Il musicista e cantautore siracusano con il secondo album "Pezzi della sera" ha intrapreso un percorso da indipendente. Tgcom24 lo ha intervistato
di Massimo Longoni© Ufficio stampa
Si possono unire musica colta, cantautorato e una forte vena di ironia? Certamente sì. E' proprio questa la formula che ha fatto la fortuna del musicista e cantautore siracusano Marco Castello. Dopo essersi fatto apprezzare in Italia e all'estero con l'album di esordio "Contenta tu", ha confermato tutte le qualità messe in mostra con il secondo lavoro "Pezzi della sera", uscito nell'autunno 2023 e che è anche coinciso con l'inizio del suo percorso da indipendente con l'etichetta "Megghiu suli".
Sin dall'inizio le doti di Marco Castello sono apparse chiaramente, tanto da imbastire collaborazioni con Erlend Øye & La Comitiva, Nu Genea, Fulminacci, Mace, Colapesce Dimartino. Particolarmente affezionato alle sonorità e al cantautorato italiano degli anni 70, Castello ricerca minuziosamente la naturalezza degli strumenti che suona, riducendo al massimo l’uso di effetti e post produzioni. C'è poi il suo linguaggio a fare la differenza: ironico e perennemente sedotto dal contrasto tra bellezze e squallori del contemporaneo, che coesistono alternandosi nel racconto dissacrante di un provincialismo universale.
Tu hai studiato tromba jazz, dopodiché hai mischiato la tua formazione accademica con le tue inclinazioni verso il cantautorato e altri mondi musicali. Come si combinano questi diversi mondi?
Premetto che secondo me non esiste differenza tra preparazione accademica e no. Per me la musica è qualcosa che è ben fatta oppure no. Avere delle competenze accademiche offre dei mezzi per comprendere quali possono essere degli escamotage in più per rendere una cosa più interessante. Non ero molto motivato per intraprendere una carriera da trombettista, perché al di là delle orchestre classiche, è molto difficile riuscire a farlo. È molto difficile di camparci, in più la esperienza con l'ambiente jazz a Milano non è stata dei più stimolanti. E quindi ho deciso di tornare giù a Siracusa.
E a quel punto hai preso un'altra direzione...
Diciamo che i miei ascolti sono sempre stati molto variegati e quindi un po' per gioco, un po' per parodia all'indie italiano ho cominciato a scrivere anche i miei testi delle canzoni proprio sulla falsariga di quelle che per me erano le banalità e un po' i motivi tutti uguali di quel genere e ha funzionato.
Ma tu quando hai iniziato a studiare tromba jazz invece che tipo di futuro ti prefiguravi?
La mia ambizione era quella di diventare un trombettista grandioso in tutto il mondo. Poi ti rendi conto che quei livelli si raggiungono a malapena anche quando studi otto ore al giorno, io facevo un'ora, quindi a un certo punto ho capito che non era la mia strada.
In compenso hai trovato un altro tipo di strada che ha incontrato il favore del pubblico e ti sta dando delle soddisfazioni. La vena ironica che percorre i testi è una lente attraverso la quale guardare il mondo per te?
Per me chi è giustificato a prendersi sul serio nella musica, e chi, ripeto, si fa il mazzo per ore e ore e ore a giorno, quindi io lì giustifico una serietà. Per ciò che mi riguarda le canzonette del pop non hanno nulla a che fare con questo tipo di impegno e di serietà, per cui essere ironici nei testi è l'unica difesa che ho per non sentirmi irrispettoso quando qualcuno mi dice 'ah tu sei un polistrumentista!'. Assolutamente no: i musicisti, gli strumentisti che sono veramente virtuosi, sono nomi di cui non sappiamo neppure l'esistenza ed è proprio il motivo per cui io faccio questo lavoro cercando di prendermi il meno sul serio possibile. So qual è la leggerezza della musica pop rispetto alla serietà e all'enormità della musica cosiddetta accademica.
E' curiosa l'associazione fra i pezzi, cioè le canzoni, e i pezzi di rosticceria, sia dolci che salati. Un modo per metaforizzare i diversi sapori che ci sono all'interno del disco.
