Il cantautore si dice contrario alla proposta della Lega appoggiata dalla Siae. "Senza le canzoni straniere che ho sentito non sarei diventato quello che sono"
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Mentre si prepara al suo "Off The Record", 20 concerti al teatro Garbatella di Roma, dal 28 febbraio al 27 marzo, Francesco De Gregori interviene nella discussione circa la proposta della Lega di destinare per legge un terzo della programmazione delle radio alla musica italiana. "Mi sembra una stronzata - ha detto -. Non so cosa sarebbe stata la mia vita da musicista se non avessi potuto ascoltare fin da piccolo tutte le canzoni straniere che ho sentito".
Una posizione netta va non solo contro la proposta avanzata dalla Lega, ma anche contro l'appoggio arrivato dal presidente della Siae Mogol. "Sarei favorevole soltanto al fatto che il 33,3% periodico venisse riservato alle MIE canzoni", ha scherzato il cantautore aggiungendo poi, seriamente: "Le radio non mi passano, come non passano tanta gente come me. Bisognerebbe interrogarsi su questo".
Per De Gregori meglio quindi concentrarsi sulla sua attività dal vivo, che adesso lo vedrà per un mese protagonista per 20 sere in una storica sala da 230 posti. "Dal punto di vista dello show business è una scommessa - spiega il cantautore dopo la prova generale -. E' evidente che lavoriamo sottopagati, ma lo faccio perché mi piace suonare, perché mi piace provocare qualcosa che non è nell'aria e perché mi diverto".
Una scommessa anche sul fronte della scelta delle canzoni da suonare, che saranno pescate a rotazione tra 64 brani, molti tra i meno conosciuti di de Gregori. "E anche più scomodi. Il concerto ha momenti di gravità, nei testi, nelle canzoni, nei ritmi. Un repertorio che se fossi andato a Sanremo non solo non sarei arrivato primo, ma anche il giudizio che non mi avrebbe premiato". Nell'ultima prova hanno fatto capolino "San Lorenzo", "A Pa'", "Stelutis Alpinis". "Fare un concerto in un teatro da 230 posti ha senso perché forse queste canzoni vanno ascoltate in 230. Con la mia carriera, ormai non mi fischia più nessuno". L'incipit con "W l'Italia" e "Ma che razza de città", ovviamente non è casuale. Anche se il Principe, dice di non volere parlare di politica. "Non è casuale, ma non ve lo devo spiegare io - dice -. Entrambe le canzoni sono state scritte tempo fa e non sono collegabili all'attualità politica. Ma voglio rivendicare un sentimento di amore e di speranza per questo Paese".
Di questi live, che potranno essere replicati "anche in altre città, non rimarrà traccia. "Non registro niente, per questo si chiama "Off The Records". Citando Keats, saranno concerti scritti sull'acqua. Per me la musica live è così e questa dimensione mi porta a pensare che debba iniziare e finire qui ogni sera".