L'attrice e regista porta in scena al Franco Parenti di Milano dal 26 febbraio al 3 marzo un testo di Violette Ailhaud, che presenta a Tgcom24
di Antonella Fagà© ufficio-stampa
Una storia di rigenerazione, un inno alla vita e all'umanità, al Teatro Franco Parenti di Milano, dal 26 febbraio al 3 marzo, va in scena "L'uomo seme", ideato, diretto e interpretato da Sonia Bergamasco. "E' una storia straordinaria di donne e della loro capacità di rinascere...", così racconta la regista e attrice a Tgcom24: "Un racconto tutto al femminile che ho tratto dal bellissimo libricino della scrittrice francese Violette Ailhaud e trasposto in palcoscenico come spettacolo corale..."
Di cosa parla "L'uomo seme"?
E' la storia straordinaria di una comunità di donne dell'Alta Provenza, che a metà 800 si trova ad affrontare la totale scomparsa degli uomini, mariti, figli, fratelli uccisi, deportati o imprigionati dalle truppe napoleoniche in seguito alle sommosse popolari, perché repubblicani e ostili al governo del nuovo tiranno. Donne contadine che vivono in una comunità dove si accudiscono i bambini, si coltivano i campi... Per due lunghi anni queste donne vivono nell'attesa che succeda qualcosa e resistendo alla difficile situazione che is trovano ad affrontare. Finché decidono di stipulare un patto estremo per ridare vita alla comunità: il primo uomo che arriverà nel villaggio sarà l'uomo di tutte. L'uomo seme appunto. La precedenza spetterà a colei che l’uomo toccherà per prima, e poi a tutte le altre.
Come è nato lo spettacolo?
Ho scoperto il piccolo libro di Violette Ailhaud perché mi è stato regalato anni fa da alcune amiche e ho immediatamente pensato che fosse straordinariamente raccontato, con una lingua magistrale, una lingua asciutta, forte, concreta e semplice al tempo stesso per aderire pienamente alle emozioni potenti, che questa storia trasmette. E ho subito desiderato una trasposizione teatrale. Ho pensato che questa bellissima storia di vita e rinascita andava raccontata in maniera corale e che doveva passare per una lingua musicale, una lingua cantata, quella attraverso la quale spesso le comunità al femminile si tenevano in vita e trasmettevano il loro sapere. In scena ho voluto così un gruppo di attrici, un coro di donne, un quartetto vocale pugliese che ammiro molto, le Faraualla, grandi musiciste che spaziano dal pop alla ricerca etnica ed eseguono un repertorio di polifonie vocali a cappella oltre a recitare. Si viene così a creare una storia in musica. Anche per la parte dell’ “uomo seme” ho scelto un percussionista, che conosco da tempo, Rodolfo Rossi: interpreta un maniscalco, che porta in scena i suoi strumenti con i quali riproduce le suggestioni ritmiche del lavoro che svolge. Al centro della scena un grande albero, una scultura scenica, l’anima del villaggio attorno alla quale si sviluppa l’energia creativa dello spirito femminile e viene ristabilito il ciclo naturale, interrotto dalla guerra. A raccontare è Violette, che all'epoca dei fatti ha sedici anni, e la storia ha la forma di memoriale, quindi è presumibilmente una storia vera, narrata quando lei è ormai anziana e ricorda ciò che è successo proprio mentre si trova a vivere un'altra esperienza di guerra.
Una storia ... "femminista"?
Assolutamente no. Il racconto è come un organismo vivente che viene tenuto insieme da una lingua calda, emotiva e teatrale, con semplicità e senza retorica. E' una storia che può valere anche oggi perché parla di un femminile che sa rigenerarsi, ma soprattutto che ama l'altro da sé, ovvero i propri uomini. Non c'è contrapposizione tra l'uomo e la donna. C'è sicuramente la consapevolezza delle donne di poter fare da sole, di sapersi far carico di tutto e poterlo dimostrare, ma c'è anche il forte sentire che insieme è meglio e il desiderio di ristabilire un ciclo naturale delle cose. Nel racconto la natura, le stagioni, la raccolta dei frutti, la cura delle bestie, i momenti rituali dell'anno sono molto sentiti e presenti. Un tempo che ha una sua lentezza, alla quale noi abbiamo voluto aderire in scena nel tentativo di ristabilire e ricreare questo tempo rotondo, ciclico e trasmetterlo al pubblico.
Cosa desiderano queste donne attraverso l'uomo seme?
Ricreare la vita, in un insieme armonico. E' una guerra raccontata al femminile, dove però la donna non si mascolinizza e non rinuncia ai suoi attributi femminili per affrontare il conflitto, come invece è successo in altri racconti di guerra e di guerriere. Nel racconto di Violette Ailhaud e nel mio spettacolo le donne hanno bisogno degli uomini, tanto quanto gli uomini hanno bisogno delle donne. E l'uomo che finalmente arriva per porre fine alla situazione di crisi della comunità, non diventa un uomo oggetto. La prima donna che incontra infatti è Violette, è con lei che dormirà per primo e di lei si innamorerà, ma terrà fede al patto della comunità e andrà anche con tutte le altre donne, senza amore però, l'amore lo tiene solo per Violette.
Un racconto anche d'amore quindi?
Sì, fioriscono sentimenti profondi pieni di sfumature in un intrico di sentimenti erotici e amorosi. Anche se vince il senso della comunità che ha più forza della necessità individuale, anche quest'ultima esiste.
Ritiene possibile un percorso di questo genere per la nostra società?
Se è pensabile è anche possibile. Non viviamo solo arroganza e abuso... c'è anche armonia tra uomini e donne.
"L'uomo seme"
dal 26 febbraio al 3 marzo
Franco Parenti Milano
Informazioni
Biglietteria tel. 0259995206
biglietteria@teatrofrancoparenti.com
Biglietteria on line www.teatrofrancoparenti.it