Il cantautore racconta a Tgcom24 il nuovo album "Abbi cura di me" dopo l'avventura sanremese
di Santo Pirrotta© ipa
A Sanremo ha emozionato tutti con la sua poesia, adesso "Abbi cura di me" diventa una raccolta che ripercorre la carriera di Simone Cristicchi, un modo per farlo scoprire alla nuova generazione. Dagli esordi del 2005 con il tormentone "Vorrei cantare come Biagio" fino al Festival. Il cantautore si racconta a Tgcom24: "La vita è una altalena, sapere di avere una persona accanto che si prende cura di te è un grande conforto, il mio è un messaggio di speranza".
Cosa hai provato quando la platea di Sanremo si è alzata in piedi per te?
E' stata una emozione inaspettata, si percepiva un silenzio di grande rispetto, dopo il primo timido applauso c'è stata una standing ovation incredibile, che mi ha lasciato scosso e mi sono girato a cercare lo sguardo di Claudio Bisio per trovare in lui una risposta: 'Ma sta accadendo davvero?'.
Cosa ha significato per te questo ritorno a Sanremo?
La voglia di rimettermi non tanto in gioco, ma a nudo di fronte a milioni di persone. Cui vuole una dose di follia e un bel po' di coraggio. Questa canzone è una dichiarazione di intenti, non voglio insegnare niente a nessuno, ma ognuno può fare le proprie riflessioni.
Lanci un messaggio positivo...
Di speranza. E' drammatico perché la vita è una altalena, tra schiaffi e carezze. Siamo in mezzo a una tempesta come delle barche che cercano un equilibrio. Ma sapere di avere una persona accanto, che si prende cura di te è un grande conforto. Ci spinge ad andare avanti su questa rotta.
L'album è una raccolta dei tuoi successi, ma anche un modo per raccontare chi è Cristicchi alla nuova generazione?
Quando ho sentito la track list dopo aver scelto i brani ho pensato che molti mi scopriranno con questo disco. Al di là delle canzoni di successo, ci sono almeno 12 brani meno conosciuti che però mettono in mostra la mia capacità di scrivere e narrare delle storie in forma di canzone. Spero mi farà scoprire a tanta altra gente.
Che cosa è per te la felicità di cui parli nel tuo documentario "Happy Next"?
Intanto bisogna individuare cosa è che non ci rende felici. Che è già un bel punto di partenza. Punto alla gioia, alla serenità, che è uno stato più stabile. Quando mi sento triste o malinconico penso ai semi che ho lasciato alle mie spalle. Di gesti, parole. Dimenticandomene poi. Questi semi poi germogliano.
Torni alla dimensione del teatro con il monologo "Manuale di volo per uomo"...
Prodotto dal teatro stabile d'Abruzzo di cui io sono direttore artistico. E' uno spettacolo dove mi interrogo su come poter costruire una vita che sia consapevole e sul superamento del dolore. Racconta la storia di un ragazzo che vive una vita molto sfortunata e che attraverso l'arte riesce a trasformarsi e ad aprirsi al mondo: è la mia storia.