In autunno uscirà il nuovo album, con brani scritti insieme a Sergio Dalla Monica (morto nel 2017) e con il ritorno di Dan Black. Ma ci saranno anche tante novità. Intanto sono attesi a Lajatico per la tappa italiana del Corona Sunsets Festival
di Francesca Fiorucci© Ufficio stampa
E' un'estate caldissima quella dei Planet Funk. Con il loro tour infiammano i palchi di tutta Italia e il 22 luglio si esibiranno a Lajatico, durante la tappa italiana del Corona Sunsets Festival. Il 2 giugno è uscito il loro ultimo singolo, "Any given day", che anticipa l'album (l'ultimo in cui è presente anche Sergio Della Monica, morto nel 2017) atteso per l'autunno. Un incontro tra passato e futuro, con il ritorno di Dan Black e l'arrivo di una nuova voce femminile: "Il nostro dna rimane... Ma ci sono degli ingredienti nuovi, come l'ingresso di una nuova cantante che sposta l'asse in una direzione nuova e inesplorata", ha detto Alex Neri a TgCom24.
In autunno uscirà il vostro nuovo album, dopo 12 anni dalla precedente raccolta di inediti. Cos'è che vi ha tenuti lontani dallo studio di registrazione tutto questo tempo, e cos'è che vi ha spinto a tornare?
In realtà non siamo stati lontani, noi abbiamo scritto tanta musica negli anni, dal 2014 in poi. Quello che ci ha fermato è stata la morte del nostro socio e compagno di vita Sergio Della Monica che era il quarto membro dei Planet Funk. Con la sua morte ci siamo trovati un po' smarriti e ci siamo anche chiesti se era il caso di continuare o meno. Quindi una parte di musica che avevamo scritto è rimasta proprio lì ferma, noi ci siamo fermati per guardarci un po' negli occhi. Poi è scoppiata la pandemia, sono passati tanti anni. E durante la pandemia abbiamo deciso anche in onore del nostro socio di finire parte delle cose che avevamo scritto insieme aggiungendo poi tutto un percorso nuovo. Quindi il nuovo disco è per 3 o 4 canzoni scritte insieme al vecchio membro e il resto è tutta farina del nuovo sacco.
Sergio Della Monica è presente nell'ultimo singolo, uscito il 2 giugno, "Any Given Day". Cosa vi ha lasciato in quanto compagno di viaggio? E come ha inciso la sua perdita sulla vostra musica?
A livello umano è stato per me un fratello maggiore, quindi per quanto mi riguarda è stato un grosso colpo anche perché è stato il mio primo approccio con la morte. E' stata la prima volta che perdevo qualcuno di davvero importante e così vicino. Al di là della sofferenza, mi ha messo paura. Fino a un certo punto, nella tua vita, non ti rendi conto... magari sei giovane, non pensi che la morte esista. Invece con lui è arrivato anche questo. Per quanto riguarda la musica, noi avevamo trovato un incastro così complesso e completo che tutto sommato alla fine riusciamo a ragionare in tre come se fossimo in quattro. Poi però manca il suo estro e questo purtroppo non ci sarà più. Però, per quanto riguarda la musica, lì non credo che chi conosce i Planet Funk sentirà una grossa differenza, perché il suono rimane, il dna rimane. Anche in onore di Sergio, perché noi abbiamo lavorato tanto su un suono riconoscibile e quello è il nostro imprint che rimarrà. Certo ci sono degli ingredienti nuovi, come l'ingresso di una nuova cantante che sposta l'asse in una direzione nuova e inesplorata. Ma il resto... ci sarà sempre Dan Black, che è il nostro cantante storico, Alex Uhlmann che è il cantante che ci ha accompagnato negli ultimi anni, quindi i Planet Funk si riconosceranno.
A proposito del ritorno di Dan Black, è un cerchio che si chiude?
Sì, infatti non ti posso spoilerarare il titolo del nuovo album ma sarà molto incisivo e significativo per il rientro di tutti. Però ci tengo a dirti una cosa su Dan Black, perché probabilmente c'è una percezione sbagliata di quello che è. Quando noi l'abbiamo portato nel nostro gruppo, lui aveva già una band che si chiamava The Servant. Il nostro è un collettivo, un modo diverso di concepire la musica dallo standard dei gruppi, è una piattaforma creativa e poi ci avvaliamo di tanti featuring nei nostri album. Dan Black era uno dei featuring. Bisogna riconoscere che lui forse è stato in assoluto il cantante più conosciuto del nostro gruppo e il più riconoscibile. Quindi i fan magari si sono trovati spiazzati quando noi l'abbiamo sostituito, cambiato e poi è rientrato però in realtà non è mai stato un cantante dei Planet Funk. I Planet Funk non hanno un cantante, abbiamo ospitato 13 cantanti nei nostri dischi. Di certo lui è il più significativo. Ha scritto "Who Said" e "Inside all the people" che ancora oggi quando le suoniamo la gente impazzisce e questo va riconosciuto. Però va anche detto il perché. Non è stata una rottura del tipo: abbiamo litigato. In un modo naturale lui è entrato nella band, in un modo altrettanto naturale è stato richiamato. Siamo molto amici, siamo molto uniti.
Qual è stata la genesi dell'album? Cosa vi ha ispirato?
