L'INTERVISTA

Marianne Mirage, un tour nel segno dell'emozione: "Portate i fazzoletti e lasciatevi andare"

La cantautrice sarà protagoniste di cinque date in cui presenterà le canzoni del nuovo album "Teatro". Tgcom24 l'ha intervistata

di Massimo Longoni
22 Mar 2025 - 09:25
 © Leonardo Vecci Innocenti

© Leonardo Vecci Innocenti

Marianne Mirage torna dal vivo per le prime date del tour dedicato al suo nuovo album di inediti, "Teatro", pubblicato lo scorso 17 gennaio. Si parte il 23 marzo dal Teatro Garbatella di Roma. Sul palco con lei ci saranno Marquis alle tastiere, organi, sintetizzatori, drum machine e percussioni, Giovanni Doneda al basso, Pietro Gregori alla batteria e Martina Campi ai fiati e triangolo. Al momento sono previste cinque date su e giù per l'Italia. 

Ogni brano si trasforma in un’esperienza intensa e tangibile, fondendo realtà e immaginazione in un gioco raffinato di tempo, spazio e identità, capace di stimolare riflessione e cambiamento: con “Teatro”, Marianne Mirage crea una dimensione rituale, una comunità temporanea dove le tensioni emotive si dissolvono in un sollievo condiviso. Un’esperienza unica, capace di rimanere impressa come legame silenzioso tra l’artista e il suo pubblico.

Marianne Mirage in tour con le canzoni di "Teatro"

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© Leonardo Vecci Innocenti
© Leonardo Vecci Innocenti
© Leonardo Vecci Innocenti

© Leonardo Vecci Innocenti

© Leonardo Vecci Innocenti

Che tipo di concerto hai preparato?

Per chi ha già ascoltato, digerito il disco, non ci sarà nulla di nuovo rispetto al disco. Perché il disco è stato tutto suonato, è già colmo di musica e quindi quello che andremo a suonare sul palco è esattamente il disco. Forse qualcosa in più, ovviamente, perché poi quando sei live il concerto è sempre imprevedibile. E avremo una band, quindi quello che si sente nel disco è esattamente quello che ci sarà. (1:45) Quindi non saremo un plug, ci sarà batteria, fiati, quindi sarà molto caldo come concerto. Io userò la mia chitarra, sempre, è l'arma con la quale mi difendo meglio.

Una compagna inseparabile...

Esatto, una compagna di merende... Tutte le canzoni sono state scritte chitarra e voce.

Hai in mente qualche sorpresa?

Ce ne saranno alcune. Tra l'altro a ogni tappa ci sarà un ospite, a partire da quella di Roma. Non posso dire chi è, solo che è una donna e sono contentissima di averla sul palco con me. Per il resto quello che voglio dire alle persone che vengono a sentirmi è portate i fazzoletti! Perché la cosa bella di stare a teatro è che si spengono le luci e non si vede, quindi ci si può lasciare andare a dei pianti infiniti senza dover chiedere scusa a nessuno. Perciò i fazzoletti sono importanti. Da parte mia porterò il pennarello per firmare i vinili. Insomma, ci sarà un'atmosfera di famiglia.

Uno show emotivamente importante?

Per me la cosa veramente bella del teatro è la catarsi che si crea proprio in quel luogo, l'unico luogo dove sei al buio in contatto con te stesso. È un po' tornare nell'utero, all'inizio della vita. E l'arte fa queste magie: ci riporta un po' a quando tutto è iniziato. Infatti quando mi dicono Marianne mi hai fatto piangere, io dico bene, ho fatto il mio lavoro.

A gennaio è uscito il tuo nuovo album "Teatro", arrivato quattro anni dopo un lavoro strumentale e molto particolare come "Mirage". Come si inserisce in quel percorso di maturazione artistica e spirituale?

"Mirage" è stato un esperimento del quale io avevo bisogno per crescere musicalmente. Noi artisti siamo sempre un po' fermi in un concetto di vendita, di posizionamento, di performance, di riuscire ad andare per forza in radio o per forza in classifica. Avevo bisogno invece di "Mirage", dove la prima canzone durava 14 minuti e diceva "no, la musica non può essere solo quello, non posso accontentarmi di questo". Era per me una crescita necessaria.

E questa crescita ha dato i suoi frutti in "Teatro"?

Sì. In questo disco viene fuori la musica, vengono fuori le parole e la scrittura delle canzoni. Prima di tutto ci sono le canzoni, la dove in "Mirage" c'era il suono perché avevo conosciuto Marquis (suo produttore - ndr) e abbiamo sperimentato il suono. Invece in questo album il suono, che sempre viene portato benissimo da Marquis, è al servizio delle canzoni. Questa volta sono tornata alle canzoni, dove i testi sono importantissimi, ma c'era bisogno di quel vuoto di canzoni perché se non crei un vuoto non puoi riempirlo con niente. 

