"L'Avaro" di Molière con Ugo Dighero, un eroe moderno a teatro
© Federico Pitto
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Lo spettacolo, diretto da Luigi Saravo, in scena fino al 2 marzo
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"L'Avaro" di Molière, con Ugo Dighero nei panni del protagonista, Arpagone, in scena al Teatro Manzoni di Milano dal 18 febbraio al 2 marzo, è un eroe moderno tra smarthphone, spot pubblicitari e... madrigali. Il grande classico della prosa francese, che ebbe la sua prima rappresentazione el 1668 a Parigi, torna rivisitato e riadattato in chiave contemporanea nella ardita e coraggiosa regia di Luigi Saravo. Lo spettacolo, già in tournée da una intera stagione con grande riscontro del pubblico, si concentra su un tema centrale, cui tutti gli altri si riconnettono: il danaro.
© Federico Pitto
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E attorno ad esso, alla sua conservazione, il suo sperpero, il gioco d'azzardo, l'acquisto di beni e il loro degrado, che porta all'acquisto di nuovi beni, i prestiti, gli interessi e i rapporti di potere, che dal danaro discendono, Saravo ha (ri)costruito l'impalcatura della pièce di Molière per offrire al pubblico uno spettacolo in cui commedia e tragedia convivono al punto che, come spiega lo stesso regista "anche quando i protagonisti sul palco si disperano e piangono... il pubblico ride".
Ma la vera "rivoluzione" di questo spettacolo è nella sua coraggiosa ambientazione contemporanea. Saravo cala i personaggi dell'opera di Molière in una dimensione, che rimanda al nostro quotidiano, giostrando riferimenti temporali diversi, dagli smartphone agli abiti anni Settanta, fino agli spot, che tormentano Arpagone inducendolo nella tentazione di spendere il suo amato denaro nell'acquisto di beni di vario genere offerti con finanziamenti vantaggiosi e riproposti nello spettacolo sotto forma di madrigali cantati da un coro di voci bianche.
Nella sua ostinata "avarizia", che lo porta non consumare, non sprecare, non spendere, Arpagone si trasforma così, come spiega il regista, in una sorta di "eroe, che sebbene non mosso da una spinta ideologica, è senz'altro, in opposizione, con la sua attitudine, all'economia capitalistica novecentesca e più in linea con la visione conservativa". Nella nostra contemporaneità orientata al consumo, definita dalla necessità di far circolare il danaro inseguendo una crescita economica infinita, il gesto conservativo e immobilista di Arpagone, dal punto di vista finanziario, suona quindi come sovversivo.
Intorno a lui, continua Saravo, "si muovono gli altri personaggi, apparentemente vittime della sua tirannia, ma, in realtà, figure votate a ideali ben riconoscibili in questo slittamento di contesto. Queste figure lamentano la loro prigionia, la loro sottomissione forzata alle volontà di Arpagone, ma in realtà sono sottomesse soprattutto al vincolo economico che le lega a lui, potenzialmente capaci di sottrarsi a quella tirannia abbandonando la casa e gli averi promessi da eredità e salari".
Alla luce di tutto ciò il conflitto tra Arpagone e il suo entourage, è quindi quello tra due visioni economiche: una consumistica e una, relativamente nuova, conservativa, che si oppone al consumo e si orienta alla conservazione dei beni, al loro riutilizzo, al loro scambio e, infine, alla protezione di essi, primi tra tutti quei beni definiti come “beni naturali”. Niente di più contemporaneo..
A fianco di Ugo Dighero, attore, come lo definisce Saravo "promiscuo", in grado cioè di sostenere parti sia comiche sia drammatiche, un'altra attrice promiscua, Mariangeles Torres, impegnata in un doppio ruolo, ovvero Freccia, il servitore che sottrae la cassetta di denaro di Arpagone, e la domestica / mezzana Frosina, ovvero i due personaggi che muovono l’azione, scatenando l’irresistibile gioco degli equivoci, sino al ribaltamento di tutte le carte in tavola. Con loro sul palco anche Fabio Barone, Stefano Dilauro, Cristian Giammarini, Paolo Li Volsi, Carlina Leporetti, Rebecca Redaelli e lo stesso regista, Luigi Saravo, che si è ritagliato una minuscola parte da... supervisore.