Ora ti può sembrare strano quello che ti dico. In realtà prima di trovarci a scrivere l'album noi siamo stati spinti in studio per creare una colonna sonora di un gioco della PlayStation. Questo è stato il motivo per cui siamo ritornati in studio. Cosa ci ha ispirato? La visione di un film, perché un videogioco oggi è un film. E quindi parte tutto da una colonna sonora di questo gioco che uscirà alla fine del 2024 e da lì abbiamo preso spunto per farlo diventare il nostro nuovo album. Quindi è nato tutto così nel periodo della fine pandemia. Ci siamo rinchiusi dentro uno studio-casa, chiamiamolo così, e abbiamo scritto tantissima musica. Parte di quello che abbiamo scritto sarà solo nella colonna sonora del videogame e altre cose saranno nel nostro nuovo album. E' stato un percorso creativo che abbiamo fatto in cui abbiamo scritto trenta canzoni. In un modo un po' anche inedito perché non ci eravamo mai trovati chiusi dentro una casa a convivere per tre mesi. E così è nato il nuovo disco.
In effetti il video dell'ultimo singolo "Any given day" ricorda un videogame...
L'ultimo video è stato fatto proprio dagli stessi che stanno concependo il gioco, quindi ci sono degli spunti. Anche l'altro video "Word's End", con cui tra l'altro abbiamo vinto il premio di miglior video d'Italia, è stato comunque preso da questo mondo virtuale. Noi, in tutti i nostri video e nelle nostre canzoni, abbiamo sempre come centro di argomentazione la tecnologia e l'uso che se ne fa. Giochiamo sempre molto con la tecnologia e quanto sia al servizio dell'uomo o viceversa, come nel caso dell'Intelligenza Artificiale, che si rischia che sostituisca in toto l'essere umano. La nostra musica, il nostro suono un po' ibrido, un po' particolare, nasce proprio così, dall'uso organico di strumenti digitalizzati. Ci siamo sempre posti la domanda su quanto sia importante e dove ci porterà la tecnologia. Oggi stiamo vivendo l'avvento dell'intelligenza artificiale, che per la musica e per l'essere umano è abbastanza pericolosa. Potrebbe sostituire l'uomo in toto se mal gestita. C'è una cosa che mi piace dire: ciò che non verrà mai sostiuto è l'errore umano. Dall'errore umano sono sempre venute fuori le cose migliori fondamentalmente. Cito sempre Jimi Hendrix, se non avesse sbagliato a mettere il volume di un amplificatore alto non sarebbe nata la chitarra distorta e di conseguenza il rock. Comunque dagli errori a volte vengono fuori delle cose meravigliose. C'è una zona di mezzo tra l'essere umano e la macchina che a me piace chiamare "alchimia" che nasce dal pensiero di più persone in una stanza, da più visioni... e queste alchimie non penso che l'intelligenza artificiale possa mai ricrearle. Poi uno può credere o non credere nell'anima, nelle combinazioni o nel destino, però qualcosa di simile c'è. Non voglio entrare troppo nella spiritualità. "Chase the Sun", la nostra canzone più famosa al mondo, nasce da un titolo molto evocativo. "Chase the sun" vuol dire segui la luce, è difficile spiegare a un'AI di seguire la luce, non quella della corrente elettrica.
Come è cambiata la dance dalla fine degli anni Novanta ad oggi? E voi come vi siete evoluti?
Ci tengo a dirti che c'è una grossissima differenza dalla percezione della musica dance italiana a quella europea. Noi siamo un gruppo italiano ma di matrice internazionale, nato in Inghilterra. Per noi la dance è tutto ciò che è musica ballabile. In Italia quando si pensa alla musica dance si pensa alle cose commerciali che si sentono in radio, quelle da ballare. Per noi la musica dance è molto più completa. Per citarti un gruppo su tutti, in Inghilterra i Massive Attack sono visti come un gruppo dance. Quindi per noi la musica dance è tutto ciò che è ballabile e c'è dentro ogni tipo di musica e i Planet Funk sono un po' testimoni di questo. Mescoliamo tante melodie, tante chitarre, che nella musica dance proprio "specifica" non ci sono. E' cambiato il panorama ma non per noi. Noi abbiamo continuato a fare il nostro suono, la nostra musica, il nostro concetto di dance. Il resto è cambiato perché oggi ci sono dj che hanno sostituito pop star nel mondo, penso a Peggy Gou che è un'headliner che ha un cachet stellare da 80/90 mila euro. Siamo arrivati a super star che riempiono palchi.
Da giugno site tornati in tour, com'è la scaletta dal vivo? In che modo rileggete i successi del passato, se lo fate?
Certo che lo facciamo! La formazione è ibrida. E' piuttosto elettronica perché non abbiamo il batterista, quindi il reparto ritmico lo faccio io in modalità dj. Poi c'è Marco Baroni alle tastiere dal vivo. Ci sono i due cantanti Dan Black e Alex Uhlmann che suonano le chitarre dal vivo e cantano. Siamo in quattro, con un bellissimo progetto di visual che accompagna il tutto.
Cosa ci dobbiamo aspettare adesso?
Sicuramente l'album nuovo accompagnato da un altro singolo in autunno. Dopo di questo ci sarà il videogioco che è stato una bellissima esperienza, una cosa diversa dalla solita routine di fare un disco qualunque. E sicuramente dopo l'uscita dell'album, nel 2024 usciremo in formazione completa live con il batterista e Gigi Canu. Non mi piace neanche più fare progetti a lungo termine perché dopo il covid preferisco vivere alla giornata. Dovrebbe essere così ma poi chi lo sa? Vivere il presente è stato un valore aggiunto nella mia vita, vivere troppo il futuro o il passato non è che faccia così bene, invece la mia lezione di vita del covid è questa: viversi il presente qui e ora.