In programma 23 concerti dal 1° al 23 novembre
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Al via la 48esima edizione del Roma Jazz Festival che la Capitale dal 1° al 23 novembre con 23 concerti fra l’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”, la Casa del jazz e il Monk, una mostra fotografica e una serie di appuntamenti dedicati ai più piccoli. Hybrid è il concetto-guida che attraversa il cartellone 2024 che schiera, tra gli altri, Lakecia Benjamin, Nubya Garcia, Pat Metheny, James Brandon Lewis.
“Il jazz di oggi, e ancor più quello di domani, è frutto della creatività post-globale. La sua evoluzione, non dipenderà più solo dalla scena di New York, Los Angeles, Londra o Berlino ma da quella di Lima, Abidjan o Baku. Dalla sua diffusione tramite le piattaforme social e dalle nuove tecnologie, compresa l’Intelligenza artificiale. Si arriverà così a una totale ibridazione” ha spiegato il direttore artistico del Roma Jazz Festival Mario Ciampà.
Sono infinite le ibridazioni, espressive, stilistiche, culturali o geografiche, che attraversano la programmazione, la cui apertura il 1 novembre è significativamente affidata alla sassofonista americana Lakecia Benjamin con un’esplosiva fusione di jazz, R’N’B e funk che vien fuori dal suo ultimo album, "Phoenix": un grande omaggio alla sua New York risorta dalla pandemia come una Fenice ma anche alla propria “resurrezione”, dopo essere miracolosamente scampata a un incidente stradale. Una doppia metafora che vuol essere anche un auspicio rispetto alla catastrofe che sta segnando il mondo attuale.
Come sempre al festival non mancano i grandi nomi, quelli che non hanno bisogno di presentazioni. È il caso di Pat Metheny, icona per eccellenza della chitarra fusion, che il 4 novembre al Roma Jazz Festival si esibirà in solo per presentare alcuni brani del suo ultimo album "MoonDial", e ripercorrere le sue più celebri composizioni per chitarra acustica e abbandonarsi a un travolgente fiume di improvvisazione. Altro grande protagonista di questa edizione, il sassofonista americano Bill Evans che dopo 30 anni di carriera da solista oggi non smette di innovare creando nuove relazioni con musicisti di diversa estrazione. L’11 novembre arriva con una formazione stellare, The VansBand All Stars, in cui spiccano Gary Husband e Felix Pastorius (figlio del mito Jaco). Fra i giganti della scena mondiale ci sono anche il contrabbassista britannico Dave Holland che ritorna al Festival il 19 novembre con la formazione Crosscurrents Trio, mettendo in connessione il jazz con la musica indiana; e il percussionista americano Famoudou Don Moye a lungo batterista degli Art Ensemble of Chicago e alfiere del Panafricanismo musicale (e culturale). Decisamente più giovane ma già brillante astro del panorama internazionale è invece il sassofonista James Brandon Lewis. 41 anni, background gospel, educazione cristiana, Lewis riesce a trovare il perfetto equilibrio fra l’intensità spirituale e la libertà dell’improvvisazione. Alla guida del Red Lily Quintet, il 22 novembre si esibirà lasciandosi ispirare dalla indimenticata stella del gospel Mahalia Jackson, cui ha dedicato il suo ultimo album For Mahalia, With Love.
