NUOVO ALBUM

Pierdavide Carone torna a "Casa": "In questo mondo c'è ancora spazio per la mia musica"

Il cantautore pubblica il nuovo album di inediti a nove anni di distanza dall'ultimo. In mezzo tanta vita, tra dolori e cambi anche traumatici. Tgcom24 lo ha sentito

di Massimo Longoni
28 Mag 2021 - 13:47
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© Michele Piazza
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Lo avevamo lasciato con "Nanì e altri racconti", al culmine di un'ascesa che sembrava inarrestabile. E invece il destino era dietro l'angolo imponendogli uno stop più lungo del previsto. Adesso dopo nove anni Pierdavide Carone torna con "Casa", il suo nuovo album di inediti. "Per un cantautore come me, non modaiolo, è tutto cambiato - dice a Tgcom24 -. Ma guardandomi intorno vedo che spazio per la mia musica c'è ancora".

Anticipato dal singolo "Buonanotte", pubblicato ad aprile, "Casa" è il quarto disco del cantautore. Contiene dieci canzoni ed esce in quello che Carone definisce "un periodo di grandi cambiamenti, di transumanze, di dolorosi addii, alcuni delebili altri meno". L'album sarà presentato venerdì 28 maggio alle 21:30 con un evento online dalla "Streaming Arena" in cui presenterà tutte le nuove canzoni. "Ho deciso, a parte un pre-show iniziale dove mi divertirò a “distruggere” dei capolavori del passato, non ci sarà repertorio che mi riguarda ma soltanto il disco per come è nella tracklist - spiega lui -. In un concerto di multisensorialità, a 21 ore e 30 minuti precisi dal potere ascoltare il disco darò la possibilità di vederlo. Ho provato a renderlo un concerto a tema. Non è normale una situazione di questo tipo, a distanza, senza pubblico, anche se ormai in questo anno ci abbiamo fatto l'abitudine. Se devo fare una cosa prettamente manieristica tanto vale starsene a casa. L'unico modo per renderla interessante per me era pensarla come ho fatto". 

Facciamo un passo indietro: "Amici", un Sanremo vinto come autore con il brano scritto per Valerio Scanu, un altro Sanremo con Lucio Dalla a dirigere l'orchestra. Sembrava un percorso inarrestabile. Poi cosa è successo?

© Ufficio stampa

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E' successo che è morto un po' il regista di quel progetto e un amico, che era appunto Lucio Dalla. Questo oltre a procurarmi un grande dolore mi ha svegliato da un sogno che durava da due anni. E forse era anche giusto così. Da 'Amici' a Sanremo erano successo tante cose meravigliose ma senza soluzione di continuità. Io stesso non avevo capito cosa stavo diventando, perché non ne avevo il tempo.

E quindi cosa hai deciso di fare?

Ho deciso di fermarmi. Il problema è che quando ho ricominciato ad aver voglia di scrivere canzone e riaffacciarmi al mondo della discografia, la discografia per quanto mi riguardava aveva cambiato punto di vista. I giorni sono così diventati mesi, anni, con tutto un contorno di problemi burocratici.

Hai rotto con la tua precedente casa discografica?

Sì, e quando sono riuscito a emanciparmi da essa, a quel punto c'è stata una scelta che non si è rivelata fruttuosa. Sono passati due anni in cui è uscito solo un singolo ed è stato abortito un altro disco.

Come hai pensato di reagire?

Con un taglio netto. Ho lasciato Roma e mi sono trasferito a Milano. E in quel momento ho iniziato a scrivere Casa. Avevo lasciato un posto in cui avevo vissuto tanti anni, lasciandomi dietro cose, persone. Milano era un salto nel buio. C’era stato ma non lo avevo mai pensato come un luogo della vita oltre che di lavoro. Arrivato qui oltre che una casa ho trovato una casa discografica. Artist First ha scommesso su di me. Poi l'uscita del singolo "Caramelle" insieme ai Dear Jack ha ritardato un po' il tutto ma in maniera positiva. 

Però poi a mettersi di mezzo è stata la salute...

Sì, è arrivata la mia malattia. Ho avuto un cancro, mi sono dovuto operare e poi fare dei cicli di chemioterapia. Per fortuna è andata bene e sono guarito. Poi però è arrivata la malattia di mio padre, che purtroppo non ha avuto un esito altrettanto felice. E dulcis in fundo è arrivata la malattia del mondo... e tutto si è fermato. 

Adesso riparti. A distanza di nove anni come vedi cambiato il mondo discografico?

© Virginia Bettoja

© Virginia Bettoja

È cambiato con il fatto che "Nanì" all'epoca non ebbe le vendite degli album precedenti però oggi quelle vendite basterebbero per ricevere una qualche certificazione. Tutto è cambiato. Anche il modo in cui viene certificato un successo non è più quello che si poteva intendere nove anni fa. Oggi ci sono altre dinamiche. Quello che un cantautore come me, non modaiolo, deve cercare di fare è trovare il modo di non perdere la contemporaneità che vive e lo circonda e non perdere se stesso.

Ed è stato difficile?

In questi anni, mentre ero in attesa di essere il protagonista, vedevo altri protagonisti che facevano parte della mia geolocalizzazione e mi sono reso conto che non ero solo. Ci sono altri artisti a cui mi posso sentire affine, da Ermal Meta a Brunori. 

Come è cambiato il tuo modo di scrivere in questi anni?

Intanto ho più vita alle spalle, in questi nove anni mi sono successe talmente tante cose che un ascoltatore attento coglierà. Non c'è più una certa ingenuità naif che avevo. Ci sono stati diversi motivi per disincantarsi, per crescere. Anche attraversare il dolore ti dà la possibilità di diventare un essere umano più profondo, coscienzioso. 

E l'amore con Milano è sbocciato?

Mi ci sono abituato perché dopo l’assestamento iniziale mi sono ritagliato la mia nicchia e ho capito che anche Milano può essere una città dove trovare posti rifugio dalle mode pur essendo una città alla moda. Può dare rifugi e nicchie.

In cosa ti ha cambiato la tua nuova città?

Probabilmente mi ha reso più metodico. Nonostante sia convinto che da parte di chi doveva lavorare con me all'epoca ci siano state mancanze gravi nei miei confronti, io non mi sento esente da colpe. Nella mia vita romana ero forse più lento, più pigro, convinto che il talento bastasse per tutto. E invece ci vuole disciplina, concentrazione. 

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