EVENTO A L'AQUILA

Manuel Agnelli: "Una giornata di festa per cercare di togliere le briglie alla cultura"

Torna per il secondo anno l'evento "Hai paura del buio?". Il 4 ottobre a L'Aquila oltre venti performance tra musica, danza e teatro con artisti come Piero Pelù, Antonio Rezza e Ghemon

29 Set 2014 - 11:56
 © ansa

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Il 4 ottobre la cultura e la musica italiana guardano alla città di L'Aquila. Si tiene infatti la seconda edizione del festival "Hai paura del buio?", questo in un'unica data e in una città simbolo come il capoluogo abruzzese ferito dal terremoto del 2009. "Ci sembrava giusto accedere i riflettori su quel posto - dice a Tgcom24 Manuel Agnelli, ideatore del festival -. E' un'occasione importante e ricca di significato".

Manuel Agnelli: "Una giornata di festa per cercare di togliere le briglie alla cultura"

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Il significato è prettamente simbolico, nel riportare momenti di socialità in una città colpita mortalmente dal sisma. Importante perché sarà una nuova occasione per fare musica ma anche per incontrarsi e discutere dei problemi che attanagliano il mondo della cultura. Grandi artisti coinvolti, dagli stessi Afterhours a Piero Pelù, oltre venti performance di musica, danza e teatro. L'avventura di "Hai paura del buio?" è partita l'anno scorso, divisa in tre tappe (Torino, Roma e Milano). "Dovevamo lanciare il festival è quindi abbiamo puntato sui posti dove era in qualche modo più facile attirare attenzione, ovvero le grandi città - spiega Agnelli -. Adesso, per la natura stessa di questo evento,che è un'occasione per parlare di svariati problemi legati al mondo musicale, credo sia giusto proseguire in luoghi rappresentativi come L'Aquila".

Un posto che anche per gli Afterhours ha un significato particolare...
Per noi rappresenta molto. Due anni fa abbiamo fatto come Afterhours il primo concerto del dopo terremoto. In quell'occasione ci siamo resi conto che il concerto per i ragazzi del posto non era semplicemente un momento di svago ma era il ritorno a una vita sociale che è stata azzerata. Essere in quel posto acquista un significato superiore.

E' stata dura organizzare una giornata come questa in luogo ancora profondamente segnato dal terremoto?
Sì. Con l'associazione culturale Keepon, che ci aiuta nell'organizzazione, stiamo facendo i salti mortali per superare le logiche difficoltà che si trovano in una situazione di quel genere. Intanto vogliamo che sia gratis, perché sarebbe stato assurdo chiedere il costo di un biglietto agli aquilani, è chiaro che questo comporta molti problemi e rischi da parte di chi organizza.

Il comune dell'Aquila vi ha appoggiato nell'impresa?
E' stato fondamentale. Ci ha dato e continua a darci una grossa mano, anche in questioni che possono sembrare minori ma che sono in realtà basilari, come l'ordine pubblico o i trasporti. Ma anche solo il patrocinio a livello di responsabilità legale è una cosa importante. Ed è un grosso esempio di quello che potrebbero fare le amministrazioni locali nell'ambito culturale e che spesso invece non fanno per pigrizia e poca volontà di investire.

Quello di quest'anno è un cast molto nutrito e vario. Avete avuto difficoltà a metterlo insieme?
In realtà si è costruito in maniera quasi naturale, anche per vasi comunicanti, grazie ai racconti positivi di chi vi aveva già partecipato. Alcuni personaggi li abbiamo cercati noi perché volevamo un festival interculturale, ma in realtà erano già disponibilissimi, non aspettavano altro. Piero Pelù per esempio era tanto che voleva fare qualcosa per L'Aquila. E tutti quelli che partecipano vengono gratis o al massimo per un rimborso spese minimo.

E' stato difficile trovare nel mondo della politica interlocutori attenti alla battaglia che state portando avanti?
Farsi ascoltare non è mai facile. L'anno scorso a Roma era venuto il ministro dei Beni Culturali Massimo Bray. Con lui eravamo riusciti a impostare un discorso costruttivo e concreto arrivando un disegno di legge sulla cultura con all'interno un emendamento sulla musica live. Questa cosa purtroppo è rallentata molto del cambio della guardia al ministero ma la rete di comunicazione tra musicisti e politici rimane.

Qual è il vostro obiettivo?
Vogliamo arrivare a presentare un disegno di legge completo che possa avere un po' di quelle caratteristiche che servono al nostro ambiente per rilanciarci. Mi riferisco allo snellimento burocratico, alle facilitazioni e gli incentivi, non tanto a livello economico ma normativo, per chi voglia aprire un'attività culturale. Senza contare la costituzione del musicista come figura professionale. Io sono etichettato come “imprenditore nell'ambito delle attività ricreative” e se voglio organizzare un concerto devono rifarmi alla regolamentazione del cantiere edile, che è assurdo. Negli ultimi anni è arrivata una mannaia di regole e controlli che ha provocato il soffocamento del sistema.

Credi che la cultura oltre che importante possa essere anche un'occasione di rilancio del Paese?
Ultimamente la cultura è stata messa in opposizione ai risultati economici e non è così. Si è parlato di recente dei 100 milioni di euro guadagnati l'estate scorsa a Milano con i concerti. Sono una briciolina rispetto a quello che potrebbe avvenire se gli operatori del settore non avessero le mani legate. I grandi eventi vanno bene ma non bisogna imbrigliare la cultura che viene dal basso, quella dei quartieri: se lasciata crescere potrebbe produrre grosse economie.

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