La compagnia VicoQuartoMazzini porta in scena (in tutta Italia) il romanzo premio Strega di Nicola Lagioia
di Roberto Ciarapica© Ufficio stampa
In una calda notte del profondo Sud d’Italia (e dell’essere umano), nella Puglia garganica, una giovane donna viene ritrovata morta, nuda e ricoperta di sangue, sulla provinciale che collega Bari a Taranto. Si chiama Clara ed è la primogenita della più influente famiglia di costruttori locali. Per tutti è un suicidio. Ma è davvero così?
Con un compatto e potente cast di attori, la compagnia VicoQuartoMazzini, fondata da Michele Altamura e Gabriele Paolocà (che sono anche registi e personaggi nello spettacolo), porta in giro per tutta l’Italia (dall’8 al 13 aprile è al teatro Elfo Puccini di Milano) “La ferocia”, tratto dall’omonimo romanzo (premio Strega 2015) di Nicola Lagioia, scrittore, giornalista, cittadino e profondo conoscitore del Sud. Che nel romanzo e nello spettacolo teatrale fa da terreno fertile a questa storia seminata nella putrida palude di un’umanità selvaggia. Nella Ferocia il giallo della morte di Clara è solo un “pretesto” per scavare sotto le fondamenta marce della famiglia Salvemini, che nasconde segreti profondi, eppure pronti a venire a galla.
Il padre padrone, Vittorio, si è fatto da solo, ha costruito un impero di cemento lungo le coste pugliesi ma anche altrove: sui suoi cantieri - da Bari a Phuket - non tramonta mai il sole, è lui il “capomastro” di un progetto di arricchimento basato sulla prevaricazione e sulla corruzione. Un sistema in equilibrio precario che la morte della figlia Clara manda in frantumi, insieme all’architrave della famiglia-azienda, che si regge su basi patriarcali ma in cui spicca, anche, la figura di Annamaria (interpretata da Francesca Mazza: strepitosa!), unica donna della storia, circondata da maschi predatori, eppure capace, anche lei, di una ferocia primordiale.
Il piccolo mondo antico (e al tempo stesso contemporaneo) descritto da Lagioia e messo in scena da VicoQuartoMazzini è sostanzialmente un ecosistema in cui la grande protagonista è la feroce legge della natura. “Una coccinella - racconta Michele, figlio di Vittorio Salvemini, concepito al di fuori del matrimonio, unico personaggio puro nella giungla di famiglia - arriva a divorare anche cento afidi al giorno, e lo fa con una voracità, con un freddo e convulsivo movimento mascellare che in scala grande risulterebbe insostenibile per la sensibilità degli uomini”.
La ferocia è un bestiario che racconta della nostra incapacità di sopprimere l’istinto di prevaricazione e del nostro essere perennemente incatenati, appunto, alle leggi della natura. “Secondo alcuni - scrive Lagioia nel suo romanzo - la disciplina che meglio spiega il nuovo secolo è l’etologia. Metti una volpe affamata davanti a un branco di conigli e li vedrai correre. Corri in una piazza piena di colombi e li vedrai volare. Trovami un colombo che non vola”.