Il 24 settembre 1991 usciva il disco epocale del trio capitanato da Kurt Cobain
Venticinque anni fa, il 24 settembre 1991, usciva nei negozi "Nevermind" dei Nirvana, un disco fondamentale per molti versi. Il secondo lavoro della band formata da Kurt Cobain, Dave Grohl e Krist Novoselic nel giro di qualche settimana vendette migliaia di copie. Pochi mesi dopo conquistò la vetta della classifica Usa (scalzò "Dangerous" di Michael Jackson). In realtà, nei piani doveva raggiungere le 250 mila copie di vendite, ma a oggi ha superato i 30 milioni.
"Nevermind" è stato un disco epocale, anche se del termine se ne fa molto spesso un uso spropositato. Ma in questo caso è l'aggettivo giusto per come rappresenta in maniera piena un'epoca. E' di sicuro un album spartiacque che rappresenta anche un momento particolare in cui la provincia diventa protagonista, si può diventare rockstar con un bagaglio tecnico anche scarso ma con creatività e attitudine, il mainstream scopre l'underground alternative e il suo potenziale commerciale da sfruttare. Storica anche la copertina con il bambino di 4 mesi nudo immerso in piscina che cerca di afferrare una banconota appesa a un amo.
Nelle tredici canzoni contenute del disco, rumore e melodia si intrecciavano alla rabbia repressa, all'immaginario slackers (il "never mind", "non importa", contrapposto all'agire) e allo struggimento interiore. I Nirvana furono in quel momento l'immagine e l'immaginario di un'intera generazione, catalizzatori di una scena rock che era stanca dei plasticosi anni ottanta e voleva far sentire la propria voce. Anzi il proprio urlo. In quel momento Seattle si trasformò nella capitale mondiale del nuovo rock, il grunge diventò una sorta di empirica filosofia di vita, oltre che uno stile.