Sì, esatto, anche perché quello di distinguere lato A e lato B in pezzi dolci e salati era già un'idea che avrei voluto fare per il disco precedente, che però è arrivata troppo tardi. In più, durante le sessioni di registrazione a Berlino, quando riascoltavamo tutte le take, la notte, dopo essere ritornati da una giornata passata in studio, ci accorgevamo che le take meglio riuscite erano quelle fatte di sera e quindi il bassista ha detto a un certo punto "sono proprio i pezzi della sera". Un titolo perfetto.
Come mai avete deciso di registrare l'album a Berlino?
L'album è stato realizzato a Berlino perché siamo stati nello stesso studio in cui avevamo registrato anche il primo album che era stato fatto in questo studio a Berlino perché è lo studio della mia etichetta precedente Bubbles Records che è l'etichetta di Erlend Øye e di Mace con cui ho prodotto il primo album. Quindi anche se poi nel frattempo io non ho più lavorato né con queste etichette né con altre, ho comunque deciso di andare nello stesso studio in cui l'avevo registrato il primo perché ci era piaciuto, era molto accogliente, ci sentivamo a casa.
Hai accennato al fatto che il primo disco l'hai pubblicato con la Bubbles Records mentre adesso hai affrontato una via di indipendente fondando una tua etichetta e proponendoti con quella. Come è la vita da artista indipendente nel 2024?
Al momento meravigliosa ma non ho ancora ben chiaro quello che mi aspetta. Ho sempre sofferto molto il fatto che le etichette mi frenassero con le loro priorità e i loro tempi, con il risultato che il primo disco era stato registrato nel 2018 per uscire nel 2021 e io sono stato tre anni sostanzialmente a non fare nulla. Dopo che è uscito il primo disco non ero più con Bubbles, ma con 42records, non mi sentivo adeguatamente considerato, valorizzato e soprattutto mi rendevo conto che anche a livello di proprietà delle cose che facevo alla fine succedeva che l'etichetta si prendeva la mia musica per non darmi niente in cambio sostanzialmente senza neanche avermi ma proposto un contratto,
Per questo hai deciso di rompere e fare da solo?
A un certo punto tra varie vicissitudini ho deciso di registrare il disco per i fatti miei e a spese mie provando poi all'inizio, intenzionato a proporglielo già fatto di modo che loro non potessero avanzare pretese sulla proprietà dei master ma quella che all'inizio doveva essere una proposta di coproduzione e diventata di fatto una questione di distribuzione e basta e quindi ho preferito staccarmi del tutto.
E come sono stati primi passi da indipendente?
Anche la decisione di uscire prima col vinile finora ha pagato e abbiamo venduto le prime 500 copie in meno di una settimana dall'uscita. Siamo usciti prima col vinile e dopo due mesi nel digitale, una scelta che una etichetta non ti farebbe mai fare. Tant'è che questo disco sta andando di gran lunga molto meglio del precedente in cui c'erano non una ma due etichette. Al momento sono estremamente soddisfatto della scelta che ho fatto ormai a marzo 2023, la rifarei a occhi chiusi.
E per l'ambito live come ti gestisci?
Ho rotto i rapporti anche col vecchio booking, ero alla ricerca di altre agenzie e tutte mi hanno detto era impossibile e ormai era tardi. Allora mi sono organizzato da solo facendo sold out tutte le date e ora gli stessi che prima mi avevano detto che era impossibile e che mi avevano chiuso le porte adesso sono tutti in fila a dirmi se facciamo qualcosa per il 2024 facciamo qualcosa quindi io ho rotato per questo tour una squadra, a parte la band con cui suono che abbiamo allargato per l'occasione ho fatto tutto da solo quando Luigi Orofino, un membro de La Comitiva, con il progetto che abbiamo con Erlend Øye. Abbiamo richieste per il 2024, semplicemente devo capire con quale forma li andremo ad affrontare, se è da indipendenti o con un nuovo booking, però assolutamente sì, diciamo che già ci hanno contattato i festival più appetitosi. E a tal proposito posso dire che suonerò al Locus il 13 agosto.