Le foto e i ricordi dell'interprete simbolo dell'Italia del dopoguerra, che con la sua passione fu capace di far venire la pelle d'oca anche a Marcello Mastroianni. Nata a Roma il 7 marzo del 1908, fu l'attrice simbolo del neorealismo italiano
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La sua risata travolgente e sonora. Gli occhi limpidi e vividi. Lo sguardo magnetico. Le occhiaie e pure le rughe, che sanno di vita (e guai a voi a togliergliele, che "c'ho messo una vita a farle", diceva alla truccatrice). Anna Magnani, nata a Roma il 7 marzo del 1908, era fisicità, era passione travolgente. Fu l'attrice simbolo del neorealismo italiano. Con "Roma città aperta" di Roberto Rossellini vinse il nastro d'argento come miglior attrice non protagonista; il primo premio di una lunga serie.
Interpretava Pina e la sua folle corsa per salvare l'amato, prelevato e obbligato a salire in un camioncino dalle truppe naziste, segnò i cuori dei più grandi registi e intellettuali dell'epoca (da Pasolini a Ungaretti). Oltre che di un vasto pubblico.
Conquistò l'America nel '55 con "La rosa tatuata": fu la prima attrice italiana a vincere l'Oscar. La pellicola non fu di certo tra le migliori in cui recitò, ma l'interpretazione fu egualmente magistrale. Mise in ombra Burt Lancaster con quella sua recitazione magmatica. La Magnani aveva questa forza che veniva da chissà quale mondo interiore. Atterrata negli States la stampa dichiarava: "In confronto a lei le nostre attrici sono dei manichini di cera". Diceva Eduardo de Filippo, suo grande amico ed estimatore: "Anna è un animale di teatro e di cinema che non si avrà mai più, è impossibile".
Poteva, quindi, risultare difficile doverla dirigere per via del suo carattere forte. Con Pier Paolo Pasolini ebbe degli scontri di vedute in "Mamma Roma". Il regista, nato a Bologna, commentò la collaborazione affermando che "Anna è romantica, vede la figura nel paesaggio, è come Pierre-Auguste Renoir, io invece sono sulla strada del Masaccio".
Ma Luchino Visconti che la diresse in "Bellissima" disse "che bisognava saperla trattare in un modo particolare" e "bisognava soprattutto: accettare un po' le proposte di Anna. Anna era una fonte inesauribile di idee, di spunti". "Per fare la scena del pianto di Anna sulla panchina con la bambina, quando si accorge che tutto è perduto, che le illusioni sono finite grida aiuto inconsciamente (non faceva parte della sceneggiatura, ndr) e piange, mi pare che quella sia la cosa più straordinaria che lei ha fatto nel film", ricordò il regista.
In "Correva l'anno di grazia 1870" fu lei a consigliare ad Alfredo Giannetti di dare più voce al personaggio di Marcello Matroianni. A raccontarlo è stato lo stesso Mastroianni meravigliato da questa rinuncia: quale attrice infatti mai lo farebbe? "Per la prima volta nella mia carriera ho provato con lei l'emozione quando un attore e un'attrice dicono una battuta di un personaggio, l'emozione che provoca la cosiddetta pelle d'oca, cioè io veramente ho creduto in lei in quel momento, come se lei fosse mia moglie nella vita, non in un film..."
Era il frutto della sua straripante passione: nella recitazione si dava senza riserve. "Come quando - affermò Roberto Rossellini (suo ex marito) - in Roma città aperta mentre giravamo la scena è caduta, è caduta com'è caduta e s'è ferita tutta quanta, si metteva con la disponibilità completa nelle cose, questa era la sua straordinaria forza".
Dulcis in fundo, l'amore... "Toglietemi pure tutto - scriveva -, l'Oscar, il denaro, la casa, ma l'amore no, non portatemelo via: l'amore è pioggia e vento, è sole e stella. L'amore è respiro e, lo so, lo so, è veleno. E una mattina ti svegli nel letto e non hai più sangue. Ma poi ricomincia ed è meraviglioso". Versi che esprimono tutta la forza e la fragilità non di "una", ma de "la" attrice senza tempo, dallo sguardo vivido e dalla risata travolgente, che è stata la nostra grande Anna Magnani.