Emerso come leader dei Genesis nei primi anni 70 l'artista ha poi compiuto un percorso solista nel segno della contaminazione dei generi e delle arti
Compie 70 anni uno dei personaggi più iconici della storia del rock: Peter Gabriel. Con una carriera iniziata nel mondo del progressive nei primi anni 70 come cantante dei Genesis, Gabriel si è poi affermato come uno dei maggiori sperimentatori di sonorità che guardavano alla world music. Tra i suoi successi più grandi "Solsbury Hill", "Sledeghammer", "Don't Give Up" e "Biko". Il suo ultimo lavoro, "New Blood", risale al 2011.
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Ha saputo coniugare pop ad alta fruibilità a ricerca raffinata e colta. Ha mischiato come pochi altri la musica con altre arti visive, segnando in maniera indelebile, con i suoi travestimenti istrionici, la prima fase della sua carriera e quella dei Genesis. Proprio con il gruppo britannico, lui figlio di un ingegnere elettrotecnico, ha debuttato nel mondo musicale. Tra il 1967 e il 1975, Gabriel, con Phil Collins, Tony Banks, Mike Rutherford e Steve Hackett, dà vita a un pugno di album e ad alcuni tour, che segnano per sempre la storia del rock progressive, facendo da modello per decine di band a venire. "Foxtrot", "Selling England By The Pound" e "The Lamb Lies Down On Broadway" tracciano la prima fase della poetica di Gabriel, il cui apporto nella band è soprattutto sul fronte dei testi e delle trovate sceniche dal vivo.
A metà anni 70 però il feeling con il resto del gruppo si rompe e lui abbandona per darsi alla carriera solista. Che da subito batte lidi decisamente lontani da quelli dei Genesis. I primi quattro album, tutti senza titolo ma riconoscibili solo dal numero di pubblicazione, non gli portano certo il grande successo commerciale. Anzi, non mancano i momenti di grande difficoltà. Ma i lavori contengono alcuni dei brani che poi diventeranno dei classici, come "Solsbury Hill" e "Shock the Monkey". Proprio con quest'ultimo brano, si presenta al Festival di Sanremo del 1983 sconvolgendo la platea dell'Ariston volteggiando sulle teste degli spettatori appeso a una fune.
La svolta che fa di lui una stella internazionale anche a livello commerciale arriva nel 1986, con l'album "So". Dal primo singolo "Sledgehammer", accompagnato da uno video più famosi di sempre, allo splendido e inteso duetto con Kate Bush in "Don't Give Up", arrivando all'impegno politico di "Biko", l'album è un capolavoro senza cedimenti qualitativi e da quasi 10milioni di copie vendute in tutto il mondo. Da quel momento lo status di Gabriel agli occhi del pubblico internazionale cambia e diventa quello di una stella di prima grandezza. Contemporaneamente però la sua produzione inizia a diradarsi. Nel 1992 arriva "Us" e solo dieci anni più tardi "Up". Nel frattempo Gabriel consolida il suo interesse per la world music, già iniziato nei primi anni 80, fondando la sua etichetta "Real World, impegnata nella diffusione della musica etnica.
Negli ultimi anni i suoi tempi di lavoro si sono fatti sempre più lunghi. Al punto che quando nel 2007 i Genesis si sono riuniti, l'intenzione era quella di coinvolgere anche lui, ma è naufragata quando gli altri hanno capito che per poter arrivare a una definizione del progetto ci sarebbero voluti... anni. Gli ultimi album, quello di cover "Scratch My Back" e quello di rilettura sinfonica di alcuni suoi successi "New Blood", risalgono ormai a dieci anni fa, e l'ultimo tour, celebrativo dei 25 anni di "So", al 2012. L'anno scorso è uscita poi la megaraccolta "Floatsam and Jetsam", che raccoglie b-side e rarità della sua carriera solista.
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