La band inglese ha appena pubblicato l'album "With Friends From The Orchestra", dove ha rivisitato alcuni brani del suo repertorio. Il 12 e il 13 dicembre sarà in concerto a Roma e Padova. Tgcom24 ne ha parlato con il cantante Steve Hogarth
di Massimo Longoni© Anne Marie Forker
Sono stati gli alfieri del neoprog negli anni 80, per poi veleggiare verso orizzonti decisamente più ampii. Nel 2019 i Marillion festeggiano 40 anni di carriera e lo fanno con un album, "With Friends From The Orchestra", in cui rileggono alcuni dei loro brani. Ora arrivano in Italia per due concerti, all'Auditorium di Roma il 12 dicembre e al Gran Teatro Geox di Padova il 13. "Cerchiamo sempre strade musicali nuove" dice Steve Hogarth a Tgcom24.
Ad arricchire le proprie canzoni con un'aggiunta orchestrale il gruppo ci aveva già pensato nel 2017, portando in tour il quartetto d'archi In Praise of Folly per alcune date britanniche, il cui apice, il concerto alla Royal Albert Hall, era stato immortalato nel live "All One Tonight". Ma una volta fatta la bocca hanno voluto gustare meglio questi sapori inediti. "In realtà per la genesi di questo progetto dobbiamo andare ancora un po' più indietro, alla mia collaborazione con la band svedese Isildurs Bone per il loro album intitolato "Colours Not Found In Nature" - spiega Hogarth -. Sono andato in Svezia e ho fatto uno show con loro. Sono un gruppo molto interessante e usavano molti strumenti classici come fiati e un quartetto d'archi. È stato in quell'occasione che ho conosciuto Nicole Miller. Lei suonava il violino nel quartetto e abbiamo avuto modo parlare. Mi disse che stava lavorando con un altro quartetto d'archi, per l'appunto gli In Praise of Folly, e se avessimo voluto sperimentare qualcosa sarebbe stato bello collaborare. E così abbiamo fatto".
Come mai dopo quelle date live avete pensato di realizzare un disco con questa formazione?
Il tour era stato bellissimo ma era un po' frustrante l'idea che non avessimo registrato quelle versioni delle canzoni. Così circa un anno dopo siamo entrati in studio per lavorare su alcuni brani del nostro catalogo, rifacendole con il quartetto e con altri musicisti:, Sam Morris che suona il corno francese e Emma Halnan il flauto.. È stato lì che è nata l'idea dell'album "With Friends From Orchestra".
Dal vivo le parti orchestrali riguardano tutti i brani o solo quelli che avete realizzato per il disco?
Tutto lo show è realizzato con l’orchestra. Il nostro produttore Michael Hunter si è occupato degli arrangiamenti, li ha arricchiti. Lui ha un rapporto profondo con la nostra musica, è stato coinvolto nella scrittura dei nostri ultimi tre album. E dal momento che ci conosce così bene ha saputo perfettamente dove andare a modificare i brani in modo che l'inserimento delle parti orchestrali fosse organico e non soltanto una sovrapposizione al brano originale.
E' interessante il fatto che non abbiate scelto i successi più importanti della vostra carriera ma canzoni di culto per i fan, come "Ocean Cloud", o brani minori, come "A Collection", che era addirittura una b-side. Come mai?
Abbiamo scelto i brani che pensavamo fossero più adatti a questo tipo di arrangiamento e non quelli più famosi. A proposito di "A Collection", credo sia stata una proposta di Mark Kelly (il tastierista - ndr). Sono convinto sia una gemma da riscoprire, tanto che all'epoca, nel 1991, anche se era una b-side la suonavamo in concerto. Ma d'altronde noi non siamo una band che ha mai badato troppo all'aspetto commerciale...
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Cosa che vi è costata anche qualche momento difficile...
Sì, se fossimo stati interessati a quell'aspetto avremmo scritto qualche pezzo ruffiano in più nel corso degli anni. Ma noi preferiamo concentrarci sulla qualità della musica e sulla sua spontaneità. Siamo stati fortunati a trovare il modo di cavarcela anche con questo approccio, perché molti artisti devono essere sempre attenti all'aspetto commerciale o perché vogliono fare più soldi o perché vogliono avere sempre più successo. Noi fortunamente ci siamo creati questa bolla in cui possiamo permetterci di guardare solo all'aspetto artistico.
Quest'anno la band compie 40 anni, ma è anche il trentennale di "Season's End", il primo album pubblicato con te alla voce dopo l'abbandono di Fish. Guardandoti indietro cosa è cambiato di più da quei giorni?
