Dopo aver vinto il premio come Miglior Documentario, il collettivo di registi arabi ed ebrei ha detto sul palco: "Chiediamo al mondo di prendere seri provvedimenti per fermare l’ingiustizia e la pulizia etnica del popolo palestinese”
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Agli Oscar 2025 "No Other Land" ha vinto come miglior documentario. Il film è prodotto, scritto e diretto da un collettivo israelo-palestinese composto da Basel Adra, Rachel Szor, Hamdan Ballal e Yuval Abraham e documenta la distruzione della comunità palestinese di Masafer Yatta, nella Cisgiordania occupata, da parte dell'esercito israeliano. Si focalizza sulla resistenza degli abitanti e sull'alleanza inaspettata tra Basel Adra, un attivista palestinese, e Yuval Abraham, un giornalista israeliano. "L'Oscar a No Other lad è una grande vittoria per un documentario che negli Usa non ha trovato un distributore: 'Siamo intrecciati. Non saremo mai sicuri se gli altri non saranno sicuri", hanno detto sul palco accettando il premio e chiedendo al mondo di fermare "la pulizia etica" del popolo palestinese.
“La devastazione di Gaza deve finire e gli ostaggi israeliani del 7 ottobre devono essere liberati”, ha spiegato il co-autore israeliano di "No other land", Yuval Abraham. “Io guardo Basel e siamo uguali, ma viviamo in un regime dove io sono libero secondo la legge civile e Basel per le leggi militari che distruggono la sua vita non lo è”.
Presentato in anteprima alla Berlinale 2024, ha vinto il premio per il miglior documentario. Il documentario è stato distribuito in Italia da Wanted. "Abbiamo fatto questo film perché insieme possiamo avere una voce più forte, noi ci vediamo gli uni con gli altri. La distruzione di Gaza deve finire, gli ostaggi israeliani devono essere liberati. La politica estera degli Usa sta aiutando a ostacolare questa strada, perché? Siamo tutti interconnessi, non è troppo tardi per garantire questo. Non ci sono altre soluzioni". E' l'appello lanciato dall'israeliano Yuval Abraham, mentre l'attivista palestinese Basel Adra ha spiegato: "Due mesi fa sono diventato padre e spero che mia figlia non debba vivere la vita che sto vivendo io: sempre nel timore della violenza. Questo film riflette la dura realtà che supportiamo da decenni".