Esce il nuovo album della popstar. Un lavoro ricco di influenze diverse, momenti intimi e sperimentazioni ardite
di Massimo Longoni© ufficio-stampa
Voci filtrate, beat sintetici, atmosfere esotiche, ritmi latini e caraibici, inserti di musica classica. E' solo un piccolo campionario degli elementi che compongono "Madame X", l'atteso nuovo album di Madonna, ora disponibile nei negozi e in streaming. Un album che non ha paura di osare e sperimentare soluzioni inedite, discontinuo ma non per questo meno apprezzabile nel suo coraggio.
I singoli apripista non hanno che mostrato una piccola parte delle numerose facce di questo lavoro che arriva a quattro anni di distanza dal non imprescindibile "Rebel Heart". Un album che ha richiesto più di un anno di lavoro dai primi annunci, con il fondamentale apporto del produttore francese Mirwais (già con lei in "Music" e "American Life"), completato dai contributi di Diplo, Mike Dean, Billboard e Jason Evigan.
In "Madame X", esattamente come il personaggio che la popstar incarna, anticipato da una serie di video su Instagram, niente è univoco. Tutto è in continuo cambiamento pronto a sorprendere. Paradigamatica da questo punto di vista è "Dark Ballet", seconda canzone dell'album dopo l'apertura affidata alla più classica (nella struttura) "Medellin", ampiamente metabolizzata come primo singolo: si parte con quella che sembra una ballad piano e voce, che improvvisamente si imppenna in un assolo di pianoforte dagli accenti classici e che trasmuta in una versione robotica, passata al vocoder, del "Lo schiaccianoci" di Tchaikovsky. In "God Control", filtro della voce a parte, si ritrova la Madonna più classica, perfettamente a proprio agio nella parte "disco" di un brano che comunque inizia con tutt'altro paesaggio sonoro.
"Madame X" è figlio del cambio di vita di Madonna, trasferitasi a Lisbona dal 2017. Nella città portogoghese ha avuto la possibilità di entrare in contatto con artisti di varie culture, e proprio dall'idea di far confluire tutte queste in un nuovo progetto è nata la scintilla che ha dato il La a questo album. Un disco che ha lampi di luce ma è permeato di malinconia e atmosfere notturne. Non deve stupire quindi il trovare tracce di reggaeton colombiano, ritmi giamaicani, batuque capoverdiano ("Batuka"), morna sempre di Capo Verde ("Killers Who Are Partying"). Ma anche, spostandosi verso l'altra parte del mondo con un doppio carpiato, suoni indiani che portano direttamente a Bollywood ("Estreme Occident"). Non mancano soddisfazioni per i fan storici, perché accanto all'esotismo e alla sperimentazione si trovano tracce della Madonna del tempo che fu, come in "I Don't Search I Find", con atmosfere e beat che portano direttamente a "Vogue".
Dopo l'ascolto rimangono aperti alcuni interrogativi. A partire dalla scelta dei singoli, non certo il meglio lavoro. Ma d'altro canto tra i pezzi più fascinosi c'è "Extreme Occident", un cui estratto faceva da base al primo video promo postato su Instagram. Insomma all'apparenza uno dei pezzi chiave eppure escluso dalla versione standard e presente solo in quella deluxe. Scelta difficile da decifrare se non nell'ottica di spingere all'acquisto della versione estesa dell'album. Soprattutto se si pensa invece a un pezzo come "Bitch I'm Loca", che nel titolo fa il verso a "Bitch I'm Madonna" del precedente lavoro, zavorrato da un testo non esattamente illuminato e non certo imprescindibile. Dettagli nel contesto di un album che lascia finalmente da parte certe voglie di giovanilismo per osare su terreni inconsueti e con soluzioni che fanno di tutto per evitare il deja-vu. Lo fa in maniera libera, al punto da sembrare a tratti caotica, ma non per questo priva di logica. E lo spingersi spesso al limite del kitsch (qualche volta superandolo) è un rischio calcolato: in fondo chi l'ha detto che questo sia un male?