La storica voce dei Marillion sarà protagonista di un concerto all'Auditorium Parco della Musica il 3 febbraio, accompagnato dalla prog band italiana. Tgcom24 lo ha intervistato
di Massimo Longoni© Ufficio stampa
Torna in Italia Steve Hogarth, storica voce dei Marillion che il 3 febbraio, all'Auditorium Parco della Musica di Roma, sarà protagonista di "A Naturally Peculiar Evening", un concerto speciale, in cui sarà accompagnato dalla band prog italiana RanestRane. Una collaborazione che si ripete dopo una prima volta di grande successo, avvenuta nel 2015, sempre a Roma, e che venne immortalata nel dvd "Friends, Romans". Unica data italiana, sarà l'occasione per ascoltare Hogarth in una veste diversa rispetto a quella di frontman dei Marillion. "Faremo alcune canzoni di Marillion e ci saranno alcune mie canzoni, ma cercherò di renderle diverse - diverse spiega Hogarth a Tgcom24 -. Ci saranno delle cover e anche qualcosa di inatteso".
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Dopo otto anni torni a Roma e nuovamente ti troverai sul palco con le RanestRane. Cosa ti ha convinto a ripetere quell'esperienza?
La volta scorsa, sin dalle prove ho sentito che le RanestRane avevano davvero capito quello che stavo cercando di fare, mi è piaciuto molto lavorare con loro, ho pensato che avessero un grande feeling come musicisti. Per me è stata davvero una sorpresa positiva e trovo sia stato un esperimento riuscito. Lo scorso dicembre ho fatto un tour solista e Davide Costa di The Web Italy (fan club italiano dei Marillion - ndr) mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto fare uno show a Roma proponendomi anche di replicare la collaborazione con RanestRane. In quei mesi sarebbe stato impossibile per questione di tempi, ma poi sono stati trovati un luogo e una data alternativa e così ho accettato. Non avrei dovuto suonare dal vivo con voi, perché in questo momento dovrei scrivere un album dei Marillion. Ma ho pensato che valesse la pena di distrarsi e, in un certo senso, di sentirsi sotto pressione. Devo volare a Roma un paio di giorni prima e provare con la band. Sembra ci sarà anche un coro per le prove. Quindi è una prospettiva eccitante, ma anche stressante, perché voglio che sia il meglio possibile.
Su cosa hai trovato il maggior feeling con le RanestRane?
Beh, è difficile dirlo a parole. Credo che un buon musicista lo si capisca da quanto ascolta gli altri. Se qualcuno ascolta solo se stesso la perdita di feeling è immediata, tanto più se sei in una band. E loro ascoltano. Ascoltano, si ascoltano l'un l'altro e ascoltano me. Oltre a essere ottimi musicisti. Questa tipo di feeling è ancora più importante nei miei show solisti perché sono davvero incentrati sulla delicatezza e sul tentativo di bilanciare due perni su due punti molto sottili, è un equilibrio difficile e sottile. Quando suono dal vivo cerco di trasmettere l'essenza del sentimento che ho provato quando ho scritto la canzone e il motivo per cui l'ho scritta. E lo stesso avviene anche se suono una cover, per me è fondamentale recuperare ciò che quella canzone mi ha detto e come e perché mi ha commosso.
In quel primo concerto avete suonato soprattutto canzoni dei Marillion, alcune dei RaneStrane e alcune cover di John Lennon, Peter Gabriel e Kate Bush. Siete partiti da quella scaletta o avete pensato a qualcosa di completamente diverso?
Credo che sarà piuttosto diversa. Voglio dire, ci saranno alcune canzoni di Marillion e alcune mie canzoni, ma cercherò di renderle diverse. E se ci saranno delle cover, darò un'occhiata alla scaletta dell'ultima volta e cercherò di sceglierne di diverse. Non voglio che chi ha assistito allo show dell'altra volta veda di nuovo la stessa cosa...
Come scegli le canzoni per un tuo show?
Di solito provo 30 o 40 canzoni con l'intenzione di suonarne 16 o 17. Così, quando mi siedo al piano posso suonare quello che mi sento di fare sul momento. Se la gente avanza delle richieste, posso, se possibile, suonarle. Quindi non c'è una cosa del tipo: oh, suonerai quello che hai suonato l'estate scorsa? Perché non ci sono mai due spettacoli uguali uno all'altro.
Nelle tue scalette da solista ci sono sempre delle cover, da David Bowie a Kate Bush, da Peter Gabriel ai Beatles. Quali sono gli elementi di una canzone di altri artisti che ti spingono a volerla interpretare?
La cosa principale è il testo. Quando faccio concerti da solista tutto ciò che ho è il pianoforte e la mia voce. Quindi quello che cerco è qualcosa che abbia parole che mi emozionino. Quindi mi viene spontaneo affidarmi a Leonard Cohen, "Famous Blue Raincoat" è un grande testo che tutti conoscono, o ai Prefab Sprout o David Bowie. A volte sono affascinato dai Beatles o da Glen Campbell: "Wichita Lineman" ha parole splendide.
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Hai in programma altri concerti solisti quest'anno?
Quest'anno ho soprattutto l'impegno in studio con i Marillion per scrivere il nuovo album. Potrei giusto assentarmi per un fine settimane nel caso mi venisse fatta un'offerta di quelle che non si può rifiutare. Potrei fare uno show con la band di Trevor Horn. Ho lavorato con lui e so che è stato confermato come headliner di una delle serate di un festival nel Regno Unito. Non mi ha ancora telefonato per chiedermi se voglio cantare. Ma conoscendo Trevor, non lo scoprirò fino a due settimane prima, e allora si aspetterà che io molli tutto e venga di corsa. Ma a parte questo non c'è nulla di programmato.
Come stanno andando i lavori per il prossimo album dei Marillion?
Abbiamo iniziato all'inizio di gennaio, andando in studio ogni giorno. Di solito non ci restiamo a lungo, al massimo due ore. Andiamo, ci sediamo e facciamo una jam session, forse solo per un'ora. E poi magari facciamo due chiacchiere, una tazza di tè o altro e poi torniamo a casa. Nel corso degli anni abbiamo scoperto che le cose migliori accadono nei primi 20 minuti. Dopo di che si perde solo del tempo. Puoi stare seduto lì per altre quattro ore e tutto finirà nel cestino. A volte mi chiedo se siamo già in pensione perché lavoriamo così poco!
Avete già in mente in che direzione muovervi per questo nuovo album, o vi affidate a quello che verrà fuori dalle jam session?
In questa fase non c'è nulla di definitivo. Tutto viene registrato su un multitraccia e immagazzinato in hard disk. Il nostro produttore Mike Hunter ascolta quello che facciamo e mette delle bandierine su tutto ciò che è interessante. Poi tra qualche riascolteremo e diremo: "Wow, cos'era quello?". E sceglieremo gli "incidenti" interessanti che si sono verificati. Quando ci sarà qualcosa che entusiasma tutti e cinque, allora potremo passare alla fase successiva del processo. Ma in questo momento non c'è nessuna direzione tracciata.
La scorsa primavera avete organizzato il primo "Marillion Weekend" italiano, con una due giorni di concerti e appuntamenti a Padova. Il successo è stato enorme: pensate possa diventare un appuntamento fisso?
Lo spero sinceramente. Voglio dire, farò pressione per questo avvenga perché mi è piaciuta molto Padova quando l'abbiamo fatto, era una bella sala e il pubblico fantastico. E penso che la band abbia suonato molto bene proprio per questo. L'intera esperienza è stata un piacere, ci piacerebbe rifarlo.