Premiata per aver sensibilizzato l'opinione pubblica sul tema della violenza sulle donne con il suo film "C'è ancora domani"
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Il 2024 è l'anno d'oro di Paola Cortellesi, grazie alla sua opera prima come regista "C'è ancora domani" acclamata da pubblico e critica. Dopo aver conquistato i David di Donatello e i Nastri d'argento, anche i Diversity Media Awards l'hanno eletta personaggio dell'anno "per aver trasformato il suo esordio alla regia in un'occasione di potente sensibilizzazione in cui ha usato la sua notorietà per parlare della violenza di genere".
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La nona edizione dei Diversity Media Awards ha avuto luogo al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano, durante una serata benefica condotta da Francesca Michielin ed Ema Stokholma. I premi sono assegnati ai personaggi e ai contenuti mediali che si sono distinti nel corso dell'anno precedente per una rappresentazione valorizzante e inclusiva delle persone. Tra i fattori presi in considerazione genere, età, etnia, disabilità, LGBT+ e aspetto fisico. Paola Cortellesi è stata eletta Personaggio dell'anno "per aver trasformato il suo esordio alla regia con "C'e' ancora domani" (un caso unico per successo e impatto sul panorama cinematografico e culturale) in un'occasione di potente sensibilizzazione in cui ha usato la sua notorietà per parlare della violenza di genere". Il Premio come miglior film è stato assegnato a "Io Capitano" di Matteo Garrone, ritirato sul palco dall'attore Moustapha Fall.
"C'è ancora domani" racconta la storia di Delia (Cortellesi), una donna del Dopoguerra con tre figli e un marito autoritario (Mastandrea), che la picchia per sfogarsi. In casa con loro c'è anche il suocero Ottorino (Giorgio Colangeli), che approva e incita i comportamenti violenti del figlio. L'unico appoggio per lei è l'amica fruttivendola (Emanuela Fanelli), con cui si confida e con cui passi i rari momenti di serenità fuori dalle mura domestiche. Il film ha aperto la scorsa edizione della Festa del Cinema di Roma e, presentandolo, la Cortellesi aveva dichiarato: "Ci sono storie incredibili di nonne e bisnonne che venivano considerate delle nullità, che nessuno ricorda. Le donne allora non contavano nulla. Un esempio: mia nonna quando parlava diceva cose sensate, ma chiosava poi così, 'ma che capisco io?'".
Per approcciarsi nel giusto modo alla violenza di genere, molto diffusa all'epoca, la regista ha studiato le carte processuali di oggi: "Abbiamo studiato atti processuali recenti sulla violenza alle donne e le dinamiche sono le stesse di allora. Isolare la donna, svilirla e poi usarle violenza. Insomma è chiaro che abbiamo voluto parlare di cose che sono vive ancora oggi come anche il divario di trattamento economico tra uomo e donna. Certi personaggi maschili non sono affatto cambiati, sono gli stessi di allora".