"LACCI" AL FRANCO PARENTI DI MILANO

Silvio Orlando: "A teatro porto la notte della famiglia e interpreto un uomo solo... come il Cardinal Voiello"

L'attore va in scena al Franco Parenti di Milano con "Lacci", pièce tratta dal romanzo di Domenico Starnone

di Antonella Fagà
12 Dic 2016 - 10:17

    © agenzia

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Dopo il successo sul piccolo schermo con "The Young Pope" in cui ha interpretato il Cardinal Voiello, Silvio Orlando si "ritaglia" il suo spazio teatrale per portare in scena "Lacci" di cui è protagonista con la sua compagnia, diretto da Armando Pugliese. Tratta da un adattamento teatrale di Domenico Starnone del proprio romanzo del 2014, la pièce sancisce il sodalizio dell'attore con lo scrittore napoletano con il quale Orlando ha già lavorato in "La scuola".

"Lacci", che sarà a Milano dal 13 al 18 dicembre al Teatro Franco Parenti e approderà al Teatro Eliseo di Roma dal 25 gennaio al 12 febbraio, è un dramma familiare che racconta la fine di un amore e l’abbandono, il fallimento della famiglia e la sua disgregazione. "E' un viaggio all'interno della notte della famiglia, di una famiglia in particolare, senza pretese da trattato sociologico, ma mettendo in scena una famiglia dentro alla quale tutti possono riconoscere un pezzetto della propria", racconta Orlando a Tgcom24.

Dopo "La scuola" messo in scena nel 2014, un altro testo di Starnone a teatro...
"Erano 23 anni che marcavo stretto Domenico, ma per mille motivi, tra cui la pigrizia da cui entrambi siamo afflitti, ci abbiamo messo tutto questo tempo per un nuovo allestimento insieme, molto diverso dall'altro. "La scuola" era molto più leggera, con toni divertenti... Qui invece si mette in scena la notte della famiglia. Ma come per "La scuola" il tema è universale. E sebbene il tono sia molto disincantato e tragico, io trovo che si tratti di un testo necessario, come è stata "La scuola". Un modo per riflettere sulla cellula base della nostra società, che mi sembra lenta, come è lenta la scuola, nella sfida con il mondo che va ad una velocità tripla o addirittura quadrupla".

Protagonisti della pièce sono una coppia di coniugi piccolo borghesi, Aldo e Vanda, che si sono sposati giovani, all’inizio degli Anni Sessanta. Sullo sfondo la città di Napoli. Quando lui però viene trasferito a Roma per lavoro, scopre la libertà di poter tornare a innamorarsi e ad amare e prende la difficile decisione di lasciare moglie e figli. Ma la moglie reagisce, gli mette davanti le responsabilità verso i figli e lui torna, i lacci della paternità lo riportano in famiglia, dopo quattro anni. Un ritorno che costerà caro a tutti...

La famiglia al fulcro della pièce?
"La famiglia che ha smesso di avere il significato che aveva. Una volta alcuni meccanismi funzionavano, certo a discapito di qualcuno, ovvero della donna, che faceva dieci passi indietro rinunciando a se stessa e alla propria individualità come persona e si dedicava alla famiglia, in nome dei figli e del loro futuro. Ma c'è poco da rimpiangere questo nucleo familiare purtroppo, non è più proponibile".

E' l'ipocrisia quindi a sfasciare le famiglie?
"Il meccanismo che tiene assieme la famiglia del libro è basato sull'ipocrisia. Ognuno vive una vita parallela e la mia sensazione è che i singoli individui, proprio nella famiglia, tirino fuori il peggio di se stessi. Questi destini paralleli, nello spettacolo, vengono messi ben in evidenza però senza che nessun punto di vista prevalga, ognuno porta il proprio e sta al pubblico interrogarsi sulla possibilità di arrivare a una sintesi dei vari punti di vista. Perché alla fine la famiglia di questo dovrebbe nutrirsi, di una sintesi dei punti di vista, che però non sembra possibile e così si sfalda tutto".

