DAL BELGIO

Soulwax: "Non solo computer, mettiamo l'anima nell'elettronica"

Il gruppo belga sarà tra i protagonisti dell'Home Festival di Treviso. a Tgcom24 raccontano la loro idea di musica

di Massimo Longoni
22 Ago 2017 - 21:54
 © ufficio-stampa

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La nuova frontiera dell'elettronica arriva dal Belgio: non solo synth ma tappeti elettronici e melodie costruite su una solidissima base ritmica offerta da tre batteristi in carne ed ossa. I Soulwax dei fratelli Dewaele il 31 agosto saranno tra i protagonisti dell'Home Festival di Treviso, kermesse di cui Tgcom24 è media partner.

Dimenticate beat sintetici passati in loop e set costruiti su basi lanciate da un computer. L'elettronica può essere rock e i Soulwax, gruppo belga di Gand, ne sono la dimostrazione vivente. Il loro ultimo album, "From Deewee", è la trasposizione in studio del "Transient Program For Drums and Machinery" tour, che li ha visti suonare dal vivo nell'estate del 2016. Uno show costruito sulle ritmiche potenti e sfaccettate costruite da tre diversi batteristi e sulle quali si incastrano le costruzioni sonore dei fratelli David e Stephen Daweale.

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Quello che colpisce in "From Deewee" è la potenza delle basi solide e reali su cui costruite le vostre architetture sintetiche...
Capisco che possa sembrare curioso o particolare, ma per noi è assolutamente la normalità. Questo è il modo in cui vogliamo fare le cose. Di base è perché vogliamo che tutto suoni come uno show dal vivo, tanto che noi abbiamo suonato questo album per un’estate prima di realizzare il disco.

La particolarità è vedere tre diversi batteristi all'opera contemporaneamente...
Avere sul palco tre batteristi oltre che essere di grande impatto come cosa dà una grande energia. Parzialmente è una reazione a ciò che vediamo tutti weekend quando andiamo a dei dj festival in tutto il mondo e assistiamo a cosiddetti show dal vivo dove ci troviamo davanti a un tizio con un laptop. Ed è terribilmente noioso. Noi mescoliamo strumenti analogici e batterie vere. E’ un po’ l’elettronica con un cui siamo cresciuti, prima che tutto fosse super computerizzato. La gente doveva fare elettronica in un modo primitivo.

I Soulwax sono nati nel 1995 ma da quasi un decennio non pubblicavate album, preferendo dedicarvi ad altri tipi di progetti. Cosa fa di questo lavoro un lavoro che poteva uscire solo come Soulwax?
Non lavoriamo producendo musica per poi decidere sotto quale “insegna” pubblicarla. La vera differenza tra i Soulwax e tutto il resto che facciamo è che i Soulwax sono una band, nella quale mio fratello canta. In tutti gli altri progetti noi produciamo e scriviamo ma poi possono intervenire molti altri artisti sotto forma di collaborazione. Questa invece è la nostra band, con cui lavoriamo nel nostro studio e con un assetto molto preciso che prevede le tre batterie.

Nell'album la base ritmica è un tappeto senza soluzione di continuità che fa da raccordo tra un brano e l'altro. Le vostre canzoni partono da quella?
Non abbiamo un sistema fisso di scrittura. Possiamo partire da uno stralcio di testo, da un riff che abbiamo in testa. Ma dopo che l’idea base prende forma facciamo in modo che calzi bene in quello che deve essere il nostro sound, con le tre batterie e i synth. A volte partiamo da una melodia, su alcuni accordi. E questa può diventare molte cose: una ballata, una canzone disco o rock. La cosa importante è che trovi il vestito adatto, e per far questo l’adattiamo in corso d'opera.

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Come mai avete deciso di registrare tutto in un’unica sessione?
C’è qualcosa che non puoi ricreare se registri le singole parti separatamente. Ed è quell’energia particolare che se è buona rende tutto fantastico e se invece è negativa manda tutto a catafascio. Sette persone che suonano insieme se non trovano l’energia giusta diventano un disastro. Di fatto volevamo ricreare uno spettacolo dal vivo ma in studio, senza un pubblico. L’unica cosa che abbiamo dovuto registrare a parte, per motivi prettamente tecnici, sono le parti vocali.

Quando avete inziato eravate un gruppo rock. Perché oggi ritenete che l’elettronica sia la miglior forma espressiva?
Credo che molto dipenda dalla musica che scopri e che ascolti. La realtà è che con l’elettronica oggi è più semplice realizzare qualcosa di inedito che non con le chitarre. Vogliamo fare, presto o tardi, un disco chitarristico ma non abbiamo ancora trovato la chiave giusta che ci faccia dire “ok, questo è quello che vogliamo ascoltare oggi in una chitarra”. Con i synth e con le batterie invece sentiamo di essere noi. Vogliamo fare qualcosa di originale.

Sarete sul palco dell'Home Festival. Com’è per voi suonare in un contesto così eterogeneo?
Siamo stati in tour molto tempo e sappiamo che c’è qualcosa, nel nostro set, negli strumenti che usiamo e in come li combiniamo, che trasmette un’energia contagiosa. Se suoniamo di fronte a degli appassionati di rock o in un festival dove magari nessuno ci conosce, sappiamo di essere grado di realizzare una performance eccitante. C'è qualcosa di energico che riesce a scuotere anche chi non ci ha mai sentito o persino chi non ama la musica elettronica. Ci piace fare Festival perché ci permette di portare la nostra musica a gente diversa. E’ grande!

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