Credo che quando sono entrato nel gruppo i Marillion stessero ancora cercando una loro fisionomia definitiva. Tutti i gruppi quando iniziano sono influenzati fortemente da quelli che sono i loro modelli di riferimenti, e i Marillion, in particolar modo nei primi due album, avevano forti agganci con i Genesis. Avevano iniziato a cambiare il loro sound giusto con "Clutching At Straws", l'ultimo album pubblicato con Fish nel 1987. Senza essere irrispettoso, credo che la musica che suonavano prima che io entrassi nel gruppo fosse quella che a loro veniva più facile. C'erano cose bellissime ma il rischio era quello di fossilizzarsi, di andare avanti con il pilota automatico e non guardare oltre.
Tu hai dato loro una spinta in avanti?
Con me è come se avessero inserito un elemento di ribellione in questa routine. Io sono stato quello che ha detto: "Ok siete bravissimi a fare queste cose, ma le hanno già fatte altri. Proviamo a inventare qualcosa di nuovo!". Io ho provato a spingere il gruppo fuori dalla propria comfort zone.
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E' stato difficile?
Ha comportato i suoi rischi. Ma ogni album che abbiamo pubblicato in tutti questi anni è stato un passo avanti in un continuo processo di evoluzione che andava di pari passo con l'essere sempre più a proprio agio nello sperimentare. E' ovvio che il muoversi in questo modo può scontrarsi con lo scontento di alcuni fan che ti rimproverano di non fare più ciò che a loro piaceva. E infatti nel corso degli anni abbiamo perso tanti fan. Ma ne abbiamo anche guadagnati altri che non amavano i Marillion degli esordi. Senza contare che nell'arco di così tanti anni abbiamo visto cambiare il nostro pubblico insieme a noi.
In cosa è cambiato?
Il pubblico si è abituato all'idea che non siamo il tipo di band che rimane fossilizzata sui propri successi e sul proprio passato. La gente ha capito che con noi non puoi sapere prima cosa aspettarti e, anzi, ci apprezza per questo. Tanto che da anni, quando pubblichiamo un nuovo album, siamo soliti lanciare delle campagne online dove lo si può comprare in anticipo, in cambio di un'edizione di lusso, e i fan che lo acquistano al buio, senza sapere cosa conterrà, sono sempre tantissimi. Hanno fiducia in noi, si è creato un rapporto unico con i fan.
E' un grosso credito di fiducia quello che vi viene accordato ogni volta. Sentite la responsabilità?
Il modo migliore per ripagarlo è essere noi stessi. Nel corso degli anni ci siamo sentiti sempre più liberi e questa è una grande fortuna. Possiamo creare soltanto seguendo il nostro istinto, senza pensare al mercato o a quello che vorrebbero i fan o a quello che abbiamo fatto prima.
Hai detto che all'inizio di una carriera per una band è normale guardare ai propri modelli. Dopo 40 anni, al momento di scrivere nuova musica siete ancora influenzati da ciò che ascoltate?
Ognuno di noi ha interessi musicali propri e spesso molto diversi. Ma non li portiamo dentro il gruppo. Anche perché il nostro modo di comporre è abbastanza inusuale. Noi ci incontriamo in studio e suoniamo improvvisando quello che ci viene sul momento. Facciamo questo per mesi registrando tutto. Alla fine il nostro produttore, Mike, prende tutto questo materiale e scova le cose più interessanti, magari mettendo insieme spunti che sono emersi uno a mesi di distanza dall'altro. Dopodiché ci lavoriamo sopra In questo modo le canzoni non nascono mai a tavolino, quello che cerchiamo è uno spunto che sia fortuito e brillante.
Vi mettete al riparo in qualche modo dal ripetervi?
E' un modo molto lungo e laborioso di scrivere canzoni ma ci aiuta a mantenerle fresche e ci mette al riparo dal rifugiarci in quel mondo autoreferenziale dove tendi a ripetere gli stessi schemi. Noi vogliamo essere sorpresi di continuo, non vogliamo essere rassicurati.
L'ultimo album di inediti, "F.E.A.R." risale al 2015. Al momento state lavorando su materiale nuovo?
In effetti è passato molto tempo ma siamo stati a lungo in tour. La scorsa estate abbiamo iniziato a suonare in studio ma poi siamo partiti per questa nuova serie di concerti. Quindi al momento abbiamo gli hard disk pieni di registrazioni sulle quali ancora non abbiamo iniziato a lavorare. Quindi ne riparleremo almeno per l'anno prossimo.
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