La maschera creata da Paolo Villaggio ha raccontato le contraddizioni di un'Italia, quella degli Anni Settanta, in chiave tragicomica tra megadirettori clamorosi, bustarelle e congiuntivi sbagliati
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Vadi, ragioniere, vadi pure. Noi restiamo qua, nel nostro vestaglione di flanella con familiare di Peroni gelata, rutto libero e lutto strettissimo al braccio manco fosse morto il megadirettore clamoroso. Noi restiamo qua in questa Italia figlia di bustarelle, ricatti e raccomandazioni, ma anche poetica e passionaria, innamorata persa dei suoi eroi e ancor di più dei suoi antieroi. Come Fantozzi. La maschera tragicomica in cui tutti ci siamo identificati ha raccontato l'Italia degli impiegati e dei perdenti, degli inetti e degli sfortunati alla continua ricerca di riscatto, degli uomini medi vessati dalla società e malati di sudditanza nei confronti del potere. Le contraddizioni e i paradossi del Paese del posto fisso e della burocrazia, della disuguaglianza sociale e del servilismo, svegliatasi malconcia dai fasti del miracolo economico con lo "spagnolin" blu genovese in testa: tutto e il contrario di tutto in una maschera. "La più grande maschera comica italiana dopo Totò", l'hanno definita. Ecco perché, nel giorno della scomparsa di Paolo Villaggio, noi restiamo qua, nel sottoscala della megaditta, a ripetere: "Viva Fantozzi, è un bel ragioniere, un santo, un apostolo".
"Il prototipo del tapino, ovvero la quintessenza della nullità", come lo definì lo stesso Villaggio, si svela all'Italia (e al mondo) nel 1971, anno di pubblicazione del primo libro che raccoglie le storie del personaggio: Fantozzi. Quattro anni più tardi è la volta dell'omonimo film, inserito nella lista delle cento pellicole italiane da salvare. Il successo è clamoroso e "l'eroe della mediocrità" diventa la maschera perfetta dell'italiano medio, esponente della medio-piccola borghesia e schiavo dei luoghi comuni.
A differenza dell'altra grande maschera italiana, Totò, rivalutato e osannato anni dopo la sua morte, Fantozzi ha registrato un successo e un amore incondizionato fin da subito e da parte di tutti. Piaceva alla destra e piaceva alla sinistra, piaceva al ricco e piaceva al povero, piaceva all'intellettuale e all'ignorante, al facoltoso e all'ultimo degli ultimi, al religioso e all'ateo. In un'Italia, quella dei Settanta e degli Ottanta caratterizzata da un insistente dibattito politico, la maschera del ragioniere della ItalPetrolCemeTermoTessilFarmoMetalChimica raccoglieva (come oggi del resto) un consenso generalizzato, quasi commovente. I libri e i film sulle gesta di Fantozzi sono stati forse gli unici a non conoscere il morso feroce della critica, neanche di quella impegnata.
"Il Fantozzi degli anni del boom, dove erano tutti ricchi e l'Italia era il quarto Paese industrializzato del pianeta, era un'eccezione: faceva ridere. Adesso in Italia c'è gente di 40 anni che non lavora e ti rendi conto che Fantozzi lo sono diventati il 99% degli italiani". Paolo Villaggio descriveva così la sua creatura, nata come eredità di tre esperienze vissute dall'attore e scrittore genovese: "Un soggiorno a Londra da cameriere, un'esperienza da cabarettista in navi da crociera e quella più tragica del mio lavoro alla Cosider come impiegato".
La carica di immedesimazione sprigionata da Fantozzi è tanto forte da dar vita a un aggettivo, "fantozziano", registrato in tutti i dizionari italiani e che da lì in poi verrà utilizzato per descrivere le situazioni più disparate. Con un massimo comune denominatore: la sfortuna. Ma non quella innocente e inaspettata, no: quella dei nuvoloni da impiegato che "stanno in agguato anche 14 mesi, ma che quando scoprono che il loro uomo è in ferie o in vacanza gli piombano sulla testa scaricandogli addosso tonnellate di pioggia fitta e gelata".
Ieri era la partita di calcio tra scapoli e ammogliati, oggi è il calcetto serale. Ieri erano i biglietti del circo regalati dal signor Bonetti dell'interno 7, oggi sono i ticket di un super mega concerto. Ieri era il cenone di Capodanno in uno scantinato con l'accompagnamento musicale del maestro Canello, oggi è la seratona champagne e discoteca. Ieri era la Corazzata Kotiomkin, oggi è il mattone d'essai "che vedono in due". Sostanzialmente: ieri era, oggi pure. Il pelo si perde, i vizi restano. Niente di nuovo, in fondo. Ma come lo ha raccontato e impresso nei nostri occhi Fantozzi ragionier Ugo, non lo ha fatto mai nessuno.
"Fantozzi coglieva il lato tragico dell'italiano medio, talmente tragico da far ridere. In quell'Italia così competitiva di quegli anni sembrava un pagliaccio, un clown da circo, quasi un estraneo, mentre ora ci si può riconoscere tutti, persino con gratitudine". Pina, Mariangela, il ragionier Filini, la signorina Silvani, il geometra Calboni, il megadirettore galattico e gli ingegneri ladr. d. gran croc., la contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare, il compagno Folagra e gli altri: allegorie umane e protagonisti vivi di un pantheon umoristico consacrato dalla storia della Prima Repubblica e che ancora oggi trova corrispondenze destabilizzanti. Ancora oggi, siamo tutti un po' Fantozzi.
"Mi accade questo: vedo in tv programmi sul futuro della Terra, viaggi su Marte e sinceramente mi rode che non potrò vivere quegli anni, chissà cosa mi perderò", affermava ancora Villaggio, lasciando un attimo nell'angolo il suo ragioniere prediletto. Per poi riprenderlo saldamente sottobraccio: "Da un paio d'anni ho la consapevolezza di avercela fatta. E sa perché? Mi incontrano per strada e mi fanno le feste, mi abbracciano, soprattutto le donne. E mi dicono 'grazie perché con Fantozzi ci hai insegnato molte cose, prima di tutto ad accettarci'". Niente di più vero.