© Masiar Pasquali
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Al Teatro Studio Melato, dal 23 novembre al 21 dicembre
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“Corpo delle parole” è la tematica al centro del cartellone 2023-24 del Piccolo Teatro di Milano. Nella ricerca del potere del linguaggio si inserisce in pieno uno degli spettacoli della stagione, "Trilogia della città di K.", un progetto di Federica Fracassi e Fanny & Alexander tratto dal celebre romanzo della scrittrice e drammaturga ungherese Ágota Kristóf. Lo spettacolo è una nuova produzione del Piccolo, debutta, in prima nazionale, giovedì 23 novembre, al Teatro Studio Melato e replica fino al 21 dicembre.
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Come spiega Claudio Longhi, direttore generale del Piccolo Teatro: "Se è vero che ogni individuo, 'prigioniero del proprio linguaggi', 'è messo a nudo e svelato dal suo linguaggio' (R. Barthes), accade che per chi non ha più patria, la scrittura diventi il luogo che si abita" come diceva Adorno. Questo il destino di Ágota Kristóf, che ha vissuto "da sradicata al confine di due lingue, quella natia e il francese, il mai amato idioma adottivo. Dall’esperienza dell’esilio e dalla condizione dello spaesamento nasce Trilogia della città di K., impetuoso e spietato equilibrismo autobiografico, sul filo d’argento dell’infanzia, che prova a suturare l’immedicabile ferita della separazione dalle origini e a curare il dolore della solitudine con l’unica soluzione possibile: per l’appunto, scrivere".
Fiaba nera, inferno familiare in bilico tra innocenza e crudeltà, il raffinato gioco di sdoppiamenti è messo in atto, sulla scena, da Federica Fracassi, nei panni della scrittrice ungherese, e da Andrea Argentieri, Consuelo Battiston, Alessandro Berti, Lorenzo Gleijeses. Con la partecipazione, in video, di Fausto Cabra, Anna Coppola, Alfonso De Vreese, Giovanni Franzoni, Marta Malvestiti, Mauro Milone, Renato Sarti; in voce, di Chandra Candiani, Renzo Martinelli, Woody Neri. "prende corpo una plurilinguistica “opera-mondo” che, nel segno della tecnica dell’eterodirezione, fa dialogare teatro, cinema, video, realtà e convoca sul palco una miriade di presenze (non ultima la stessa Kristóf), per affondare il bisturi nella terra di mezzo in cui verità e menzogna si confondono", spiega ancora Longhi.
In uno spazio circolare vuoto avanza una donna. Ha un accento straniero. Parla adagio. Racconta una fiaba nera di innocenza e malvagità. È la storia della sua vita? È tempo di guerra: due gemelli sono affidati dalla madre alla nonna, che è per loro una sconosciuta, una strega, un’assassina. Questa storia parla del loro legame, del loro trauma, del loro mentirsi, del loro perdersi nel grande quaderno di un mondo scritto in una lingua incomprensibile. La serie progressiva di personaggi che si moltiplicano con ritmo implacabile assume l’aspetto di strane carte: pannelli animati che traducono in scena il teatro mentale della narratrice. Il racconto si popola di purezza e atrocità, esseri guasti descritti con chirurgica esattezza. Sono le azioni, i piccoli gesti maniacali a definire le presenze. Quattro figure arcane, vicine alla straniera nello spazio scenico, a poco a poco, prestano voce e corpo, insieme a lei, a tutti i personaggi della storia, introducendo lo spettatore in uno strano inferno familiare, al contempo quotidiano e impossibile, concreto e astratto, degradato e nobile, crudele e innocente. In questo gioco raffinato di sdoppiamenti e rifrazioni, risulta difficile credere a chiunque: ogni cosa può essere da sempre una menzogna.
"Tradurre un romanzo a teatro è una delle cose che più amiamo fare, come Fanny & Alexander, perché si tratta di decodificare un linguaggio per aprirlo a un altro mondo, con un’operazione che è un triplo salto mortale: devi mantenere viva l’opera, cambiando il medium di trasmissione. Abbiamo lavorato per strati, come gli archeologi, scavando un primo livello, poi più in fondo, ogni volta trovando qualcosa. Ci siamo misurati con un enigma coinvolgente, carico di domande su di noi e sull’intero genere umano, alle quali, a poco a poco, abbiamo tentato di dare timide risposte. Ma l’obiettivo del lavoro – e spero che ci siamo riusciti – è stato costruire una domanda da trasferire al pubblico", ha raccontato Chiara Lagani, direttrice artistica di Fanny & Alexander.