Al Franco Parenti di Milano va in scena "Ciarlatani"
© Guido Mencari
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In scena dall'8 al 20 ottobre
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Arriva, al Franco Parenti di Milano, dall'8 al 20 ottobre, "Ciarlatani", scritto e diretto da drammaturgo e regista spagnolo Pablo Remón e tradotta dal drammaturgo Davide Carnevali. Sospeso tra sogno e realtà, presente e passato, ragione e sentimento, immaginazione e illusione, lo spettacolo si snoda su più piani e più trame al cui centro si colloca il protagonista principale, un camaleontico Silvio Orlando, il cui compito è quello di accompagnare in maniera carismatica, gli altri numerosi personaggi, tutti interpretati da Francesca Botti, Francesco Brandi e Blu Yoshimi, per l'intera pièce, una satira sul mondo del teatro e del cinema, che invita ad una attenta riflessione sul successo, sul fallimento e sui ruoli che ricopriamo.
"Ciarlatani" è uno spettacolo, che si potrebbe definire "sui generis", ibrido nello stile e nella forma, tra linguaggio cinematografico e teatrale, racconto narrativo e autofiction, senza una vera e propria trama, bensì con più racconti, dieci capitoli per soli quattro attori, che viaggiano tuttavia attraverso decine di personaggi, spazi e tempi, ad un ritmo impressionante, entrando e uscendo dal personaggio di turno con nonchalance e estrema abilità interpretativa, per dare vita al racconto, impietoso e divertito, di manie, storture, fasulle ambizioni e ideali frustrati dell'impostore per antonomasia: l'attore.
Tra produttori cocainomani, sceneggiatori plagiati, attori underground incomprensibili per primi a sé stessi, attrici di chilometriche soap invecchiate dentro al proprio ruolo, la pièce di Pablo Remòn, dissacra e diverte rivelandoci come il recitare possa essere fuga e, all'opposto, rifugio; colpa ma anche alibi; e perfino terapia. E invitandoci a riflettere sulle illusioni e le ipocrisie che si nascondono dietro alla ricerca della fama e sulla natura dell’autenticità dell'arte in perenne tensione tra essere e apparire.
© Guido Mencari
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Chi siamo, cosa vogliamo, che cosa desideriamo. E ancora cosa sappiamo fare, cosa non sappiamo fare, cosa gli altri si aspettano da noi.
Queste le domande davanti con le quali si confrontano i personaggi in scena, intenti ad accettare il proprio fallimento, seguire la propria vocazione, rifiutare il compromesso, riconoscere il valore altrui.
C'è Anna Velasco (Blu Yoshimi), un’attrice la cui carriera è in fase di stallo. Dopo aver recitato in piccole produzioni di opere classiche, ora lavora come insegnante di pilates e nei fine settimana fa teatro per bambini. Tra soap opera televisive e spettacoli alternativi, Anna è alla ricerca del grande personaggio che la farà finalmente trionfare.
E poi Diego Fontana (Silvio Orlando) è un regista di successo di film commerciali che si sta imbarcando in una grande produzione: una serie da girare in tutto il mondo, con star internazionali, ma che in seguito ad un incidente dovrà affrontare una crisi personale e ripensare la sua carriera.
E ancora il padre di Anna, Eusebio Velasco (sempre interpretato da Silvio Orlando), regista di culto degli anni ’80, scomparso e isolato dal mondo.
C'è l'autore stesso della pièce Pablo Ramòn ( Francesco Brandi), chiamato a raccontare tutto in maniera dettagliata, e un produttore, un buffo barista kazako, un bambino di sei anni con un palloncino... Una giostra di personaggi che si intrecciano, si incontrano e si scontrano, si sognano e si immaginano senza vincitori né vinti, solo protagonisti di quella folle storia che è la vita.