C'è una soluzione?
"Io credo che il sistema famiglia debba essere rimesso in discussione, i meccanismi ripensati. Io non posso certo salire in cattedra per dire cosa non funziona, sono addirittura un po' imbarazzato sul tema. Non ho mai avuto una vita di famiglia standard, mia madre è morta che ero bambino e la nostra famiglia ha vissuto terremotata da quell'esperienza e da lì non abbiamo più avuto una vita tradizionale, madre, padre e figlio. Io adesso vivo una vita di coppia senza figli, non una vera famiglia insomma. Faccio fatica a dire si fa così e si fa così... Penso che sia una cosa faticosa e che ci voglia pazienza per creare e far funzionare una famiglia, ma la pazienza l'abbiamo persa...

Silvio Orlando nei "Lacci" di Starnone

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© ufficio-stampa
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Un altro interrogativo che pone lo spettacolo è il tradimento...
"L'interrogativo non trova risposte. E' possibile infatti un rientro a casa dopo un tradimento importante, durato 4 anni in cui una persona si è impregnata di un'altra persona? E' fattibile? Aldo, il protagonista della pièce ritorna in famiglia, ma la domanda rimane sempre la stessa: cosa provoca più danni fuggire e accettare di aver lasciato alle spalle un disastro o il disastro più grande di un rientro, senza la possibilità del perdono, della dimenticanza da parte della donna del tradimento?".

Quali sono i lacci di Orlando?
"I lacci con mia moglie e con i legami di sangue...".

In "The Young Pope" hai interpretato il Cardinal Voiello, un personaggio senza scrupoli, "oscuro" e tormentato, come il personaggio della pièce...C'è un nesso tra i due ruoli?
"Al cinema non è come in teatro, dove io mi faccio le domande e io mi do le risposte, faccio un progetto mio e decido ciò che voglio, anche il ruolo. Al cinema sei legato ad una chiamata, ad una richiesta, c'è un investimento di fiducia di un altra persona. "The Young Pope" per me è stata una grande fortuna, che mi è capitata, una cosa bellissima e meravigliosa, una delle meravigliose follie di Paolo Sorrentino, che ha deciso di affidarmi questo personaggio anche buffo e curioso, un personaggio difficile, che sfugge alle mani, come la Chiesa. Da una parte ti indigna dall'altra ti affascina, perché ti rendi conto di quanto possa essere grande il lavoro che fa, quando ci sono bisognosi la chiesa c'è... Sempre".

Che cosa c'è in comune con Aldo di "Lacci"?
"Aldo è accomunato a Voiello dalla solitudine. Come lui si aggrappa al ricordo di un amore, che come tutti gli amori con la A maiuscola, si può solo desiderare o rimpiangere. E' un po' come per i preti, l'amore per Dio, è un amore che non afferri mai. Anche i preti sono sempre pieni di dubbi e tormentati. Il cardinale Voiello è un uomo solo, come tutti gli uomini di chiesa. E in questa sua solitudine, sviluppa la sua forma di dedizione e di amore cristiano. Anche il protagonista di "Lacci" è un uomo che si inaridisce, che prova una forma di malinconia senza desiderio. Nella loro solitudine questi due personaggi sono molto vicini".

Cosa significa per te il teatro e a quale punto del tuo cammino professionale ti trovi adesso?
"Il teatro è il mio posto nel mondo, professionalmente, un bisogno, una necessità. Gli attori sono legati ad un elemento di irrazionalità... fai progetti e poi la vita va da un'altra parte, ti capitano colpi di fortuna inaspettati, come "The Young Pope". Fai quello che puoi e... accade quello che viene insomma. L'elemento di casualità è il bello del nostro mestiere, al quale ti devi abbandonare senza irrigidirti, accettando quello che arriva. Ti puoi preparare, studiare ... puoi migliorare, cercare di non perdere mai lo smalto, la gioia, la voglia dei 18 anni... ma ci sono cose che prescindono da te. L'attore è un artista senza progetto, non riesce a fare progetti su se stesso e io non faccio progetti per ora...".

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