AL TEATRO STREHLER DI MILANO

Stefano Massini porta in scena "Mein Kampf", indagine spietata sul potere delle parole

In prima assoluta dall’8 al 27 ottobre 

07 Ott 2024 - 17:49
 © Masiar Pasquali

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A 100 anni da "Mein Kampf", Stefano Massini, porta in scena, al Teatro Strehler, dall’8 al 27 ottobre, in prima assoluta, un’indagine lucidissima e spietata sul potere delle parole e le loro conseguenze. Era il 1924, quando un giovane Adolf Hitler dettò nella cella del carcere di Landsberg quello che sarebbe diventato il libro-manifesto, testo maledetto e culla funesta dell’ideologia nazionalsocialista. Otto anni ci separano invece dal 2016, quando la Germania ne consentì la diffusione dopo anni di divieto, ritenendo che solo la conoscenza potesse evitare il ripetersi della catastrofe.

Parole che hanno ipnotizzato la massa

  Per anni Stefano Massini ha lavorato incrociando la prima stesura del libro-manifesto con i testi e i comizi del Führer oltre che con gli immensi materiali delle Conversazioni di Hitler a tavola raccolte da Picker, Heim e Bormann. E adesso l'artista, unico italiano vincitore di un Tony Award, consegna al palcoscenico uno spettacolo duro ma necessario, in cui "Mein Kampf" emerge in tutta la sua sconcertante portata. Perché queste parole hanno ipnotizzato le masse? Perché la Storia ha mutato direzione su queste pagine? E noi, spettatori del 2024, saremmo davvero impermeabili all’ascesa dal basso di questo profeta della rabbia? Mein Kampf è l’agghiacciante Verbo del Novecento più distruttivo, camuffato dentro la paranoica autobiografia di un invasato. Dal primato della razza all’apoteosi del condottiero, dalla smania per il riscatto alla febbre per la propaganda, va in scena l’impalcatura del nazionalsocialismo, offerto senza filtri da Massini con lo stile ossessivo, barocco ed enfatico del testo originario, in un millimetrico studio teatrale di ritmi, toni e affondi verbali del dittatore: perché la comprensione del meccanismo è l’unico antidoto al suo replicarsi.

© Masiar Pasquali

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Le trappole del linguaggio

 Come consuetudine, Massini arriva all’esito scenico finale attraverso un profondo e inesausto lavoro di ricerca, collazione e innesto dei discorsi del Führer, a comporre uno dei più terribili e foschi scorci del Novecento. Mosaico dei codici e delle trappole del linguaggio della propaganda, lo spettacolo, che vede uniti nell’impegno produttivo il Teatro Stabile di Bolzano e il Piccolo, è una riflessione sul potere che ha la parola di tracciare un solco profondo nel terreno della Storia e sul valore radicale e fondativo della democrazia, luogo nel quale la parola si fa dialogo e confronto, smettendo di essere rabbioso, barocco, solitario atto di persuasione, di aggressione, di manipolazione. Un’operazione, quella di Massini, che restituisce all’arena teatrale il suo più adamantino significato civile e politico, catalizzandovi nuovamente lo sguardo e il pensiero della comunità riunita intorno a un’idea: tenere accesa la fiaccola della vigilanza intellettuale e della conoscenza intorno alle molteplici, liquide, forme che le ideologie totalitarie possono assumere, annidandosi negli anfratti oscuri della società, soprattutto laddove le sue maglie si sfilacciano e indeboliscono. 

© Masiar Pasquali

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