© Pascal Ito
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Dal 28 novembre al 14 gennaio a Milano Slava Polunin e il suo show più acclamato: commovente, ironico, pieno di poesia
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Poetico, universale e senza tempo. Da tre decenni "Slava's Snowshow" continua a incantare milioni di spettatori di tutte le nazionalità ed età, trasportando gli adulti in un mondo di stupore e meraviglia tipico dell'infanzia. Dal 28 novembre al 14 gennaio la potente esperienza teatrale di Slava Polunin torna al Teatro Strehler di Milano. Sogni, speranze, desideri, nostalgie, mancanze e disillusioni si mescolano in questo spettacolo che travalica i generi e sfugge a qualsiasi definizione, essendo libero, lirico, ironico, fantasioso, divertente e tenero, venato talvolta di malinconia.
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Il suo geniale ed eccentrico ideatore, il russo Slava, (pluripremiato con l’Olivier e il Time Out Award a Londra, il Drama Desk a New York, lo Stanislavskij a Mosca e il Festival Critics Award a Edimburgo) e considerato “il miglior clown del mondo”, racconta: "Un giorno ho capito che volevo creare uno spettacolo che ci potesse riportare ai nostri sogni di bambini, che potesse aiutare le persone adulte che venivano a teatro a tornare alla loro fanciullezza di una volta. Questa era la sfida: ho sentito di aver trovato la strada di una nuova terra inesplorata e affascinante. Ho deciso di inoltrarmi in un sentiero intrapreso da pochi clown prima, in campi nei quali non ti aspetteresti mai di trovare un clown! Volevo andare a fondo nell’ambito della tragicommedia, per capire come fondere il dramma con la risata, per misurare come un personaggio mite e indeciso può mostrarsi al pubblico di oggi, abituato a un caleidoscopio di eventi, colori, suoni, 'spazi-tempi'. Desideravo che il mio personaggio fosse epico e lirico, tenero e travolgente, sveglio e naif".
Il suo clown, tenero e romantico, in tuta gialla da lavoro e pantofole rosse, è nato prendendo spunto dalla tristezza poetica dei clown di Leonid Engibarov, dalla raffinata filosofia della pantomima di Marcel Marceau, dall’umanità e dalla comica amarezza dei film di Chaplin, che Slava considera suoi maestri. "Ho iniziato a rallentare il ritmo, a dare significato ai gesti minimi che ora per me erano molto più espressivi e colorati che pomposi o solenni. Divenni un appassionato dei 'gesti non - finiti', interrotti, congelati come da un improvviso pensiero. Anche il mio personaggio è evoluto. I regolari tondi bianchi di sorpresa intorno agli occhi e alla bocca furono sostituiti da forme nere e confuse, il costume di scena diventò largo e trasandato. Il mio gentile e commovente Assissai è cresciuto con me, diventando pensieroso ed esitante", racconta ancora.
Lo "Slava’s Snowshow" libero, lirico, ironico, fantasioso, divertente e tenero, talvolta venato di malinconia. Lo spettacolo è una sequenza di sorprendenti magie. Una nevicata di carta che infuria su tutta la sala, enormi, leggerissimi e colorati palloni che planano sulla platea, cinque clown che danno gas a una rappresentazione poetica e candida, dispettosa e imprevedibile, gioiosa e atletica, in bilico tra happening e circo. Ma prima di questo coup de theatre, sono molti i sortilegi e le ironie che i clown regalano alla platea, invadendola talvolta, per fare qualche dispetto esilarante.