I SUOI "EREDI"

Pino Daniele, la forza del "Neapolitan Power"

Una carriera rivoluzionaria e innovativa nel solco della tradizione. Ecco perché la musica partenopea gli deve un grazie

05 Gen 2015 - 15:30
 © ufficio-stampa

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Senza Zio Pino non esisterebbe la canzone napoletana moderna. Senza di lui la musica d'autore partenopea sarebbe rimasta ferma a quella classica. Il "mascalzone latino", mescolando la tradizione napoletana con il blues e il rock anglo-americano, è riuscito a ridare un nuovo suono e una forma alla canzone popolare. Una rivoluzione iniziata alla fine degli anni 60 con la Nuova Compagnia di Canto Popolare di Roberto De Simone e i Napoli Centrale del sassofonista James Senese. Ma è con Pino Daniele e la sua mitica super band (Tullio De Piscopo alla batteria, Rino Zurzolo al basso, James Senese al sax, Tony Esposito alle percussioni e Joe Amoruso al piano), che il cosiddetto "Neapolitan Power" ha avuto la sua massima espressione e diffusione, sino a travalicare i confini nazionali.

Pino Daniele è stato uno dei pochi artisti italiani capaci di confrontarsi e collaborare con musicisti del calibro di Richie Havens, Trilok Gurtu, Billy Cobham, Vinnie Colaiuta, Wayne Shorter e il suo amico Eric Clapton. La sua Napoli lontana dalla cartolina, dalla pizza e dal mandolino, si è fatta "carta sporca". Una poetica e una musica rafforzata dal dialetto napoletano, che per Pino non è mai stato un limite, ma una cifra stilistica che ha permesso alla sua musica di essere universale. La lezione Danielana è stata raccolta da generazioni e generazioni di musicisti, dagli Almamegretta sino ad arrivare a Clementino e Rocco Hunt. Tutti noi siamo figli di questo immenso Maestro, ed è per questo che oggi Napoli rimane orfana della sua voce più autentica, quella che più di ogni altra l'ha saputa raccontare nelle sue contraddizioni e nei suoi mille colori.

L'autore è il cantante degli 'A67, rock band di Scampia, e l'autore del libro "Camorra Sound"

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