© Alex Lake
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A dodici anni di distanza da "The Incident" la band torna con un nuovo album di inediti "CLOSURE/CONTINUATION". Tgcom24 l'ha incontrata
di Massimo Longoni© Alex Lake
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Si intitola "CLOSER/CONTINUATION" l'album che sancisce il ritorno dei Porcupine Tree, in una inedita formazione a tre. Steven Wilson, Richard Barbieri e Gavin Harrison (questa volta senza il bassista storico Colin Edwin) dopo una lunga parentesi di progetti solisti si sono ritrovati per album che pur riannodando i fili con il passato della band guarda al futuro, offrendo una versione in parte inedita del suono dei Porcupine Tree. "Dal nostro ultimo album il mondo e la discografia sono cambiati completamente - dice Steven Wilson -. Ma anche questa è una sfida interessante: come possono esistere i Porcupine Tree in questa nuova realtà? Facciamo del nostro meglio per presentarci come un'alternativa a tutto il resto".
Sono passati dodici anni da "The Incident" e dal relativo tour. Per molti i Porcupine Tree erano una realtà relegata in un passato che sembrava essere sempre più remoto. Soprattutto alla luce del percorso di Steven Wilson, sempre più impegnato nella sua carriera solista e verso lidi stilistici piuttosto lontani da quelli dei Porcupine Tree. E invece, anticipato dai singoli "Harridan", "Of the New Day" e "Rats Return", "CLOSER/CONTINUATION" è un ritorno di quelli corroboranti. Un album, che fedele alla filosofia della band, riannoda i fili con il passato suonando al contempo diverso da tutto ciò che il gruppo aveva fatto nei precedenti lavori.
Steven, facciamo un passo indietro. Nel 2020 pubblichi "The Future Bites", hai un importante tour programmato e i Porcupine Tree sembrano molto lontani dal tuo orizzonte. Poi arriva la pandemia e tutto si ferma. E ora, due anni dopo, siamo qui con un nuovo lavoro della band. Cosa è successo?
Wilson: In realtà questo disco, pur sottotraccia, è sempre stato in fase di sviluppo negli ultimi dieci anni. C'è quindi un senso di continuità con il precedente lavoro anche se sono passati così tanti anni. Stavamo già lavorando su idee che avrebbero potuto dare vita a un album di questo tipo già nel 2012.
E come mai tutti si bloccò?
Wilson: Le cose sono mutate gradualmente. Io sono stato sempre più assorbito dalla mia attività solista pubblicando cinque album, Gavin è entrato nei King Crimson e anche Richard è stato impegnato in progetti solisti. Per questo la gente a un certo punto ha pensato che ci fossimo separati e che non saremmo mai tornati insieme. Ma in realtà non è mai stato così. Non nego che più di una volta ho affermato che l'avventura dei Porcupine Tree potesse essere considerata il passato ma erano parole più che altro dettate da un senso di frustrazione di fronte a domande sul mio passato quando volevo che la gente si concentrasse su quello che stavo facendo.
Ma di fatto siete stati separati per più di dieci anni. O non è così?
Wilson: Non abbiamo mai rotto i rapporti. In tutti questi anni abbiamo lentamente sviluppato queste canzoni tutti d'accordo che avremmo pubblicato questo disco solo se fossimo arrivati a qualcosa di fresco da proporre nell'ambito del sound dei Porcupine Tree. E per un po' di tempo non ho avuto questa certezza.
Quando è cambiato qualcosa?
Wilson: Più o meno all'inizio del primo lockdown. Ho preso tutto il materiale che avevamo prodotto, l'ho messo sul mio telefono e me lo sono ascoltato mentre passeggiavo da solo nei boschi. E lì ho capito: era davvero buono e suonava come una nuova versione dei Porcupine Tree. Ho chiamato Gavin e Richard e ho detto loro che lo stop a tutto quanto a cui eravamo costretti era l'occasione giusta per finire quelle canzoni.
Molte canzoni portano la firma di almeno due componenti del gruppo. Avete lavorato a distanza?
Wilson: Le canzoni in realtà sono state scritte per la maggior parte prima del lockdown e quindi sono frutto di un lavoro interattivo in studio. Ovviamente abbiamo dovuto completare il disco nel periodo delle chiusure e quindi molto lavoro in quel caso è stato fatto a distanza. Credo che la cosa importante è che suoni come il lavoro di una band che si diverte a suonare insieme: non dà il senso di una serie di file scambiati via computer e messi insieme.
Barbieri: In questi giorni abbiamo iniziato a fare le prove e suonando le canzoni dal vivo posso dire che suonano davvero bene.
Sono passati dodici anni dall'ultima volta che siete stati insieme. Intanto il mondo è cambiato, quello discografico e non solo. Come è stato ritrovarvi?
Barbieri: L'essere stati lontani dall'essere in una band costantemente in tour, facendo incontri promozionali, sotto pressione per fare più dischi, ha fatto sì che avessimo spazio per cambiare anche le nostre vite private. E credo che ora guardiamo alle cose con un occhio diverso. Siamo più rilassati anche nei rapporti tra di noi e anche il fatto che in questo disco io e Gavin ci siamo sentiti più coinvolti che non negli ultimi ha contribuito a creare una bella atmosfera.
