Il rapper vicentino ha pubblicato il nuovo album "GarbAge". Testi taglienti, featuring importanti e basi che attingono ai generi più disparati. Tgcom24 ne ha parlato con lui
di Massimo Longoni© Roberto Graziano Moro
Un ritratto impietoso della nostra società e al tempo stesso una voce di speranza. E' "GarbAge", il nuovo album di Nitro, schizzato subito al primo posto in classifica nella prima settimana di uscita. Un lavoro che attinge a più generi rompendo le barriere del rap classico. "Volevo qualcosa di diverso - dice lui a Tgcom24 -. Qui si trova tutto quello che non c'è in giro. Cosa ci salverà da questa 'era spazzatura'? La creatività e il pensiero".
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Prodotto da quella macchina da guerra che è la Machete Crew, il collettivo di cui Nitro fa parte e che comprende pezzi da novanta come Salmo, Dani Faiv, Lazza e Tha Supreme, "GarbAge" è un lavoro importante tanto sul piano lirico che su quello musicale. Nitro è da sempre uno degli esponenti più brillanti della nuova scena rap italiana: freestyler di razza, penna affilatissima e una cultura musicale formatasi su rock e blues che gli permette una visione più ampia dei confini entro cui muoversi. E da questo punto di vista "GarbAge", con la direzione artistica di Stefano “Stabber” Tartaglini e Ignazio “Slait” Pisano, è un deciso passo in avanti. "Il disco è nato soprattutto da quando è entrato nel progetto Stabber - spiega Nitro -. Io avevo già un bel po' di cose messe da parte. Mi sono fatto lo studio a casa e adesso lavoro spesso e volentieri. Abbiamo iniziato a confrontarci. Partendo dall'ascolto della musica che ci piaceva quando eravamo ragazzini. Poi ci siamo trovati di fronte a un bivio: fare il disco matto o andare sul sicuro replicando il mio stile".
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E avete optato per il disco matto...
Ho pensato che volevo fare qualcosa di originale, di nuovo e soprattutto di diverso. Ho anche messo in conto che la gente avrebbe potuto non capirlo e non apprezzarlo subito. Ero pronto a prendermi le mie responsabilità nel caso le cose non fossero andate bene. Secondo me in questo disco trovi tutto quello che non trovi in giro adesso.
Quali sono stati i presupposti da cui siete partiti?
Volevo fare un disco multigenere, che avesse molte cose. Fondamentalmente rap, ma con citazioni e sfumature che arrivano da tutt'altri tipi di musica. Quando abbiamo iniziato a lavorarci abbiamo cominciato a pensare ai generi che volevamo riportare in auge e da lì abbiamo proceduto lavorando. Ma la cosa bella è che è tutto è venuto spontaneamente. A partire da featuring, capitati e non previsti. Cose genuine che hanno richiesto l'incontro di persona con tutti quelli con cui ho collaborato, eccettuato Fabri Fibra per impegni di entrambi.
" Avvoltoi" è peraltro uno dei brani di maggiore impatto dell'album.
Lo sento molto generazionale. Già dalla partenza, "siamo figli della noia e dell'ego trip", si capisce come rappresenti uno spaccato di questo tempo.
Questo tempo che tu hai riassunto nel gioco di parole tra "era" e "spazzatura" di "GarbAge", con la seconda A maiuscola. In questo quadro c'è qualcosa che da speranza?
Quello con cui ho cercato di riempire il disco: l'arte, la cultura. Le cose creative, quelle che riescono a dare all'essere umano la motivazione per sopravvivere e cercare di migliorarsi continuamente come stiamo facendo da secoli. Anche la scienza, tutte le cose che richiedono dell'intelletto e della creatività, a me piacciono. E comunque negli ultimi anni, anche grazie a Internet e alla possibilità diffusa di poter esprimersi anche con pochi mezzi, c'è stato un aumento di creativi considerevole. E' importantissimo che gli artisti inizino a essere meno isolati di come erano prima.
A proposito di condivisione dell'arte e di collaborazione. Tu fai parte della Machete Crew, che da Salmo al Mixtape pubblicato la scorsa estate, è una realtà importantissima nel mondo dell'hip hop. Cosa vi distingue dal resto?
Semplicemente ci distinguiamo per il fatto che Machete c'è ancora ed è più forte che mai. Sono dieci anni di musica. Ne abbiamo visti di tentativi di crew fatti in Italia e che non sono andati bene. Un motivo c'è.
© Roberto Graziano Moro
Come è nato il featuring di Gemitaiz e ThaSupreme in "Rap Shit"?
Ero bloccato e non riuscivo a scrivere e Stabber mi ha consigliato di andare a Roma da Davide (Davide De Luca è il vero nome di Gemitaiz - ndr). Siamo stati un giorno in compagnia e abbiamo iniziato a concepire il pezzo insieme. Avevamo due strofe ma mancava un ritornello. Un giorno c'era Tha Supreme in studio da Machete e mi ha chiesto di fargli sentire qualcosa. Quando è entrata la mia strofa di "Rap Shit" è rimasto allibito. Il giorno dopo l'ho rivisto in studio e gli ho proposto di fare qualcosa. E lui ha fatto la cosa giusta senza che io gli chiedessi qualcosa di preciso. Ed è nato tutto in un pomeriggio.
In "No Privacy/No Caption Needed" c'è invece Joan Thiele.
Con lei collaboro da un po'. Era da tempo che volevo trovare qualcuno che fosse al di fuori del genere del rap che mi piacesse e mi stimolasse artisticamente. Il pezzo è nato in maniera diversa: lei ha registrato tutta la sua parte vocale interamente. Io poi ho deciso di spezzettarla tutta e inserirci le mie parti vocali, con il risultato che alla fine sembra un dialogo tra me e lei.
"Saturno", che è stato diffuso in radio insieme all'uscita dell'album, è invece il brano più cantato, decisamente diverso da buona parte delle altre composizioni.
L'album non ha avuto nessun singolo di lancio, ho preferito che l'album uscisse nella sua globalità per dare valore all'intero progetto, che ha le potenzialità di un concept album. "Saturno" però è un'ottima scelta per l'ambiente radio, in un certo senso quasi obbligata visto che è l'unico pezzo in scala maggiore del disco. Al di là di questo è un pezzo molto mio, non è snaturato, anche se si discosta completamente da tutto il resto del disco.
Per un album che si intitola "GarbAge" quello stiamo vedendo in questi giorni casca alla perfezione...
Potrei già fare un repack del disco... Però anche nelle situazioni brutte bisogna tentare di trarre la migliore lezione possibile. Forse questo periodo di confinamento in casa e di slow down è un modo di dirci che stavamo correndo troppo e che eravamo troppo abituati a dare per scontate cose belle e di cui non ci rendiamo conto perché troppo abituati ad averle.
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