Cosa hai messo in queste canzoni?

Dentro questi testi c'è la consapevolezza e la consapevolezza richiede tempo, lavoro e sforzo. Tutte parole che in questo nostro tempo sembrano fuori luogo. Noi vorremmo tutto, subito, velocemente. Sento che tutto questo tempo che io ho passato a ricercare piano piano si sta formando. E quindi questo disco rappresenta tutta quella mia consapevolezza e grande crescita di duro lavoro. (7:03) Non mi vergogno a dire che è un lavoro infinito, sfiancante. Però mi piace, altrimenti sarei andate a fare un altro lavoro.

Nel panorama musicale italiano di oggi hai scelto una via non semplicissima. Per seguire le tue necessità di crescita artistica magari hai derogato a certe regole che oggi sembrano essere invece ineludibili...

Posso dirti la verità? Tutti quelli che considero i miei padri e le mie madri musicali non hanno mai avuto una vita artistica facile. Le loro scelte sono sempre state scelte coraggiose e in contrasto con la moda del tempo. Mi riferisco, per esempio, a Nina Simone che voleva fare la pianista classica ma era nera e quindi non glielo fecero mai fare. Per questo decise di scrivere delle canzoni che potevano contenere anche alcuni suoi amori come Debussy. Quindi una lotta, la stessa lotta per esempio che c'è in Bob Dylan quando fa uscire un disco di musica rock in un festival di musica folk e dice questa è la musica del futuro signori adattatevi! Quindi insomma, secondo me l'artista ha un compito importante che è svegliare le coscienze, rimescolare le carte, muovere l'aria per portare ossigeno. E quindi sarà sempre in contrasto con quello che è la moda comune.

Nella nostra epoca c'è veramente tantissima carne al fuoco e un po' tutto si perde in un effetto marmellata. Qual è il modo giusto per un'artista per attirare l'attenzione e riuscire a risvegliare le coscienze?

La soglia di attenzione è ridotta al minimo per le persone, ma sono persone presenti, sono persone che hanno bisogno di sentirsi emotivamente scosse, motivate, presenti. Io non sono una disfattista e penso che in realtà non siamo così lobotomizzati, penso semplicemente che dovremmo sprecare di più le nostre energie nel modo migliore. Su TikTok vado fortissimo perché metto sempre mio papà che ha 85 anni e io gli canto le canzoni. Tutto va virale perché alla gente piace vedere la verità, l'emotività e allora in questo non c'è nessuna lobotomia. A volte c'è bisogno invece per l'artista, quello che sto facendo io, semplicemente andare ancora più dentro a chi sono io, con le emozioni, con la scrittura, perché più io mi guardo dentro più riuscirò a essere chiara anche sui sentimenti delle persone. 

Non ti spaventa l'intelligenza artificiale?

Non ho paura che l'arte possa essere spodestata dall'intelligenza artificiale finché l'uomo parla di emozioni, perché questo la macchina non lo può fare e l'importante. Oggi vogliamo tutti ridere, vogliamo tutti dimenticarci le cose brutte e invece allo stesso tempo le persone si sentono più vicine quando si parla di emozioni, perché è come se parassimo tutti la stessa lingua ed è qualcosa che l'intelligenza artificiale non ci potrà mai insegnare. Il mio mestiere è fare emozionare ed è una cosa che le macchine non fanno. 

Nel disco fra le altre cose si parla anche della forza, dell'elemento femminile. Per te che cosa significa essere cantautrice oggi?

Ce lo stiamo chiedendo un po' tutte noi cantautrici. Penso proprio a tutte quelle che conosco, che sono belle e tante. Ci manca solo che il mondo apra gli occhi e dica: "ah sì, è vero! Ce ne sono tante di cantautrici!". Noi lo sappiamo che esistiamo, è importante che anche gli altri inizino ad accorgersene. Questo è un retaggio che noi ci portiamo avanti di sbaglio che parte da lontanissimo. Penso per esempio a quei film degli anni 60 dove due fanno l'amore e lei sta ferma e guarda in un angolo con gli occhi da cernia. Questo era un modo sbagliatissimo di parlare del sesso, dell'atto sessuale, dove la donna era un po' succube della cosa. E negli anni 60 questa cosa qui ha fatto molto male a generazioni. Oviamente quando parliamo di libertà sessuale la donna ha il diritto di piacere e di godere allo stesso momento. Ecco per me il cantautorato è la stessa identica cosa. 

Le date del tour di Marianne Mirage

23/03 Roma – Teatro Garbatella

29/03 Cesena – Spazio Marte

04/04 Biella – Circolo Sociale Biellese

09/04 Milano – Teatro Spazio 89

25/04 Barcellona – Libreria Byron

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