L'artista ha raccontato a Tgcom24 il suo quinto album
di Luca Freddi© Ufficio stampa
A pochi mesi da "Perle ai porci", Pufuleti è tornato con il nuovo album, "Gotico romanzo". L'ennesimo centro, quinta uscita con questo moniker per Giuseppe Licata, siciliano emigrato da piccolo in Germania. Nome forse più interessante e senza paragoni del panorama rap italiano contemporaneo, si continua a distinguere per rimanere totalmente fuori dalla stessa scena (quasi una scheggia impazzita) come suoni, flow e soprattutto approccio, tra beat lo-fi, flussi di coscienza e una specie di trip lisergico, onirico e surreale. Con un linguaggio tutto suo. Straniante. Dall'esordio "Tumbulata" del 2019, salutato con entusiasmo, si è confermato con "Catarsi Aiwa Maxibon". Notturno, pieno di rimuginii, con parole sussurrate tra vari frammenti sonori, il nuovo album prodotto da Fed Nance e Wun Two sembra quasi un diario personale sommesso, con meno hip hop e più chitarra emotiva. Lo ha raccontato a Tgcom24.
I testi sono importanti, anzi cruciali da sempre per il tuo progetto. Ma mi sembra che siano talmente personali che forse hanno un senso principalmente per te. Sbaglio?
Non sbagli per niente, capisco che possa sembrare che i miei testi risultino estremamente personali. Quello che scrivo esce in maniera spontanea e spesso di getto. Trasuda naturalmente senza la ricerca obbligatoria di un filo logico. Sarà poi compito dell’ascoltatore trovare il significato che più gli aggrada. Per dirla con le parole di Francesco Flora: "E' giusto che vi sia un certo spazio fluido che ogni lettore riempie a suo modo, soprattutto attraverso i ricordi d'infanzia, dove la visione poetica si fa corporea proprio per quelle linee personali che le nostre esperienze di vita apportano alle sillabe e ai segni di uno scrittore".
Le persone o gli amici ti chiedono il significato dei tuoi brani?
Difficilmente mi viene chiesto il significato di ciò che scrivo. Come detto preferisco che ognuno si rifletta nelle emozioni che scaturiscono dall’ascolto della mia musica.
E la tua scrittura da cosa proviene e da che necessità nasce?
Non c’è la necessità di dire qualcosa di preciso, ma più che altro di vomitare pensieri.
Dato che qua in Italia andiamo sempre dietro alle mode o ai fenomeni passeggeri, volevo sapere come ti senti rispetto al mondo rap e cosa pensi del panorama italiano?
Non sono cresciuto con il rap italiano e vorrei riuscire a non farmi un parere su niente, sto bene così. Meno so e meno rischio di farmi influenzare. Adoro ascoltare Léo Ferré o i cani che abbaiano.
Da cosa nasce e come si è sviluppato questo nuovo disco, che è sicuramente diverso a tratti dai precedenti, anche per le sonorità e per quella chitarra, quel suono, quella obliquità e quell'intimità?
L’album è nato letteralmente a caso. Dovevo fare una sessione di produzione insieme a Wun Two, ma col fatto che è stato male proprio in quei giorni mi sono ritrovato a partire per i colli bolognesi insieme a Fed Nance che all’epoca non conoscevo personalmente. E’ stata una rivelazione... Ci siamo trovati, chiusi in una casa di campagna a passare notti insonni. E’ stato un totale flusso di coscienza alla Victor Egger.
Ci racconti la scelta del titolo e della copertina?
Il titolo è arrivato come un fulmine a ciel sereno. Una volta chiuso il disco il titolo è apparso in un sogno e non se ne è più andato. La copertina invece, è realizzata da Alex Kalogerakis, un pittore inglese con cui volevo lavorare da parecchio tempo. Aspettavo solo il disco giusto. Anche in questo caso, il suo stile si sposa perfettamente con il mood del disco.
In questo nuovo album pian piano esce qua e là anche una vena un po' emo/hip hop, con l'incedere strumentale e il tuo cantato. E la chiusura del cerchio arriva all'ultimo brano con la collaborazione con Jacopo Lietti dei Fine Before You Came. E' una nuova direzione, un passaggio momentaneo? Vedo che c'è sempre uno scarto, un passaggio, tra un tuo album e quello seguente
Mi stufo velocemente a fare le solite cose, e non dà problemi cambiare. Anche perché non mi pongo limiti rispetto alla musica che ascolto. Quindi per risponderti, si, è sia una nuova direzione, e allo stesso tempo un passaggio momentaneo. Su questo disco così come in Tumbulata tutto è nato in maniera spontanea. Quella che sarà la prossima direzione è difficile da prevedere. Non voglio pensarci troppo, anzi, non vorrei pensarci affatto. E si, Jacopo Lietti chiude il disco con una magia. Jacopo è un pensatore selvaggio.