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Nek: "Torno all'essenziale, oggi sono più Filippo che Nek"

Il cantante presenta a Tgcom24 il nuovo album di inediti "Il mio gioco preferito" che esce il 10 maggio

di Santo Pirrotta
10 Mag 2019 - 12:23
 © ufficio-stampa

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"Il mio gioco preferito" di Nek è un disco vario, con tanto pop, che punta all'essenziale. L'album arriva a tre mesi dalla partecipazione a Sanremo con "Mi farò trovare pronto" e segna una sorta di "passo indietro" musicale, meno elettronico e più vero, che corrisponde al momento che sta vivendo: "Oggi sono più Filippo che Nek, più uomo che persona", racconta a Tgcom24. Il cantante sarà all'Arena di Verona il 22 settembre e a novembre partirà il tour europeo.

Come nasce questo album così vario?
Ho iniziato a scrivere due anni fa, è più essenziale rispetto al disco precedente, ho voluto fosse un disco vario, fondamentalmente pop ma che ogni tanto diventasse ibrido. C'è un pezzo quasi tutto acustico come "Cosa ci ha fatto l'amore", o 'Alza la radio' che utilizza il sint un po' alla Battisti. Ho cercato di rendere vario il suono dell'album.

Musicalmente dove stai andando? 
Sto tornando tra virgolette indietro proponendo l'essenzialità. In corso d'opera ho sentito di dover fare questa scelta. Unici era di stampo elettronico, stavolta ho cambiato registro. Meno suoni e riumanizzati, con le chitarre vere. Ho sempre bisogno di stimoli attraverso piccoli colori che vado a prenderli nel rock, come anche nella musica classica...

Questo bisogno di essenzialità coincide con un momento nella tua vita?
Sì, quello che sono lo dimostro attraverso la musica. Sento oggi l'esigenza di dire 'signori, sono più Filippo che Nek'. Sono più uomo che personaggio. Più padre, con i suoi difetti e le sue necessità e meno uomo di spettacolo. 

C'è anche tanto di autobiografico...
'Il mio gioco preferito' è praticamente il mio biglietto da visita.

Al rap hai mai pensato?
Faccio quello che sento di fare, cerco di stare nell'ambiente in cui sono credibile. Ho fatto un pezzo rap una volta con J-Ax ma è stata una goliardata. Era autoironico. Non ho mai pensato di fare rap. Faccio quello che so fare con coerenza, senza forzature.

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Con i social che rapporti hai?
Fare tutto in funzione dei like significa perdere completamente il contatto con la realtà. Cerco di stare attento. Non sono un addicted. Che può essere anche un difetto. Ci sono momenti che decido di condividere con la gente, a volte sono anche familiari. Ma la maggior parte dei miei momenti privati sono solo miei.

Questa del disco è solo una prima parte...
La vita è fatta di incastri, per questo ho scelto il cubo di Rubik nelle cover. Colori che devono unirsi, situazioni che devono essere compensate, buchi che devono essere colmati. E' la prima volta che faccio un Ep. Preferisco due uscite rispetto a una che danno più longevità al disco. Cerco di fare ascoltare più pezzi. Con una uscita poco prevedibile, lontana da Sanremo, con un disco diviso in due.

Con Renga e Pezzali come è andata?
E' stato un tour di sei mesi, condividere il palco per 45 date è stato un modo bello di condivisione e anche un esercizio per l'ego. Condividere uno spazio diviso per tre, gli applausi erano per tre. Quando si è abituati ad essere primi in classifica, non è matematico che la condivisione avvenga così. Abbiamo affrontato il nostro repertorio in punta di piedi, con grande rispetto.

A settembre sarai a Verona e poi parte il tour europeo, come ti prepari?
Sto buttando giù la scaletta, mi piacerebbe riproporre qualcosa del passato, un concerto lo tengono in piedi i singoli. Sto facendo una ricerca, con brani anche del 1997 e del 1994 come 'Cuori in tempesta', uno dei miei primi pezzi passati in radio, mi piacerebbe riproporla così come è. Se arrangi troppo le canzoni il pubblico le riconosce al ritornello e a me questo non piace. per il tour comincio le prove a luglio, mi farà molto piacere tornare a Londra, non vado dal 1998 professionalmente e faccio un concerto tutto mio. Sarà bellissimo suonare al Bataclan a Parigi, dal punto di vista emotivo sarà una bella botta.

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