Wilson: Trump, la Brexit, il Covid... il mondo è cambiato incredibilmente ma più ancora il mondo discografico. L'industria discografica che abbiamo lasciato nel 2010 non ha nulla a che vedere con quella odierna. Ma anche questa è una sfida interessante: come possono esistere i Porcupine Tree in questa nuova realtà? Pensate allo streaming: siamo passati da un'era in cui la musica era arte a una in cui la musica è un contenuto da mandare a dei device. Come possiamo venire a patti con questa cosa? Ci troviamo in una sorta di situazione surreale. Facciamo del nostro meglio per presentare i Porcupine Tree come un'alternativa a tutto il resto. Che poi è quello che siamo sempre stati. Molto considerano i Cure o i Nirvana alternativi, ma in realtà quelle sono band mainstream. Noi siamo alternativi perché siamo sempre esisti al di fuori del mainstream e continueremo a farlo.
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Che ruolo possono avere i Porcupine Tree in un contesto simile?
Wilson: Siamo sempre stati outsider e forse oggi lo siamo ancora di più. Ho messo in piedi la band nel pieno dell'era in cui dominava il grunge, siamo diventati popolari negli anni 90 nel mezzo del ciclone britpop. Non siamo mai stati in linea con quello che andava in quel momento. E credo che ora questa sia diventato un punto di forza. Abbiamo creato questo nostro universo dove nulla suona come i Porcupine Tree. So che molti ci definiscono progressive ma noi non apparteniamo a nessun genere. Facciamo solo la musica dei Porcupine Tree.
L'album ha un sound complessivo diverso, come se fossimo davanti a una nuova versione del gruppo. E' stato un obiettivo deliberato o si è sviluppato lavorando sulle canzoni?
Wilson: E' stato un processo organico e naturale, figlio di alcune cose che sono cambiate rispetto al passato. Per esempio io ho suonato il basso e inoltre abbiamo scritto tutto in collaborazione tra di noi. Anche la chitarra ha un ruolo diverso, è stata enfatizzata, c'è meno chitarra heavy e le musica respira di più. Ma non c'era un piano per fare tutte queste cose.
Come hai detto, hai suonato tu il basso in questo lavoro. Come mai non è stato coinvolto Colin Edwin?
Wilson: Non c'è mai stata l'intenzione di "licenziarlo". Semplicemente l'album è nato dalle jam session tra me e Gavin, nelle quali ho dovuto suonare il basso. Alcune canzoni sono venute fuori abbastanza rapidamente con le mie parti di basso che, essendo io un chitarrista, hanno un approccio diverso da quello di Colin: faccio accordi, sono più aggressivo. E quindi è venuto naturale continuare su quella strada. Inoltre in questi dodici anni nessuno di noi lo ha sentito. E comunque dal mio punto di vista il basso non è mai stato determinante sul piano creativo: le tre coordinate su cui si sviluppa il nostro sound sono l'approccio di Gavin per le ritmiche, il sound design curato da Richard e il mio contributo nella composizione.
In questo disco avete sperimentato cose che non avevate mai fatto prima?
Barbieri: Sono sempre i Porcupine Tree ma che spingono al limite i perimetri entro cui muoversi. Per quanto mi riguarda è la prima volta che mi capita di lavorare con tutta la mia strumentazione a disposizione in un posto. Questo ha significato che durante le registrazioni avevo più opzioni su cui lavorare.
Wilson: Per esempio c'è una canzone, "Walk the Plank", in cui non c'è la chitarra, ci siamo solo io e Richard ai sintetizzatori e la batteria di Gavin. Inoltre credo che l'esperienza solista mi abbia cambiato come cantante e interprete. Ci sono parti che dieci anni fa non avrei mai fatto. Ho un approccio più caldo e passionale, meno freddo.
A proposito della tua carriera solista, dobbiamo considerarla per il momento chiusa?
Wilson: Assolutamente no. Sto già scrivendo i brani per nuovo album che sarà un'evoluzione di "The Future Bites". Questo disco dei Porcupine Tree non lo vedo come un'interruzione del mio lavoro solista ed è così anche per Gavin e Richard. Ed è il motivo per cui il disco suona così bene. Non avevamo bisogno di realizzarlo, ognuno di noi ha altre cose, ma è stato fatto solo per la gioia di farlo e suonare di nuovo insieme.
Avete già in mente di come sarà lo show che porterete in tour?
Wilson: Sono consapevole che dal momento che siamo stati lontani per così tanto tempo c'è molta gente che vuole vederci. E includo quelli che dieci anni fa non ci conoscevano nemmeno. Molti ragazzi giovani ci hanno scoperto nel frattempo. Rispetto ai miei tour solisti metteremo meno enfasi su visual e produzioni e punteremo sulla band e sulla musica. Il ché non significa che non sarà spettacolare, deve esserlo perché suoneremo in grandi venue (il 24 ottobre saranno al Mediolanum Forum di Assago - ndr) ma questa sarà una celebrazione dei Porcupine Tree come band e come musicisti e della loro musica.