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Presentato l'ultimo film italiano in concorso con protagonista Elio Germano
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I fantasmi che abbiamo dentro e l'amore che cerchiamo sempre: i gemelli Fabio e Damiano D'Innocenzo, al terzo film dopo "La terra dell'abbastanza" e "Favolacce" hanno portato "America Latina" in concorso alla 78esima Mostra Internazionale d'Arte cinematografica di Venezia. Il titolo "è un luogo immaginario, un contrasto tra America che è il sogno, l'ideale, come vogliamo apparire e Latina, un terra che rappresenta la nostra palude", dice Elio Germano, il protagonista del film.
Elio Germano è Massimo Sisti titolare di uno studio dentistico a Latina, gentile, educato, con una moglie e due figlie, vive per loro, si commuove in salotto a vedere la bellezza della sua famiglia. Poi c'è un sotto, uno scantinato, qualcosa che non deve trapelare.
"Massimo è in crisi, una modalità di vita che riguarda tutti quando ci rendiamo conto che siamo diversi rispetto al ruolo da rappresentare. Un ruolo maschile che deve essere sempre un modello vincente per la società, bisogna essere performanti e in questo senso chi non ci riesce si allontana. I volumi di questa storia sono alti, estremi, ma possiamo ritrovarci un po' tutti in questo contrasto, un bipolarismo tra la nostra fragilità, sensibilità, e quello che ci viene richiesto dalla società. Massimo fa un viaggio dentro se stesso, nel suo abisso, nella sua palude, nell'orrore nascosto sotto al tappeto volendo che non trapeli, per ritrovare la sincerità nell'estremo dolore e proprio per questo è una storia d'amore seppure appare altro".
America Latina sfugge i generi "ne contiene tanti, seppure viene definito thiller aggiungiamoci almeno psicologico noi amiamo i generi e le loro regole le conosciamo tutte per poi aggirarle. Qui c'è l'amore, le ossessioni, l'incertezza dell'avvenire, una grandissima suspence e una altrettanto grande dolcezza, variabili impazzite, qualcosa di profondamente tenero: ogni sentimento per decollare ha bisogno del suo contrario. E poi l'amore stesso è thriller, che ne sappiamo quanto durerà?", raccontano i registi. Citando Celine, "questo è viaggio al termine di un uomo", proseguono i gemelli D'Innocenzo che professano l'amore per il cinema di Ingmar Bergam sulle contraddizioni della condizione umana, "noi che non amiamo i film che fanno propaganda della felicità".
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