DON'T DREAM IT, BE IT

Il Rocky Horror Show conquista Milano: un Time Warp lungo oltre 40 anni

Uno spettacolo scintillante e in parte rinnovato per celebrare un musical eterno

08 Mag 2015 - 07:21
 © ufficio-stampa

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Don't dream it, be it... non sognate di esserlo, siatelo. Chissà cosa sognava Richard O'Brien ormai 42 anni fa quando il suo Rocky Horror debuttò al Royal Court Theatre di Londra (dove rimase fino al 1980 per un totale di quasi 3mila repliche). Forse solo di far divertire il pubblico: missione riuscita. Perché a distanza di così tanto tempo, la sua opera riesce ancora a far scattare in piedi un teatro intero per ballare e divertirsi con il suo non sense. Come a Milano, dove dopo 10 anni, al Teatro della Luna, è tornata "la madre di tutti i musical" con un'edizione che festeggia, tra l'altro, i 40 anni dall'indimenticabile film com Tim Curry e Susan Sarandon. Una versione scoppiettante da un punto di vista scenico, con effetti speciali, attori dalla grandissima estensione vocale, una band dal vivo eccellente e qualche novità che, magari, farà storcere un po' il naso ai (tanti) puristi.

Il Rocky Horror Show conquista Milano: un Time Warp lungo oltre 40 anni

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Il narratore, ad esempio, parla in italiano invece che in inglese. Scelta condivisibile (in questo allestimento il ruolo è intepretato sempre da un attore "locale", nel caso dell'Italia da Maurizio Lombardi) per "allargare" il pubblico e rendere comprensibile il testo a chi, magari, non è proprio avvezzo alla trama scalcagnata e assurdamente affascinante del Rocky Horror, ma che fa venire i brividi a chi sa a memoria tutte le battute. Così come alcune scelte differenti dal "canone" (Magenta bionda, Eddie pugnalato invece che smembrato con una sega elettrica, Riff Raf eccellente ma decisamente diverso dal solito, l'arrangiamento di alcune canzoni come Hot Patootie) possono magari ai più sembrare inezie, ma diventano nei vistosi ai fedelissimi del più "bad, bizarre and bloody" (cattivo, bizzarro e sanguinolento) musical di sempre.

Poco male, perché le oltre due ore dello spettacolo divertono dal primo all'ultimo minuto, trascinando il pubblico nel viaggio di formazione (soprattutto sessuale) di Brad e Janet tra scienziati pazzi in giarrettiera, alieni, creature muscolose, sesso di coppia, sesso di gruppo, cospirazioni senza né capo né coda, amiciza e amore, mescolati con alcune tra le migliori canzoni di sempre di tutti i musical, interpretate sempre con grande bravura dagli attori. Stuart Matthew Price, che interpreta Riff Raff, l'aiutante pazzo che nel film è O'Brien stesso, e Rob Fowle (il Dottor Frank-n-Furter), in particolare, sono una spanna sopra tutti per presenza scenica, estensione vocale e bravura. Il finale, poi, con l'assurdo Floor Show e il tripudio di piume di struzzo, è un crescendo che trascina il pubblico in una sorta di euforia collettiva, evento quasi unico a teatro.

D'altronde, l'invito del Rocky Horror Show è chiaro: siate quel che volete, fate quel che volete fare, non perdete tempo dietro classificazioni, omologazioni, nomi e categorie. La fortissima, e ai tempi anche dirompente, libertà sessuale che si sprigionava dal testo e dalla messa in scena di O'Brien, forse, oggi ha perso gran parte della sua trasgressività, ma resta, ora come allora, un messaggio universale. E non è un caso che, infatti, sia stato giustamente inserito nel programma di eventi dell'Expo. Perché quello che davvero distingue un capolavoro da una bella opera, che sia letteraria, figurativa, cinematografica o teatrale, alla fine, è una cosa sola: la prova del tempo. E se a quasi 42 anni dal debutto teatrale e a 40 esatti dall'indimenticabile film il Rocky Horror Show fa ancora scattare in piedi un teatro intero per ballare l'assurdo Time Warp (avete mai provato a tradurre il testo??), beh, siamo certi di trovarci di fronte a qualcosa di eterno.

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