mio tastierista, Giuseppe Seccia, e gli dicevo: "Ti stiamo mandando una parte, non ci tornano due accordi. Hai un quarto d'ora per risolverla perché entro un'ora voglio finire la canzone". Si sono create delle dinamiche molto belle e divertenti.
Il titolo, con un gioco di parole che esprime il tuo senso dell'umorismo, è un riferimento ai segni lasciati dalla vita?
Pensando all'esperienza del cibo come un'esperienza gioiosa, questo titolo non dice solo che quello che non uccide fortifica, ma va oltre. Dice: quello che non uccide fortifica... ma adesso mangiamoci una pizza. Non c'è solo la parte drammatica della vita ma anche quella un po' più leggera, l'essere contenti che in fondo sia così.
L'album mette a fuoco delle sonorità oggi inusuali che avevi iniziato a esplorare con "Scritto nelle stelle". Come si collega al lavoro precedente?
Come artista sono figlio dei miei ascolti. Quello che devo fare è mescolare bene le cose che ho ascoltato e farle mie. E' tutta la carriera che cerco di fare delle cose che sembrino me. Se passa che c'è un'identità, magari anche con uno sguardo internazionale, cosa potrei chiedere di più? Per me vale anche più di un primo posto in classifica o dei follower su Instagram.
Una credibilità forte...
Una riconoscibilità e una comprensione di quello che stavo facendo. Queste sono anche le cose che ti spronano ad avere più coraggio. Non solo a proseguire su questa strada ma a prendersi anche ulteriori rischi, una cosa che mi piace molto fare. E' il motivo per cui mi ferisco ma anche quello per cui gioisco.
© Ufficio stampa
E' tuo il gatto della copertina?
No, è una comparsa, per altro ben pagata... Si tratta Jamie, il gatto di uno dei due fotografi. Anche se in questa foto sembra una lince, in realtà è un gatto dolcissimo. Per me è l'elemento che cambia il senso della foto. Io e lui a livello di espressione diciamo la stessa cosa. E' fiera e zozza e allo stesso modo pulita. Il gatto simboleggia tante cose: la casa, la morbidezza, il calore ma è anche graffiante, un animale che si rimette sempre in piedi.
Per l'album precedente per aggirare i blocchi dovuti alla pandemia ti eri inventato gli instore digitali. Cosa hai in mente ora?
L'esperimento era stato molto bello e riuscito. I tempi ora sono leggermente diversi però stiamo pensando a un po' di cose alternative e originali per andare incontro agli ascoltatori.
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