si chiude (o quasi...) un cartellone vincente

“Il vizio dell’arte” riporta Bennett all’Elfo Puccini

Una delle opere più amate, e divertenti, del drammaturgo britannico torna sul palcoscenico del teatro milanese per chiudere (o quasi...) un cartellone vincente

di Roberto Ciarapica
21 Mag 2023 - 15:51
 © Tgcom24

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Il sipario ideale su una stagione da applausi. Con Il vizio dell’arte (commedia/dramma di Alan Bennett del 2009), il teatro Elfo Puccini di Milano ripropone (fino al 2 giugno) un suo vecchio amore (portato in scena già nel 2014), riscuotendo lo stesso successo di allora. Uno spettacolo iconoclasta, irriverente, anticonformista, con quello humour nero (anzi, fumo di Londra) che strizza l’occhio a Oscar Wilde.

Il vizio dell’arte (qui con la regia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, che guidano un gruppo di attori meravigliosi) è teatro nel teatro, matriosca narrativa: racchiude tante piccole storie, raccontate da personaggi che interpretano sé stessi e altri.

Al centro dello spettacolo ci sono le prove per il National Theatre di Londra del “Giorno di Calibano”, un dramma sull’immaginario incontro - nel 1972, a Oxford - tra il compositore all’apice del successo Benjamin Britten (Elio De Capitani, che interpreta anche l’attore Henry e il cameriere Boyle) e il vecchio poeta, in crisi esistenziale e creativa, Wystan Auden (Ferdinando Bruni, bravissimo anche nella parte di Fitz). Britten sta componendo un’opera, dal romanzo “Morte a Venezia” di Thomas Mann, e ha già scelto il suo librettista di fiducia, ma il vecchio amico Auden, ritrovato dopo 30 anni, si offre per sostituirlo, sperando così di poter riaccendere la propria arte e di ridare un senso alla sua vita in declino.

A causa dell’assenza del regista, impegnato altrove, le prove - già intermittenti per l’indomabile personalità degli attori -, si trasformano in una comica autogestione in cui i protagonisti si ribellano all’autore, discutono e litigano, mettendo a nudo fragilità e paure (fra cui quella degli spettatori in platea).

Nel Vizio dell’arte, la vita va pirandellianamente in scena insieme ai personaggi. L’opera è un atto d’amore per il teatro, che viene spogliato di tutto per mostrarne la bellezza. Però è anche la storia di molteplici crisi, un inno lugubre al tempo che sta per scadere, alla vecchiaia incipiente, alle amicizie logore, o mai nate. “Ho il sospetto che la morte sia solo un modo per svignarsela…”, dice a un certo punto Auden, poeta depresso che col suo cinico sarcasmo anima, e agita, questa storia senza inizio e senza fine, senza risposte e senza sipario.

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