Il Roma Jazz Festival continua a volgere lo sguardo verso le geografie “altre” rispetto a quelle consolidate in ambito jazz. Così all’interno della programmazione trovano spazio musicisti provenienti dall’Azerbaijan, dalla Siria, dalla Repubblica Ceca e dalla Norvegia. Da Baku arriva ad esempio il pianista e compositore Isfar Sarabski che il 23 novembre ritorna al festival in quartetto dopo aver incantato il pubblico capitolino nel 2022. Il suo è un jazz impressionista denso di riferimenti alla tradizione folklorica azera ma al tempo stesso segnato dal minimalismo e aperto alle sperimentazioni elettroniche, grazie anche alle diverse collaborazioni con alcuni dei protagonisti della scena clubbing della sua città natale. È diventato famoso in tutto il mondo per aver iniziato la sua carriera fra le macerie di una Damasco devastata dai bombardamenti del 2011 il pluripremiato pianista nato nel campo profughi palestinese Yarmouk Aeham Ahmad, fuggito poi dalle persecuzioni dei miliziani dell’Isis per approdare, dopo un lungo viaggio nel Mediterraneo, in Europa. Sarà dal vivo il 22 novembre. La pianista e compositrice Nikól Boková è invece una figura di spicco della scena della Repubblica Ceca e il 21 novembre arriva al festival nella formazione quartetto per presentare il suo ultimo album "Expedition", che mette in dialogo il jazz con la musica classica, il minimalismo e la musica pop. Il trombettista norvegese Nils Petter Molvær, considerato un pioniere del nu jazz, è invece special guest, insieme allo straordinario percussionista Michele Rabbia, il 13 novembre di (R)Evolution, un progetto interamente scritto da Alessandro Contini ed Elisabetta Antonini e ispirato a figure, in vari campi e a modo loro, rivoluzionarie, come Fela Kuti con il suo impegno politico, Salgado con quello ambientalista e Pina Bausch sul fronte delle trasformazioni radicali che ha apportato alla danza contemporanea.
Come ormai da tradizione del Roma Jazz Festival, forte è infatti il protagonismo femminile all’interno della programmazione. Oltre a Lakecia Benjamin, Nikól Boková ed Elisabetta Antonini, l'edizione 2024 è segnata dalla presenza di artiste di primissimo piano come la cantante Camilla Battaglia che il 23 novembre presenta "Elektra", un concerto ispirato a personaggi femminili archetipici ancora oggi legati a stereotipi sociali che ibrida il jazz con la letteratura. O come la pianista e compositrice greca Tania Giannouli, al festival in Trio il 21 novembre per presentare le sue sonorità frutto di ispirazioni molteplici e contraddistinte da un approccio interdisciplinare. Che è anche l’approccio di una vera stella del jazz italiano come la pianista Rita Marcotulli pronta ad accompagnare il pubblico del festival il 20 novembre in un viaggio visionario nell’opera di Caravaggio che è, al tempo stesso, un grande omaggio all’arte italiana. Fra jazz, elettronica, classica, contemporanea e i testi di Stefano Benni, Caraviaggianti è uno spettacolo multimediale che lascerà incantati gli spettatori. Infine, la grande personalità di Nubya Garcia, sassofonista e compositrice ma soprattutto paladina della nuova scena inglese, che il 10 novembre salirà da sola sul palco per suonare sax, batteria, tastiere e basso in un vortice di sonorità jazz, r'n'b, dub, ska e broken beat che avvolgono il suo ultimo album "Odissey".
Sul fronte nu jazz in Italia i fari sono sicuramente accesi sul caleidoscopico trio Tommaso Cappellato – Collettivo immaginario, esponenti di quella onda che sta rivitalizzando fortemente la scena della penisola, facendo incontrare il jazz con l’elettronica anni ’70, le colonne sonore di Piccioni e Umiliani, il funk e i ritmi brasiliani, sotto la guida spirituale di artisti come Hermeto Pascoal, Herbie Hancock e Azymuth. Il 10 novembre presenteranno al festival le composizioni dell’ultimo album Oltreoceano. Contaminazione è la parola d’ordine anche di Murubutu, fra gli assoluti protagonisti della scena hip-hop italiana e ideatore di una particolare e originalissima forma di rap in stretto dialogo con la letteratura, la poesia e il cantautorato che nasce dalla sua professione di insegnante di storia e filosofia. Si esibirà il 21 novembre insieme alla Moon Jazz Band grazie alla quale ha di recente rivisitato il proprio repertorio hip hop in chiave jazz.