Il 9 gennaio al Teatro Manzoni di Milano in scena il one-man show ispirato al celebre video-podcast da milioni di view dell'attore
di Luca Freddi© Ufficio stampa
Paolo Ruffini è un "Babysitter" improvvisato, che re-impara le cose che solo i bambini "sanno". Lo fa sul palco del Teatro Manzoni di Milano, giovedì 9 gennaio, con uno spettacolo che fa ridere e, al tempo stesso, riflettere. "Quando diventerai piccolo capirai" recita infatti il sottotitolo dello show live ispirato al video-podcast di successo dell'attore e regista (il cui profilo su Instagram viaggia intorno al milione di follower), che continua a portare nei teatri di tutta Italia la libertà, la fantasia, la spontaneità e la profondità che i bambini possono regalarci e che i grandi hanno dimenticato. L'attore ha raccontato a Tgcom24: "E' uno spettacolo molto vario e riscontra grande successo di pubblico è ha come punto focale la mancanza di autoreferenzialità. Un po' come 'Din don dawn', che ho fatto quest'anno. Vuol dire che fai uno spettacolo di teatro disabile ma non hai soltanto disabili davanti a vederti, e fai uno spettacolo con i bambini ma non vengono soltanto famiglie con bambini. Io li definisco spettacoli hard pop e questo li rende molto trasversali. L'anno prossimo torneremo al Manzoni per una settimana".
E se l'omonimo podcast ha letteralmente conquistato il pubblico su Spotify e sui social, regalando uno sguardo puro e spontaneo sul mondo e sulle tematiche esistenziali degli adulti attraverso interviste a bambini ironiche ma molto profonde, l'esilarante e toccante show teatrale vede sul palco lo stesso Paolo Ruffini (che è anche il regista dello spettacolo, ndr) alle prese con tre piccoli interpreti - Isabel Aversa, Leonardo Zambelli e Lorenzo Pedrazzi, selezionati a partire dal podcast per spontaneità e attitudine artistica - accmpagnati da Claudia Campolongo al pianoforte.
Cosa potrebbe accadere se Ruffini, mentre sta per iniziare il suo one-man show, venisse interrotto da tre bambini che si sono persi? È questo l’escamotage narrativo da cui prende il via lo show… e la risposta è semplice: dovrebbe occuparsi di loro, in attesa che i genitori vengano a prenderli, diventando un “Babysitter” improvvisato, e trovandosi a intrattenere non solo il pubblico, ma anche i tre piccoli guastafeste che sono delle vere forze della natura! Tra giochi di gruppo, momenti poetici, favole, avventure, riflessioni, nascondino e rubabandiera, si parla di libertà e fantasia. L’attesa dei genitori costituisce un vero e proprio conto alla rovescia, facendo diventare il tutto un grande happening teatrale.
Il tuo spettacolo è ispirato al tuo podcast. Raccontaci come l'hai trasposto per il teatro e qual è il tuo ruolo
Per il teatro abbiamo trovato questa formula: io che voglio fare un grande one man show e stand up e dei bambini me lo boicottano e me lo interrompono. Io volevo fare uno spettacolo stra scorretto e cattivo e invece i bambini mi costringono alla leggerezza, alla meraviglia e alla scoperta dell'infanzia con delle riflessioni tutte loro. La sotto trama dello spettacolo è una mamma che ha un allarme in casa e quindi ha lasciato i loro figli in teatro da me e sta per andare a sistemare questo problema. Il tempo in cui lei torna a casa e poi ritorna a teatro a prendere i bambini e il tempo di questo babysitteraggio forzato ed esattamente il tempo dello spettacolo
Come hai scelto i bambini che sono con te in scena?
Sono frutto di una casting che è stato fatto a più o meno 50 bambini che ho testato con il podcast è che si sono distinti particolarmente per doti artistiche o per la spontaneità davanti a me. Sono Leonardo Zambelli, di nove anni, che come particolarità ama molto la musica. Quando gli ho chiesto quale fosse il suo cantante preferito mi ha detto Fabrizio De André. E si è messo a cantare "La canzone dell'amore perduto" ed è meraviglioso, romantico e anacronistico. Poi c'è e Isabel Aversa, una bambina di otto anni che mi ha raccontato proprio il fatto che non importa che una cosa esista per crederci. Si riferiva agli unicorni in cui lei ha molta fede. E invece Lorenzo Pedrazzi che è il massimo esperto di bandiere che abbia mai conosciuto, ma anche stemmi, marche di auto e moto. E' un bel pipino, tipo Piero Angela di 7 anni. Ed è un divulgatore fondamentalmente, quindi uno scienziato e sogna di fare l'insegnante di storia. Sul palco fa un trattato e fa scegliere al pubblico due argomenti tra la Seconda Guerra Mondiale, Pearl Harbour, la caduta di Hitler, l'ascesa di Mussolini e poi lui dibatte di questo.
Per te cosa dovremmo imparare, anzi re-imparare, dai bambini?
Intanto la fede. Noi ormai mettiamo in dubbio anche la realtà. Quindi non crediamo più neanche a quello che vediamo. I bimbi credono in dio, negli unicorni, in Babbo Natale. E poi hanno la possibilità di vivere il tempo più interessante della vita che è il presente. I bambini vivono in un continuo divenire. C'è un concetto taoista molto interessante che si chiama Wu wei che praticamente significa l'azione di non fa nulla. I bambini non fanno nulla fondamentalmente: si svegliano, vanno scuola, giocano e vanno a letto. Però questo continuo carpire il divenire, il presente è esattamente quello che fanno i saggi. I bambini questa cosa l'hanno capito perfettamente e vivono al presente e questa è una roba che noi ci siamo dimenticati. Dimenticati di scartare e di ringraziare per questo grande regalo che quotidianamente abbiamo e che si chiama presente. I bambini lo vivono molto seriamente. La cosa straordinaria è che siamo stati tutti bambini solo che poi a una certa età poi perdiamo la memoria di quello che invece è la purezza ideale che tutti quanti abbiamo.
Qual è il tuo obiettivo per questo spettacolo? Cosa vorresti che il pubblico si portasse a casa?
Tornare bambino. Il teatro diventa un parco giochi. Ti immergi in questa meravigliosa serie di avventura romantiche e infantili e ti accorgi che tutto questo ti mancava tantissimo. I ricordi d'infanzia sono ricordi che oggi non abbiamo digitalizzato per cui sono ancora analogici e sono da qualche parte che stanno navigando dentro di noi.