Pfm, l'immaginazione al potere: "Ci divertiamo più di 40 anni fa"
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Il gruppo ha superato senza scossoni l'addio di Franco Mussida e a novembre sarà di nuovo in tour negli Usa. "Stiamo raccogliendo quanto seminato" dice Franz Di Cioccio a Tgcom24
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Sono 45 anni di storia, ma la Pfm ha l'energia di un gruppo agli esordi. Dopo l'abbandono a sopresa di Franco Mussida il gruppo ha ripreso il suo cammino come sempre e si appresta ad affrontare a novembre un nuovo straordinario tour negli Stati Uniti. "Stiamo raccogliendo quanto seminato - racconta a Tgcom24 Franz Di Cioccio -. Per noi ogni nuovo progetto è un esperimento. Prog? Andava bene 40 anni fa, noi facciamo musica immaginifica".
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In questo 2015 la Pfm ha pubblicato "Il suono del tempo", un confanetto contenente le versioni live dei primi cinque dischi, poi l'abbiamo vista al Festival di Sanremo, con una straordinaria esibizione con l'orchestra, e quindi al concertone del Primo Maggio, prima uscita ufficiale con Marco Sfogli al posto di Mussida. Chiunque avesse pensato che l'addio dello storico chitarrista coincidesse con la fine del gruppo è stato costretto a ricredersi. Del nucleo storico restano solo Di Cioccio e Patrick Dijvas, ma i restanti elementi, tra quelli ormai nel gruppo da tempo come Lucio Fabbri o quelli di più recente ingresso, compongono una vera macchina da guerra qualitativa. "Qualcuno dice che suoniamo persino meglio di quando eravamo giovani - dice Di Cioccio -. Non posso essere io a confermare ma la cosa mi fa solo piacere".
Come è stato rimettersi in bolla dopo l'abbandono di Mussida?
Nelle band è come nelle squadre di calcio, a volte qualche avvicendamento è inevitabile. In questo caso si è trattato di una sua scelta molto personale, che andava capita. Adesso abbiamo un organico con un grande affiatamento.
Sfogli si è subito ambientato nel resto del gruppo?
Lui è musicista è formidabile. E' figlio d'arte ed è cresciuto assorbendo tutta la musicalità di casa. In passato ha collaborato con talenti mondiali della chitarra. Ha sicuramente portato una venatura più dura, di un prog più vicino al metal. Ma va bene così: la musica mi piace tutta, non deve avere pregiudizi. Importante è gettare ponti per unire le varie tribù.
Una nuova correzione di rotta stilistica?
Noi non seguiamo il nostro pubblico, chiediamo al nostro pubblico di seguirci. Anche in cose clamorose come la collaborazione con De André. Ogni passo ci ha dimostrato di essere un grande momento. Come quando abbiamo fatto un disco strumentale che il pubblico ama particolarmente perché quando lo suoniamo dal vivo lo facciamo improvvisando davanti ai monitor. O come Pfm in classic.
In tutto questo vi riconoscete ancora nell'etichetta progressive?
Noi abbiamo scelto dall'inizio di fare musica immaginifica. Progressive andava bene allora, se oggi facessimo le stesse cose sarebbe Regressive.
Però il mondo del prog vi venera ancora oggi. Tanto che a novembre sarete alla "Cruise To The Edge" insieme a Yes, Marillion, Spocks Beard...
Beh, al di là delle definizioni, il nostro universo di riferimento è quello. Questo poi è un evento molto divertente: si tratta di un crociera alla quale partecipano i gruppi che fanno parte del gotha del prog. Si suona e si viaggia con il pubblico, che mangia e passa i momenti liberi insieme ai musicisti. Un po' come nelle crociere tradizionali, solo qui siamo tutti fricchettonissimi.
Per voi è la seconda volta...
Sì, la prima è stata l'anno scorso. E questa volta ci saremo perché il pubblico ci ha fortemente richiesti: a detta della gente l'anno scorso siamo stati superlativi.
Come definiresti questo momento?
Stiamo raccogliendo quanto abbiamo seminato. Il sogno era quelli di fare i musicisti per sempre e direi che ci siamo riusciti benissimo. La nostra caratura internazionale è confermata dall'essere stato l'unico gruppo italiano a entrare in classifica di Billboard, o dall'essere stati messi al 19.mo posto della classifica di Rolling Stone dei migliori 50 dischi prog della storia. Ma al di là di questo la cosa più bella è vedere un un pubblico che si rigenera con il passaparola, fan che si passano la nostra musica di generazione in generazione. Internet ha solo confermato e amplificato un successo che era già nei fatti.