Non si vedono nemmeno i “lazzari felici” e non “basta na jurnata e sole” per stare bene. Oggi il dolore che colpisce chiunque ami la musica, quella musica, è enorme per la scompasa del cantautore partenopeo
Quei “mille colori” della sua Napule non ci sono, almeno non oggi. Non si vedono nemmeno i “lazzari felici” e non “basta na jurnata e sole” per stare bene. Oggi il dolore che colpisce chiunque ami la musica, quella musica, è davvero enorme. Pino Daniele è morto, stroncato da un infarto nella sua casa in Toscana, regione di “adozione” che il cantautore partenopeo aveva scelto da qualche tempo, provocando un po' di dispiacere ai suoi conterranei. Ma il tempo dei rancori è passato, cancellato in un colpo di spugna da un lancio di agenzia: "Musica, è morto Pino Daniele". Ben poco da aggiungere. La città di Napoli si è tinta di nero proclamando il lutto cittadino e i suoi fan, tantissimi, pure.
Si chiude un'era, il Nero a metà ha rivoluzionato la canzone d'autore italiana: prima tutta testo e militanza, poi Pino aggiunse ritmo, blues, funky, senza dimenticare di dar voce a una città senza voce. Quella sua terra così bella da guardare e da pensare, eppure vituperata e pianta è stata fonte di ispirazione costante. L'esordio nel 1976 era apparentemente scanzonato: “Che calore” demoliva il mito della bella giornata, era il riso amaro di un ex scugnizzo cresciuto nella città del sole che non scaldava più. E quello sguardo triste e speranzoso in “Terra mia”, 1977, mostrò le sue origini, radici alle quali è rimasto fedele, sempre. Lo dimostra il sodalizio con musicisti della sua terra tra i quali James Senese, Enzo Avitabile, Tullio De Piscopo, Rino Zurzolo, Ernesto Vitolo, Rosario Jermano, Joe Amoruso, che saranno assieme a lui responsabili del rinascimento musicale napoletano e che, con Agostino Marangolo e Tony Esposito, collaboreranno con lui per tutta la vita. Amici, non colleghi.
E' con "Nero a metà" del 1979 che Daniele diventa una star del nostro panorama musicale, un album di straordinaria bellezza e originalità, il disco che meglio lo racconta, le sue contraddizioni, la sua anima profondamente partenopea e al tempo stesso figlia del mondo, in grado di mescolare soul, blues, jazz, rock, tradizione. Ed è proprio la ripresa di questo album il suo ultimo progetto portato a termine: il debutto, la scorsa estate, all'Arena di Verona, con Mannoia, Elisa, Biondi, Renga, Emma. Poi il tour, il ritorno a Napoli, la sua gente: quasi un cerchio che si chiude. Mentre quello che si apre è un brutto anno, orrendo, con una perdita incolmabile. Era successo anche con Gaber (morto il primo gennaio del 2003) e con De André (11 gennaio 1999). Ora se n'è andata la voce di Napoli, anima nobile e cuore fragile…" O ssaje comme fa o core", aveva scritto con l'amico Massimo Troisi, con cui divideva la malattia cardiaca. Una poesia, prima: ora un testamento, quasi una beffa del destino.