Sacha Baron Cohen nei panni di Borat
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L'attore parla con Eric Idle, uno dei componenti del gruppo comico Monty Python durante un incontro online organizzato dall’American Cinemateque
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"Ho sempre pensato alla comicità come strumento per umiliare i potenti. Io me la prendo con i bulli, con chi fa cose sbagliate...". Parole di Sacha Baron Cohen. L'attore è intervenuto durante un incontro online organizzato dall’American Cinemateque per raccontare il suo modo di intendere il cinema. Tra i trionfatori dell'attuale stagione cinematografica Baron Cohen è protagonista di "Borat 2" e di "Il Processo dei Chicago 7, film con i quali ha fatto incetta di nomintion ai Golden Globe ed è ora in corsa per gli Oscar.
Con lui all'incontro anche Eric Idle uno dei componenti dei leggendari Monty Python, che introducendo Baron Cohen ha detto: "Un uomo che ha realmente cambiato le tante facce della commedia" e riguardo alle candidature dell'attore britannico ha aggiunto: "Non vorrei dire cosa fare ai votanti, ma Sacha ha fatto un grandissimo lavoro ed è il momento che venga riconosciuto. Sono molto fiero di te".
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Baron Cohen ha quindi voluto approfondire il discorso della satira che domina nei suoi film: "Fin dall’inizio, fin da Ali G (personaggio immaginario da lui creato ed interpretato, apparso per la prima volta nel 1998, ndr) ho pensato alla comicità come strumento per umiliare i potenti. Provo una certa soddisfazione a colpire personaggi come Dick Cheney o Donald Trump", ha detto l'attore britannico ricordando l'intervista a Trump proprio nei panni di Ali G. "Era molto deluso dal non avere come intervistatrice una bionda in tailleur. Ha resistito sette - otto minuti, ha interrotto solo quando ho iniziato a chiedergli soldi".
E la satira è al centro anche del sequel di Borat: "Per la prima volta durante le riprese ho dovuto indossare un giubbetto antiproiettile. E' successo per la scena al raduno dei pro-armi. Ci avevano detto che sarebbe potuto diventare violento se i manifestanti avessero capito che qualcuno tentava di infiltrarsi...lì c'erano tante persone con armi semi automatiche. Poi mentre cantavo la canzone contro i vaccini e Obama, alcuni hanno capito che era una gag e sono saltati sul palco. Noi siamo scappati e ci siamo rifugiati in un'ambulanza, ma non ci lasciavano andare via. Il poliziotto che era lì, sosteneva i manifestanti, e non ci ha aiutato".
Per l'attore britannico un'altra grande soddisfazione è stata quella di poter interpretare un uomo che ha sempre ammirato, Abbie Hoffmann (attivista, scrittore e tra le figure di riferimento del movimento di protesta del '68), al quale aveva anche dedicato parte di una sua dissertazione quando era studente di storia a Cambridge: "Ero ossessionato da lui sin da quando avevo 20 anni e quando 13 anni fa, ho saputo che Spielberg stava lavorando a un film sul processo ai Chicago 7 mi sono subito proposto per il ruolo. Ho lavorato settimane per avere il giusto accento". Il progetto poi si è fermato ed e' stato ripreso solo recentemente da Aaron Sorkin: "Essere sul quel set con giganti del teatro e del cinema come Frank Langella, Eddie Redmayne, Mark Rylance, è stato incredibile. Le comparse che facevano da spettatori al processo, applaudivano tra una scena e l'altra". In quel periodo "giravo i Chicago 7 il giorno e lavoravo al sequel di Borat la sera, con il timore di non fare in tempo a finirlo. Volevo assolutamente che uscisse prima delle elezioni americane".
E "c'èda ringraziarti", h voluto sottolineare Idle: "Potresti aver influenzato positivamente il voto, visto che hai smascherato un po' di quei cretini".
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